
Nel primo dei molti incipit del suo libro Se una notte d’inverno un viaggiatore, Italo Calvino segue il proprio ipotetico lettore nelle peregrinazioni che questi compie dal momento in cui compra un romanzo in libreria al momento in cui comincia effettivamente a leggerlo. Il risultato di questo “pedinamento letterario” sono alcune stupende pagine che sembrano descrivere i preliminari di un incontro d’amore.
Come per ogni autentico incontro d’amore, anche nella lettura il piacere nasce infatti da molto prima dell’atto stesso: esso sboccia in libreria, quando individuiamo il libro che di lì a poco acquisteremo; cresce sulla strada verso casa mentre rimiriamo, accarezziamo o rigiriamo fra le mani il nostro nuovo acquisto; matura pienamente nei lunghi giorni successivi, durante i quali lo teniamo lì, sullo scaffale o sul comodino, in attesa di iniziare a leggerlo; esplode, infine, nel momento in cui, ormai all’apice del desiderio, ne apriamo la prima pagina e ci tuffiamo finalmente dentro la sua storia.
Ogni incontro d’amore che si rispetti, però, ha bisogno della giusta atmosfera, che può essere confezionata appositamente oppure venire a crearsi per una serie di strane coincidenze o perfette alchimie fra spazio, tempo ed eventi. In quanto azione, pratica fisica ed abitudine culturale, la lettura è comunque sempre situata in un luogo, con il quale il lettore finisce per formare una specie di micro-universo, un sistema a suo modo unico, ogni volta diverso, dotato di dinamiche proprie ed effetti collaterali interessanti. C’è infatti un intreccio indissolubile tra chi legge e l’ambiente che lo circonda e che diventa, in un certo senso, la sua casa.
Ecco allora profilarsi almeno due grandi tipologie di luoghi e di tempi tipici della lettura. Da un lato ci sono gli ambienti esplicitamente dedicati a questa attività: biblioteche, sale di lettura, circoli e caffè letterari. La storia di tali luoghi va di pari passo con la storia dell’ “oggetto-libro”: nell’antichità la lettura era un’attività pubblica, socialmente selettiva e soprattutto recitata ad alta voce, mentre le prime grandi biblioteche (come quella di Alessandria d’Egitto) erano destinate più a catalogare e conservare i libri che a leggerli.

Dopo la progressiva evoluzione verso uno spazio pubblico e di condivisione dei testi tipica dell’epoca romana, a partire dal XIII secolo, grazie principalmente agli ordini mendicanti, nasce un nuovo modello di biblioteca: non più destinata all’accumulo del patrimonio librario ma alla lettura, essa ha sostanzialmente la pianta della chiesa gotica (quindi una sala oblunga con al centro un corridoio vuoto e, nelle navate laterali, due serie di banchi in file parallele con libri ad essi incatenati ma disponibili alla lettura e allo studio), inizia a dotarsi di un catalogo per la consultazione e di un “memoriale” (scheda in cui vengono segnati i volumi dati in prestito). È dominata dal silenzio perché silenziosa e personale è diventata ormai la lettura stessa.
Pian piano, accanto a quelle religiose iniziano a diffondersi anche le biblioteche signorili, dove trovano posto i primi libri di intrattenimento: la lettura, consumata nei cortili, nelle sale, negli spazi di riposo, scandisce ora anche il tempo libero. È in Età Moderna che, con l’allargarsi dell’alfabetizzazione e l’aumento delle formule editoriali disponibili, si diffondono in Europa i primi circoli e società di lettura (con le dovute differenze fra paesi toccati dalla Riforma Protestante e paesi controllati invece dalla censura dell’Inquisizione).
Il Seicento e soprattutto il Settecento furono invece i secoli delle meravigliose biblioteche barocche (organizzate intorno a un grande “vaso” circolare o oblungo, erano insieme luoghi di conservazione, consultazione e lettura), e dei gabinetti di lettura (in cui la borghesia urbana leggeva quotidiani, periodici, libri editi dovunque in più lingue, si istruiva, discuteva, preparava nuove proposte economiche e politiche).

Probabilmente, nel tentativo di adattarsi a modelli di vita e di lettura sempre più dislocati e frammentari, oggi le biblioteche stesse stanno diventando luoghi diffusi, se non addirittura “nomadici” (come nel caso delle biblioteche ambulanti o delle biblioteche su due ruote). Le stesse librerie, dal canto loro, sono diventate ormai da tempo degli spazi non solo di acquisto, ma di fruizione diretta dei prodotti scritti: anche in Italia, molte si sono ormai dotate di un angolo lettura dove i clienti possono fermarsi a sfogliare libri e riviste, magari sorseggiando un caffè.
Senza dubbio la rivoluzione digitale ha contribuito a modificare il rapporto dell’uomo coi luoghi della lettura, che oggi forse tendono a dissolversi in quanto luoghi fisici e stanno diventando ambienti sempre più virtuali: il libro elettronico ha abolito la distanza stessa fra luogo del testo e luogo del lettore, rendendo forse finalmente realizzabile l’antico sogno, tipicamente umanistico, di mettere insieme una biblioteca universale.
La scelta, o l’imposizione, dei luoghi dove leggere sta diventando quindi sempre più variegata e frammentata. Oltre ai luoghi deputati alla lettura abbiamo infatti quelli che, anche solo per l’accumularsi dell’abitudine e della prassi (individuale e collettiva), vengono ormai associati in modo quasi automatico all’esperienza del leggere: panchine, mezzi pubblici, sale d’attesa…
Perché anche se, per leggere al meglio un libro, Calvino raccomanda di chiudere la porta, lasciare “che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto” e trovare la posizione più comoda, tipicamente in casa propria, è forse vero piuttosto che alcune persone riescono a leggere nei posti più strani ed imprevisti, nelle posizioni più scomode ed impensabili, circondate da rumori continui, dal movimento degli altri, e spesso leggono mentre fanno contemporaneamente qualcos’altro.
Sia che scegliamo prima il libro e poi il luogo appropriato in cui leggerlo o viceversa, non c’è dubbio che l’azione di leggere nel tempo richiede una corrispondente azione di leggere nello spazio, e il rapporto fra le due azioni è inscindibile. Ci sono libri da leggere in poltrona e altri alla scrivania. Ci sono libri che si possono leggere in metropolitana, in macchina e in autobus. I libri letti in treno partecipano della qualità di quelli letti in poltrona, forse perché quando ci si trova a viaggiare da soli in treno, in un ambiente estraneo e con un paesaggio poco familiare che scorre fuori dal finestrino, al quale si da un’occhiata ogni tanto, le emozioni che si sprigionano dalle pagine hanno un effetto molto più coinvolgente.
In un suo articolo, lo scrittore francese Georges Perec scriveva: «Leggere non è solamente leggere un testo, decifrare dei segni, percorrere delle linee, esplorare delle pagine, attraversare un senso; non è solamente la comunione astratta dell’autore e del lettore, le nozze mistiche dell’Idea e dell’Orecchio, è, nello stesso tempo, il rumore della metro, o il dondolio di un vagone della ferrovia, o il calore del sole su una spiaggia e le grida dei bambini che giocano un po’ più lontano, o la sensazione dell’acqua calda nella vasca da bagno, o l’attesa del sonno». Molti infatti sono dell’opinione che la lettura sia un atto di isolamento dal contesto e, per contro, di totale immersione nel testo: in realtà, però, i rapporti con il luogo, i rumori, gli odori, le persone fra cui siamo quando leggiamo, giocano anch’essi un ruolo importante e sono essi stessi parte integrante di quel leggere.
Ad ogni modo, in qualsiasi maniera i lettori si approprino dei libri, il risultato finale è che libro e lettore diventano una cosa sola. Il mondo che è un libro viene divorato da un lettore che è una lettera nel testo del mondo; metafora circolare che rende infinita la lettura. Noi siamo ciò che leggiamo.