Anche quella mattina era giunto poco dopo l’alba in ufficio, al 73° piano dell’Empire State Building, per impartire le disposizioni all’esercito di segugi finanziari arruolati nella testata web Wall Street Italia di cui era il fondatore. Fiutando in anticipo le opportunità aperte dalle nuove tecnologie al mondo dell’informazione Luca Ciarrocca si era trasformato in breve tempo da smaliziato cronista in editore di successo. L’11 settembre, prima di accendere il computer, gettò uno sguardo di routine verso la parte bassa di New York. Stavolta gli occhi rimasero incollati su una scena di orrore destinata a segnare la storia. Il primo degli aerei sequestrati dal terrorismo islamico si era infilato nella pancia della Torre Nord del World Trade Center.
Da quel momento Ciarrocca, testimone oculare in presa diretta di un evento così straordinario, diventò una macchina da guerra. Affrontando con la grinta del giornalista di razza la copertura della pagina più drammatica del nuovo millennio. Vale la pena sottolinearlo non tanto per il fatto in sé ma perché nelle conversazioni fra amici Luca ha sul mestiere del giornalista un atteggiamento quasi caustico, in bilico fra il distacco e il disincanto. Come se volesse, per pudore o per gusto della provocazione, prendere le distanze da una passione che pure gli è rimasta incisa nel sangue anche al culmine della sua svolta imprenditoriale.
Lo stesso fuoco che gli aveva consentito nel 1997 di centrare uno scoop mondiale rivelando per primo tramite l’Ansa l’assassinio a Miami di Gianni Versace. Un colpo nato da una provvidenziale soffiata e verificato da New York sul filo dei secondi con la freddezza del giocatore d’azzardo. Lo stesso istinto di rabdomante delle tendenze che ritroviamo in questa raccolta di 37 articoli scritti nell’ultimo quinquennio per il suo blog sul Fatto Quotidiano. Una cavalcata lungo lo spirito dell’epoca in cui spazia disinvoltamente dai grandi nodi della politica internazionale alle beghe di casa nostra, dai magheggi dell’alta finanza all’esplosione dei sovranismi, dagli orizzonti e dai rischi dell’innovazione ai nuovi dilemmi di un’etica poco reattiva di fronte allo spirito della modernità, dalla tirannia dei social e dei big tech avvoltoi e mercanti di dati alle riflessioni speculative sulla scarsa attenzione rivolta dai filosofi ai problemi dell’invecchiamento. Uno slalom in cui Ciarrocca sbriglia la sua versatilità amplificata dal cosmopolitismo derivante dai tre decenni vissuti in America.

Le analisi di questo pamphlet che ruota a 360 gradi sui temi della contemporaneità hanno il pregio di non farsi incatenare né dal codice arido dei tecnicismi né dallo sfoggio di intellettualismo. Mettono a nudo i fatti e vanno dritto al sodo con un linguaggio senza fronzoli. Quella che è la missione essenziale del buon giornalismo.
Spesso vibra la corda dell’indignazione civile, impulso inevitabile nel tentativo di estrarre scomode verità dalla caotica matassa di tempi disordinati. Ma l’urlo di ribellione è spesso mitigato dal graffio del paradosso. Nel demolire il capitalismo rapace dei banchieri centrali (i banksters nuovi ‘padroni del mondo’, che poi è il titolo di un suo best seller del 2013) Ciarrocca si diverte ad affermare che in nome della morale preferirebbe di gran lunga fare il lustrascarpe piuttosto che il finanziere d’assalto. Perfino un totem come Mario Draghi, invocato in Italia come l’uomo della Provvidenza, passa sotto le forche caudine per il suo passato non esente da passi falsi e per la sua decisione come ex responsabile della Bce di erogare capitali alle banche e non direttamente ai cittadini. E se, come da molte sfere si auspica, il pontefice massimo del Quantitative Easing dovesse assumere cariche di alta responsabilità nel nostro paese il timore è che non si potrebbe escludere una replica della triste esperienza di Mario Monti.

I toni della critica si fanno corrosivi nei confronti dell’America, il nervo scoperto che ingenera in Ciarrocca un moto di ripulsa verso il mediocre esibizionismo di Donald Trump. Il principale artefice della crisi morale della democrazia americana. Un presidente con tendenze autoritarie alla Erdogan. È così vasta la delusione verso la piega da democratura asiatica assunta dagli Stati Uniti che Ciarrocca, fautore dell’alleanza a sinistra tra Pd e M5S, non esita per onestà intellettuale a prendere di petto Beppe Grillo per l’entusiasmo manifestato dopo l’elezione di Trump (l’ex comico la giudicò all’epoca un gigantesco “vaffa” in linea con lo spirito del suo Movimento).
Più indulgente è lo sguardo nei confronti della Cina, una forza tranquilla che tiene in miracoloso equilibrio il connubio fra comunismo e capitalismo (acrobatico esperimento che farà forse rivoltare Marx nella tomba) e a cui manca ancora uno scatto di status per esercitare in pieno la leadership mondiale. Ma destinata, secondo Ciarrocca, a vincere entro il prossimo decennio la guerra commerciale scatenata su scala planetaria dall’imperialismo americano. Nonostante gli allarmi dei grandi giornali come La Repubblica che con il nuovo corso di Maurizio Molinari attaccano sempre Xi Jinping e quasi mai Trump.
Dolente e quasi rassegnata è infine la radiografia di un’Europa fragile, afona e dal passo lento. Un’unione di Stati appiccicaticcia e destinata al collasso se non saprà invertire rapidamente la rotta. Con dure conseguenze per l’Italia appesantita da un debito pubblico mostruoso e alla quasi disperata ricerca di un futuro stabile. Una preoccupazione espressa profeticamente da Ciarrocca in tempi non sospetti, prima dell’irruzione del coronavirus, quando esaminò i riflessi rovinosi per la nostra economia di un ipotetico cigno nero (l’evento catastrofico piovuto dal cielo). È la voragine in cui oggi l’Europa sta cercando di recuperare con l’erogazione di fondi a pioggia del Recovery Fund e di altri marchingegni finanziari. Per cercare di cogliere nella crisi un’opportunità di rilancio. La speranza è che almeno in una situazione di così grave emergenza ne beneficino i portafogli dei cittadini e non i bilanci delle banche. Ma non si dirada il sospetto che, per una sorta di coazione a ripetere, Bruxelles finisca per ricalcare gli schemi di sempre. Un errore che stavolta sarebbe davvero imperdonabile per la sensibilità degli spiriti autenticamente liberali.
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PREMESSA
Questo libro comprende una serie di articoli pubblicati nel mio blog sul sito del Fatto Quotidiano (www.ilfattoquotidiano.it) in un periodo compreso tra il 26 maggio 2015 e il 4 agosto 2020, per la maggior parte scritti da New York prima del mio definitivo rientro in Italia dopo trenta anni esatti vissuti in America. C’è un obiettivo che occhieggia sullo sfondo di una compilazione come questa, oltre all’esplicito disappunto e alla delusione per la direzione presa dal paese che ho amato, riassumibile in una domanda: si possono interpretare la politica, l’economia e la finanza in versione “comportamentale”, cioè trattando i temi cruciali dei nostri tempi con un approccio imparziale e non, come di solito accade, irregimentato in schemi preconcetti? Non è facile ma ci ho provato. Tra le questioni più importanti intorno a cui ruotano gli articoli: il declino del capitalismo americano; la crisi mortale della democrazia e della civiltà negli Stati Uniti in conseguenza della presidenza Trump, per il quale nutro il più profondo disgusto; la difficile ricerca di un futuro stabile per un’Italia senza debito e con più dignità; l’onda lunga a livello globale del nazionalismo, del sovranismo e delle destre; l’abnorme potere delle banche centrali e le relative storture di mercati finanziari scollegati dalle esigenze dei cittadini; la fragilità e il rischio di collasso dell’Unione Europea; la Cina, superpotenza trascinata in guerra dalle pulsioni di un’America assuefatta dall’esportazione di democrazia e mercato; l’impatto economico del Covid19, spartiacque per l’Italia tra un definitivo declassamento e importanti opportunità di ripresa, grazie al Recovery Fund. Brevi cenni sull’universo come diceva Gramsci, o sovraccarico cognitivo? Io credo semplicemente, siano gli scenari ineludibili con cui dovremo continuare a confrontarci anche in futuro. “In un mondo sempre più complicato – cito uno dei miei punti di riferimento in Economia, il premio Nobel Richard Thaler – non ci si può aspettare che le persone abbiano le competenze per prendere decisioni ottimali, o qualcosa di simile, in tutti i campi in cui sono costrette a scegliere. Ma tutti teniamo al diritto di scegliere per noi stessi, anche se qualche volta commettiamo errori”. Con questo auspicio, ed esortando a scelte ribelli e anticonformiste, auguro a tutti una buona lettura “comportamentale”. (luca ciarrocca)
Roma, settembre 2020
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Luca Ciarrocca – Imprenditore del web, giornalista e scrittore, ha vissuto per molti anni a New York, dove è stato US Correspondent per Il Giornale (diretto da Indro Montanelli) e Ansa, scrivendo anche per L’Espresso e La Repubblica. Ha fatto il praticantato a Mondo Economico, settimanale de Il Sole24Ore. Oggi è editore e direttore di Wall Street Cina, sito di business, finanza e geopolitica. Nel 1999 fu founder e CEO a New York della start-up internet Wall Street Italia, 30 dipendenti, fino alla vendita nel 2014 a un gruppo media quotato alla Borsa di Milano. Rientrato in Italia dopo trent’anni passati negli Stati Uniti, nel 2019 ha lanciato l’associazione non profit StopSocial.it la cui missione è il monitoraggio delle multinazionali Big Tech che gestiscono i social network. È autore di vari libri tra cui L’affaire Soros (Chiarelettere, 2019), I padroni del mondo (Chiarelettere, 2013 – stampato in cinque edizioni), Rimetti a noi i nostri debiti (Guerini, 2015), Intervista sulla Cina (Gangemi, 2018), Investire in tempo di guerra (Nutrimenti, 2001).