Eugenio Pacelli, eletto papa il 2 marzo 1939 con il nome di Pio XII dovette traghettare la barca della Chiesa negli anni non facili della Seconda guerra mondiale. Subito dopo la fine del conflitto gli fu riconosciuto da esponenti politici e del mondo ebraico una notevole e lodevole azione che risparmiò Roma (per gran parte) dalla furia devastatrice nazista e salvò la vita a migliaia di ebrei dalle deportazioni di Hitler. Non passò molto tempo, però, che la stampa sovietica prima, la famosa pièce teatrale “Il Vicario” e personalità ebraiche dopo lo accusarono di omertà, complicità e silenzio rispetto agli orrori perpetrati nei campi di concentramento. In definitiva la sua azione diplomatica ed ecclesiale fu considerata, da alcuni, troppo debole, per niente incisiva e addirittura connivente.

Negli anni successivi si alzò una “coltre pregiudiziale” contro papa Pacelli tanto da sottovalutare le ricerche e gli studi di storici seri ed obiettivi che evidenziavano i fatti che il Papa promosse a favore degli ebrei, la sua distanza dall’ideologia nazista riproponendo una lettura storica e documentata dei fatti. Nemmeno le testimonianze di ebrei salvati dalla deportazione grazie alla “Chiesa di Pio XII” smontarono pregiudizi e accuse verso Pacelli. A ciò si aggiungeva la secretazione dei documenti di Pio XII da parte della stessa Chiesa cattolica che certamente non ha facilitato l’emersione della verità storica e, per alcuni aspetti, ha opacizzato il dialogo con i «fratelli maggiori» nella fede.
La svolta si è avuta da quando papa Francesco ha deciso di togliere il segreto e di consentire agli studiosi la consultazione degli archivi perché si facesse definitivamente chiarezza sulla vexata quaestio. Il risultato è arrivato qualche giorno fa quando lo storico Johan Ickx, dal 2010 direttore dell’Archivio storico della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato ( in pratica il Ministero degli Esteri del Vaticano), ha pubblicato le sue accuratissime ricerche nel libro Pio XII e gli Ebrei, edito dalla Rizzoli . La ricerca condotta sulle “carte vaticane” e non su “chiacchiere”, ipotesi e prevenzioni ideologiche, documenta l’azione di papa Pacelli e dei suoi collaboratori (che formavano il famoso “Bureau”) a favore di migliaia di ebrei che in ogni modo tentavano di salvarsi dalle razzie hitleriane. Vediamo alcuni dati relativi a questo interessante lavoro.

L’Autore ha contato circa 800 mila documenti della sezione relativa al secondo conflitto mondiale. Tra gli stessi sono stati rinvenute delle cartelle denominate “Ebrei” contenenti 2800 richieste di aiuto fatte o direttamente da parte di persone d’origine ebraica o di loro parenti amici e conoscenti per un totale di 5000 ebrei ed ebrei battezzati cattolici( a un certo punto nemmeno il battesimo nella Chiesa cattolica evitò le deportazioni). Dalle date è possibile affermare che l’arco temporale ricoperto dai documenti rinvenuti va dal 1938 al 1944.
La lettura dei capitoli dello studio oltre a “far respirare” gli avvenimenti storici di quegli anni terribili immerge in storie concrete, purtroppo non sempre a lieto fine. Ne citiamo solo alcune: quella dei coniugi Oskar e Maria Gerda Ferenczy, quella di Mario Finzi della Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei di Bologna che chiese aiuto per salvare una bimba jugoslava di otto anni di nome Maja Lang e quella sull’ amicizia del Pontefice con il 32° presidente USA Franklin Delano Roosevelt. Non sono state affatto omesse nemmeno le complicità di uomini di Chiesa con il nazismo come quella del presidente della Slovacchia Tiso che era un prete.

L’analisi della mole documentaria inedita di Pio XII, a detta di Ickx, fa da «contraltare alla falsa narrazione accettata in precedenza da altri» e dimostra come papa Pacelli con i suoi collaboratori «organizzò una rete di vie di fuga per le persone in pericolo e sovrintendeva a una rete di sacerdoti che operavano in tutta Europa con un unico obiettivo: salvare vite ovunque possibile».
Certo non per tutti fu possibile la salvezza ma, precisa l’Autore «oltre ogni ragionevole dubbio Pio XII e il suo staff fecero tutto il possibile per offrire assistenza anche a coloro che professavano la fede ebraica». E in una intervista rilasciata a Famiglia Cristiana Johan Ickx spiega:
«…da tutte queste richieste di aiuto si capisce chiaramente che gli ebrei di ogni nazione sapevano benissimo che Pio XII si adoperava per loro attraverso ogni canale, a cominciare da quelli diplomatici, altrimenti non gli avrebbero scritto. Non è un caso che tra i “Giusti” proclamati da Yad Vashem troviamo monsignor Angelo Rotta, nunzio a Budapest durante il conflitto, il suo vice e segretario di nunziatura, monsignor Gennaro Verolino e monsignor Angelo Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII, che si adoperò per salvare gli ebrei durante il suo lavoro diplomatico di quegli anni svolto prima a Istanbul e poi a Parigi. Non si deve dimenticare che ognuno di loro lavorava su incarico di Pio XII. Dalle carte emerge che continuamente compilano rapporti e chiedono istruzioni su come procedere interloquendo con consolati, prefetture, singoli ministri per confezionare documenti falsi agli ebrei in fuga».
Ci si chiede: questa pubblicazione quale apporto fornisce ora alla storiografia? Giusta la considerazione dello storico Matteo Luigi Napolitano:
«Questo libro è dunque viatico d’una nuova stagione di studi che spazza pregiudizi ideologici passati e recenti e smonta l’idea che Pio XII fosse all’oscuro, e non invece al vertice, di una rete di aiuti in favore di ebrei e di rifugiati assai complessa ma dai contorni nitidi. Un grande passo, insomma, verso quella “democrazia storiografica” da molti auspicata».
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