
Napoli. Agosto duemiliadiciassette. Rione Traiano, quartiere Soccavo. Subcavem per i Romani, provincia della romanità flegrea, tra cave di piperno e di tufo, all’ombra della collina dell’Eremo cinquecentesco dei Camaldoli, insiste il Rione Traiano. Costruito in piena epoca “laurina”, comune a se fino al 1929, tra masserie, aranceti, chiese e palazzotti nobiliari verso la fine degli anni ‘50, in piena epoca laurina, assomiglia, per i viali larghi e alberati, alle park-ways americane.
Il Rione Traiano, a vocazione operaia, è da sempre abitato da brava gente. Nel tempo, ha partorito professionisti e gente perbene. Negli anni è stato rivalutato con il prestigioso polo universitario della Federico II. Al Rione Traiano ha riaperto i battenti il Centro Polifunzionale che ospita la palestra comunale, alcune associazioni culturali e “Mille Culure”, associazione sportiva, che tra la scherma con l’olimpionico Diego Occhiuzzi e il pugilato con il campione napoletano, Patrizio Oliva, restituisce un pezzetto di sport al quartiere. Un’altra vocazione, quella sportiva, che si perde quando nel 2004, chiude definitivamente la sede sportiva “Campo Paradiso” del Calcio Napoli. Il Campo Paradiso, fucina di giovani talenti calcistici, campo di calcio del grande Napoli, il Napoli Scudetto” e tappeto verde del mito, El Pibe de Oro, Diego Armando Maradona, è immerso tra rovi e fantasmi del passato.
Il Rione Traiano, tra luci e ombre, è tuttora, teatro indiscusso di storie brutte e cattive. E di una certa politica che, da tempo immemore, pare ci venga spesso a “passeggiare”. Un appunto di viaggio e una conversazione con un uomo e la sua storia, quella di chi la camorra l’ha vissuta, in prima persona. Figlio di un cognome pesante, legato a doppio filo alla malavita di Napoli, Alessandro ha imboccato tutt’un’altra strada e ha scritto “Tutta un’altra storia”. La storia di un quartiere dove tre adolescenti si battono contro la criminalità organizzata utilizzando le armi della cultura.
Alessandro, dove è finito quel ragazzino di tanti anni fa? Una storia, la tua, lontana dai riflettori mediatici, che dalla strada, al Rione Traiano, ritrova nel teatro, nello studio, nella bellezza il suo stare al mondo. Cosa è successo?
“Quel ragazzino non è mai sparito. È cresciuto trasformando tutti i suoi difetti in pregi artistici, le sue paure in armi di difesa, la sua ossessione nell’essere ribelle a prescindere da chi e cosa in una moderata voglia di fare rivoluzione partendo, prima di tutto, da se stessi. Il teatro per me è stato fondamentale: quello scritto, recitato e vissuto da spettatore o allievo. E’stato quel luogo che senza pregiudizi e senza chiedere nulla in cambio si è preso cura di me, del mio presente e del mio futuro. Ed è, oggi, quel che faccio io a Bologna per i ragazzi che decidono di intraprendere un percorso artistico al mio fianco”.
Qualche mese fa a Soccavo, il mio e il tuo quartiere, hanno girato alcune scene del film su Rocco Chinnici, il magistrato che ha creato il pool antimafia ed è stato ucciso per mano della mafia il 29 luglio 1983. Nonsolofiction. Il bene e il male camminano insieme e sembra essere il “set” preferito dal crimine. I riflettori, dunque, non riescono proprio a spegnersi. Perché?
“Perché è in un purgatorio come il nostro quartiere che non smetti mai di trovare bellezza. È un luogo nel quale bisogna rovistare nel dolore e nelle ferite di un tempo per capirlo, affrontarlo, cambiarlo”.
Eppure a Soccavo sono nati tanti fiori. Vecchie e nuove generazioni, con un certo disincanto, si adoperano per la bellezza è la legalità. La resistenza di chi aspetta

paziente, il riscatto sociale, a dispetto della criminalità che cerca di allungare le sue braccia tentacolari sul territorio. Tu sei andato via anni fa. Oggi come la guardi? Hai speranze, sogni, illuminazioni?
“Chi è restato ha avuto più coraggio, ma osservo dal di fuori che chi ha il compito di trasformare una forza istintiva nel vero valore aggiunto per costruire altri scenari sociali, economici e culturali, sembri distratto. Ho speranza? Sempre. Illuminazioni? Nessuna se non la certezza più banale nell’affermare che abbiamo sottratto lavoro sporco e criminale alle generazioni di un quartiere che ha sempre visto nella malavita l’unico vero strumento di affermazione, riscatto e difesa. Abbiamo sottratto a loro un pezzo di fede malsana, sporca che si costruiva su leggi dell’onore feroci e animalesche eppure non abbiamo mai provato a scrivere, con loro e per loro, altre leggi sane, altri percorsi sociali, culturali ed economici alternativi al modello criminale. La strada è tutta in salita. Insidiosa e piena di ostacoli non facili da saltare”.
Il tuo impegno per il sociale, il teatro, l’editoria, la scrittura: cosa racconta La Trilogia dell’amicizia?
“La trilogia è composta da tre brevi romanzi per ragazzi. Scimmie (10 mila copie vendute): liberamente ispirato alla storia del giornalista Giancarlo Siani, racconta l’ascesa criminale di tre ragazzini; Andrea Torna a settembre: ambientato a Castel Volturno, che è un vero e proprio villaggio globale. Narra la storia di un Andrea, una ragazzina che fa un viaggio dalla provincia di Caserta a Pozzallo assieme al suo amico Ugo, un pugile nigeriano; Tutta un’altra storia: un romanzo di fiction a tratti autobiografico, parla di camorra, di quartieri di periferia e della forza del teatro al contrasto alle mafie. I tre romanzi hanno come filo conduttore l’amicizia: tutti i personaggi dei miei romanzi riescono a sconfiggere i propri fantasmi del passato, gli errori adolescenziali, a superare i dolori famigliari solo grazie ad un legame profondo che trasforma l’amicizia in un’arma di difesa”.
Da Napoli a New York. 41° Parallelo Nord, una sola linea, due mondi, due città…
“La mia Napoli è come una madre severa e apprensiva che non si vuole mai deludere. Una madre alla quale non è mai facile dirle ti amo. Una Napoli che spaventa perché è intraprendente, testarda e ambiziosa ma è anche una Napoli fragile perché quando sa di non riuscire a fare tutto da sola preferisce crollare su se stessa pur di non chiedere aiuto. Per me New York resta un “sogno americano”. Non ho mai avuto la possibilità di viaggiare

oltreoceano quindi non mi resta che lavorare di immaginazione e costruirmi la mia città americana: colorata, multietnica, una città dal doppio sguardo: guarda verso il futuro senza mai perdere le tracce del suo passato”.
Pensi che la tua storia abbia incontrato la libertà e la bellezza?
“Sì e spero che, libertà e bellezza, non siano esclusiva per pochi”.
Il pensiero universale che il 44° Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, ha lasciato alle generazioni, incoraggia anche chi è nato al Rione Traiano. A qualsiasi latitudine, parallelo del mondo esso si trovi, è un luogo di grande umanità, sacrificio, scelta, forza, speranza. Forte come la pietra del Piperno di Subcavem, ardente come possono essere i Campi Flegrei e bella. Bella come può essere la promessa del futuro.
Si riparte. Penna. Taccuino. Altre strade. Altre storie.