Una devastante crisi sistemica globale arriverà nei prossimi decenni, farà sparire il lavoro e renderà disoccupate centinaia di milioni di persone. Nel suo ultimo libro Scenari di geopolitica per il millennio, edito da Aracne, Corrado Maria Daclon racconta e delinea il mondo del futuro. Docente di geopolitica in diverse università italiane ed europee e consulente di enti internazionali come la Commissione Europea e il Committee on the Challenges of Modern Society della NATO, Daclon è anche fondatore e segretario generale della Fondazione Italia USA, nata per testimoniare l’amicizia tra gli italiani e il popolo americano.
Professore, dal suo libro emerge un documentato ma innegabile pessimismo per il futuro. Il mondo è destinato al collasso?
“Diciamo che entro una cinquantina d’anni si concentreranno, tutte insieme, molte criticità che in passato non abbiamo mai affrontato. Non parlo tanto di criticità ambientali, perché il pianeta in realtà è sopravvissuto, adattandosi, a drastici mutamenti climatici ed atmosferici. Mi riferisco a criticità sociali, determinate da un assetto della società che non sarà più compatibile e gestibile. Almeno nell’accezione che abbiamo oggi”
In un passaggio scrive “il problema non sarà che molte persone delle società industrializzate avranno difficoltà a trovare un posto di lavoro o lo perderanno temporaneamente per una crisi come il coronavirus. Il problema sarà che il lavoro stesso non esisterà più, buona parte dei posti di lavoro come li intendiamo oggi semplicemente non esisteranno più”. Può davvero esistere una società nella quale la maggior parte dei lavori spariscono?
“Già nella società attuale moltissimi lavori sono scomparsi, e vengono tenuti in vita artificialmente solo per questioni di “pace sociale”. Ci troviamo davvero di fronte a posti di lavoro inventati, aziende che rimangono aperte con i soldi dello Stato “per evitare che gli operai perdano il loro posto di lavoro”, occupazioni virtuali che non servono se non al consenso elettorale dei politici. Un esempio, ma potremmo farne migliaia: le cassiere nei supermercati e nei negozi. Che bisogno c’è di una persona che scorre manualmente il codice a barre di una scatola di biscotti davanti ad un lettore? Esistono da tanto tempo tecnologie come quelle dei negozi Amazon, dove ci si serve e all’uscita i prodotti sono già “letti” e basta solo pagarli. A chi di noi non è capitato in Italia di entrare in un ufficio postale e trovare un addetto che schiaccia il pulsante del totem e ci consegna il numero? O all’aeroporto, in tutta Europa, dove c’è il check-in automatico troviamo a fianco una hostess di assistenza. Se ci sono i totem avanzati perché affiancarci un addetto? O gli operai con la paletta rossa o verde che regolano il traffico durante i lavori stradali? Basterebbe un semaforo portatile, costa meno di una settimana di lavoro dell’operaio”

Sempre nel suo libro, sostiene che “i governi dovranno farsi carico di masse enormi di persone non utilizzabili e non impiegabili in quelle che saranno le pochissime, sofisticate ed elitarie posizioni professionali. Centinaia di milioni di persone inutili, inoccupate e inoccupabili”. Cosa succederà a queste centinaia di milioni di persone rimaste senza lavoro?
“La domanda andrà posta fra qualche decennio ai governi. Una soluzione potrebbe essere nel medio periodo una sorta di reddito di cittadinanza. Garantire cioè un reddito minimo di sopravvivenza, cosa che Paesi ricchi come gli Stati Uniti potrebbero sostenere. In parole povere, proteggere i lavoratori e non i posti di lavoro. Ciò avrebbe costi assai inferiori in termini economici e di risorse piuttosto che inventare occupazioni che non esistono o mantenere in vita a spese della comunità aziende decotte e fallimentari. Nel nord Europa esistono già esperimenti del genere, con redditi erogati senza la condizione di dover necessariamente trovare un lavoro”
La forbice sociale, soprattutto negli ultimi anni, si è aperta in modo esponenziale. È un processo che continuerà ad andare avanti o arriverà ad un punto di rottura?
“Certamente è un processo che proseguirà, non sappiamo ancora per quanto e in quale dimensione, ma certamente proseguirà”
Nei secoli passati, i cambiamenti politici venivano spesso condotti attraverso le rivoluzioni. È a questo che stiamo andando incontro?
“Ho indicato prima, come ipotetica possibilità, l’introduzione di un reddito di sopravvivenza per le persone inoccupate e inoccupabili. Potrebbero farlo molti Paesi europei, potrebbero farlo gli Stati Uniti o il Canada o il Giappone, ma cosa accadrà in realtà come la Cina o altri Paesi dell’Asia e del Sud America? Come potrà essere mantenuta la pace sociale e come potranno essere evitate guerre civili, se i governi non saranno nelle condizioni di garantire un reddito a centinaia di milioni di persone improduttive?”
In un capitolo commenta “entro 5 o al massimo 10 anni scompariranno le banche tradizionali. In passato il posto sicuro per antonomasia era il classico ‘posto in banca’, un vero bingo per un giovane e per la sua famiglia. Oggi non c’è nulla di più precario, qualcosa che a brevissimo termine rimarrà solo nei libri di storia. Lo stesso accadrà con le assicurazioni. Ma anche con chi si occupa di pubblicità. Cosa farà tutto l’enorme mercato collegato alla pubblicità se già ora con Google veniamo profilati e ci vengono proposti prodotti e servizi su misura? In futuro la pubblicità sarà semplicemente un algoritmo di Google che offre e colloca i prodotti”. In 10 anni la tecnologia sarà più forte dell’uomo?
“La tecnologia è sempre stata più forte dell’uomo, per questo è stata inventata. La scoperta della macchina a vapore di James Watt o del motore a scoppio avevano proprio lo scopo di svolgere il lavoro al posto dell’uomo. Gli esempi di cui stiamo parlando ora non sono il futuro, alcuni sono già la realtà”

Sempre in un suo capitolo riconosce come il tema della crisi alimentare stia assumendo sempre più un’evidente e necessaria connotazione politica. La domanda che rimane aperta è: chi sfamerà più di 9 miliardi di persone nel 2050? A lei invece ne rivolgo un’altra: pensa davvero che in così poco tempo, e in nome di una causa così poco presentista, le nazioni riusciranno a cambiare una politica globale sbagliata che, come ha scritto, per anni ha favorito la speculazione delle materie prime e la veloce liberalizzazione del mercato a vantaggio dei soli paesi ricchi?”
“Francamente non spetta ad un analista fornire giudizi sulla politica e sui governi, tuttavia a fronte di una amministrazione delle risorse finora non certo brillante, e ad una così evidente mancanza di visione prospettica da parte della governance mondiale, temo che non assisteremo a concreti cambiamenti nel breve termine”
In uno dei suoi ultimi capitoli si sofferma sulla mutata direzione geopolitica degli Stati Uniti con l’inizio della presidenza Trump, in forte contraddizione con il passato: unipolare e disinteressata a prender parte al nuovo ordine globalizzato. Come si è arrivati a tanto nella storia delle presidenze americane? E poi, se Trump venisse riconfermato, come immagina le sorti del mondo senza il suo storico “poliziotto”?
“Si tratta di posizioni politiche, tutte legittime e la cui valutazione spetterà poi agli storici. Il mondo è cambiato strutturalmente, e con esso anche l’approccio che gli Stati Uniti hanno verso l’esterno. Il presidente Trump ne è solo l’interprete, sono gli elettori americani che lo hanno scelto proprio per quello che era il suo programma: America First. Che non è uno slogan ma la sintesi di una dottrina che porta gli USA a un sempre minore impegno verso l’esterno. In caso di rielezione del presidente Trump, assisteremo ancor più ad un’America che guarda ai suoi confini e ai suoi interessi primari, in primo luogo la crescita dell’economia, dei mercati e dell’occupazione, e non più come in passato concentrata magari sull’esportazione di democrazia in Medio Oriente o in altre aree remote. Sempre meno interessata, quindi, a organizzazioni considerate obsolete come la NATO che moltissimi americani non sanno neppure cosa sia”.
Il coronavirus, in questo contesto sociale, agirà da acceleratore del mondo che verrà o potrebbe alla fine frenarlo?
“La crisi economica dovuta al coronavirus irrompe in un processo già in atto da tempo e ne accelera drammaticamente i tempi. Ma quello che viviamo oggi è solo un piccolissimo assaggio, una timida anteprima della devastante crisi sistemica globale che arriverà nei prossimi decenni quando, come dicevamo prima, il lavoro scomparirà per sempre per centinaia e centinaia di milioni di persone. Già oggi, come conseguenza diretta dell’epidemia, alcune grandi imprese annunciano ‘meno impiegati, più tecnologia’. Entro il 2050 i governi si troveranno a dover gestire una vera esplosione geopolitica, al confronto della quale l’immigrazione o le epidemie di coronavirus saranno fenomeni assolutamente inconsistenti”.