Nato in Sicilia Carlo Mignano vive a New York dal 1962. Dopo essersi diplomato da un liceo nel Queens ha prestato servizio nella Guardia Costiera USA per un periodo di quattro anni. Dopo il suo congedo è andato a studiare a Parigi ottenendo un Diploma in Lingua e Cultura Francese. Ha poi frequentato il CUNY Hunter College e l’Università di New York per seguire il Master in Cinematografia, e ha proseguito alla Columbia University ulteriori studi in cinema e filosofia.
Nel 1976 Carlo Mignano tornò in Italia e ci rimase tre anni insegnando Lingua e Letteratura Inglese e conducendo seminari su Nuove Tecnologie di Comunicazione con lo scopo di consentire agli educatori di introdurre la produzione cinematografica nei loro curricula come mezzo alternativo di espressione. Dal suo ritorno in America ha insegnato Italiano, Inglese, Cinematografia, e Teoria e Pratica della Commedia. Inoltre, ha prodotto film e ha scritto romanzi e sceneggiature.

Nel 2016 Mignano ha pubblicato due romanzi: “Quest for Yesterday” e“A Sicilian Story”, entrambi in inglese e pubblicati da Branden Books; con il suo permesso trascriviamo in italiano la breve sintesi nel retro delle copertine.
Il primo “Quest for Yesterday” (La ricerca dell’ieri): “In questa narrazione, la missione del protagonista è quella di riconquistare la gioia dei primi anni della sua vita, quando le circostanze e l’innocenza lo proteggevano dalle conseguenze dell’ ipersensibilità e del pensiero ossessivo. Il problema di Francesco è iniziato quando il suo fratellino è arrivato e improvvisamente e inaspettatamente ha perso l’attenzione e l’affetto di sua madre. Negli anni che seguirono, è diventato un isolato, un uomo senza scopo, incapace di realizzare se stesso.
E’ un uomo pieno di desideri che mai sbocciarono a causa principalmente della sua nozione che tutto nella sua vita cospirava per farlo fallire nel suo sforzo per raggiungere l’appagamento. Ignaro del fatto che lui, e nessun altro, ha il potere di cambiare il carattere della sua esistenza, va da esperienza a esperienza sperando che il cambiamento di superficie di per sé porti alla trasformazione che egli così assiduamente desidera. Alla fine, arriva la disperazione e deve affrontare la prospettiva di perdere se stesso completamente. Soccomberà o risorgerà dalle ceneri? Seguitelo attraverso il suo viaggio fantastico e scoprirete lati della vita che non sospettiamo che possano esistere.”
ll secondo romanzo “A Sicilian Story”. La sintesi nel retro della copertina: “Antonio è cresciuto in Sicilia, in una società altamente strutturata in cui l’identità del singolo individuo viene negata e sottomessa dall’opera di criminali e ricattatori che depredano impunemente gli altri esseri; e dove la forza bruta e le rappresaglie negano qualsiasi barlume di illuminazione individuale. Per qualche motivo, Antonio ha voluto perseguire i propri principi, credendo in una società in cui i cittadini sono innocenti fino a prova contraria. Inoltre, ha cercato di essere il padrone del proprio destino. Ma non è questo il suo caso sia nel lavoro che nell’ amore. Un artigiano di successo, vede il suo negozio incendiato; innamorato di Rosalia, una donna giovane e bella del suo quartiere, è testimone del suo rapimento e condannato per un crimine che non ha commesso. La sua unica e sola speranza è cercare una nuova vita in America dove, tra l’altro, la legge presume il principio dell’ innocenza, piuttosto che quello della colpa automatica. A New York vive il sogno americano, apre il suo negozio di falegnameria, sposa una magnifica donna, e ha la fortuna di avere due belle figlie.
Crede di essere riuscito, e lo ha fatto a modo suo! Ma non sa che la sua nemesi – l’uomo che aveva rapito Rosalia e aveva incendiato il suo negozio in Sicilia – vive anche lui a New York. Il mondo di Antonio inaspettatamente si capovolge con il pericolo che questo individuo possa di nuovo dominare il suo destino!”
Prof. Carlo Mignano, in che modo il suo libro “A Sicilian Story” ci aiuta a capire i sacrifici degli immigrati italiani degli anni venti?
“Il mio libro può aiutare a capire la situazione degli immigrati italiani negli anni venti in quanto racconta sia le difficoltà che li hanno costretti a lasciare il loro Paese e sia quelle che hanno incontrato in America, alcune, ironicamente, procurate da altri immigrati, che fortunatamente rappresentavano soltanto un minuscolo numero di italiani espatriati”.
Il personaggio principale, Antonio, cresce in un ambiente dove la forza bruta delle rappresaglie annullava ogni visione di diritti individuali. Per integrarsi nella società americana dovette abbandonare la propria identità. Ci può fare un paragone tra quello che dovette affrontare a quei tempi il protagonista e quello che i giovani immigrati di oggi con titoli di studio si trovano a fronteggiare?
“C’è poco paragone tra gli immigrati dall’Italia negli anni’20 e anche negli anni’40 e quelli successivamente. Per quel che riguarda i giovani immigrati di oggi, soprattutto quelli con titoli di studio, parliamo di un altro mondo. Gli italiani oggi sono orgogliosi del loro Paese, dimostrano molto confidenza in se’ stessi, e non si trasferiscono in America se non hanno una esplicita o implicita garanzia di lavoro, rispetto, e un miglioramento economico”.
Il suo romanzo rispecchia le conseguenze che gli immigrati italiani hanno dovuto affrontare per favorire l’adattamento in un ambiente diverso da quello lasciato alle loro spalle?
“Gli immigrati di ogni paese devono sempre affrontare problemi di adattamento. Il mio romanzo rispecchia un poco questa situazione ma in realtà ho dedicato poco tempo al trattamento di questo problema perché ho voluto soffermarmi principalmente sui contrasti interiori del protagonista, soprattutto quello del ruolo del destino negli affari umani”.

Leggendo il suo libro “A Sicilian Story” ho pensato ai sacrifici che i nostri antenati furono costretti a fare e al loro duro lavoro per spianare la strada a quelli che sono emigrati dopo di loro. Secondo lei capire il passato degli immigrati italiani potrebbe essere utile all’Italia che ora si trova a dover fronteggiare problemi legati all’immigrazione?
“Si, gli italiani, e tutti gli altri europei, dovrebbero riflettere sulle esperienze, sia positive che negative, dei nostri antenati per capire meglio la gravità dello spostamento ambientale soprattutto quando è forzato da necessità non volute“.
Lei è emigrato nel 1962. Per aver successo nel mondo accademico ha dovuto superare ostacoli? Oppure é stato facile per lei trovare una docenza all’università?
“In realtà io non ho dovuto superare troppi ostacoli. Sono riuscito a frequentare le migliori università di New York e non ho mai subito discriminazioni nel campo del lavoro”.
Quali sono state le vere conseguenze dello sradicamento degli immigrati italiani? Intravede un aumento di interesse da parte degli italiani per gli studi italoamericani?
“Penso che lo sradicamento degli immigrati italiani abbia causato problemi diversi in base al periodo in cui sono arrivati in America. Nondimeno, la maggioranza di loro sono rimasti negli Stati Uniti. Questo dimostra che hanno preferito queste conseguenze invece di restare o tornarci. Tutto è relativo! Gli interessi per gli studi italo-americani sono parecchi e credo che andranno ad aumentare. Questo è importante perché è utile sentire una continuità nella storia di un individuo e di una comunità”.
Lei ha scritto due libri in inglese, due romanzi diretti agli italo-americani. Quali differenze si notano in un’opera scritta da un saggista che vive negli Stati Uniti e un’altra da un letterato che vive e scrive in Italia?
“In verità, i miei romanzi non sono diretti soltanto agli italo-americani. Se fosse così li avrei scritti in italiano o almeno li avrei già tradotti. I miei libri sono diretti ad un pubblico più vasto in quanto trattano di temi universali. In risposta alla seconda domanda, direi che io non trovo differenze tra le opere scritte da un saggista che vive in Italia e uno che vive negli Stati Uniti. Personalmente mi risulta che sia gli uni che gli altri generalmente fanno un buon lavoro a studiare i loro argomenti e ad esprimerli con chiarezza e verità”.
Professor Mignano, una domanda sulla lingua italiana: basandosi sulla storia del suo libro, in che modo differisce la lingua degli italiani degli anni venti da quello degli italiani di oggi?
“La lingua che gli immigrati italiani adoperano è quella che ricordano dai tempi che vivevano in Italia. La maggior parte di loro non hanno avuto l’opportunità di aggiornarsi con l’evoluzione linguistica. E, come sappiamo, prevalevano e continuano a prevalere i dialetti”.
Secondo la sua esperienza di docente perché l’italiano non riesce ad avere il successo meritato nelle università americane? Qual è il vero motivo?
“Credo che il vero motivo per cui la lingua italiana non interessi tanto è il fatto che in Italia non c’è stata mai una unità linguistica come quella che esiste, per esempio, in Francia, in Spagna o in Gran Bretagna. Ognuno di noi ci esprimiamo nel nostro dialetto d’origine e usiamo l’italiano proprio soltanto quando sembra necessario. É un po’ complicato. Io direi che invece di impiegare tempo per imporre la lingua italiana nelle università o altrove, forse sarebbe più utile promulgare il resto della cultura italiana in forme come l’arte, la musica, il cinema, dove ci distinguiamo forse meglio di qualunque altro popolo. Che ne pensa lei?”.
Lei è autore di molte opere teatrali e a maggio andrà in scena una delle sue commedie teatrali, ci può dire di cosa tratta questa commedia?
“La trama della commedia è un po’ assurdista ma composta in stile “brillante”. Si chiama “The Pact” e tratta di una coppia di amanti che si fanno una promessa solenne: quando uno di loro muore deve morire anche l’altro. Non posso aggiungere altro perché non voglio rivelare di più per quelli che verranno a vederla. Sarà rappresentata dal 16 al 20 di Maggio al The Bridge Theater negli Shetler Sudios al 244 West 54th Street a Manhattan”.