“Orione deve morire. Artemis è solo mia”. Le labbra marmoree del divino Apollo, che della freccia aveva fatto distacco, seduzione e conquista, avevano rivelato qualcosa di indicibile: era geloso di quella sorella che amava in tutte le ninfe che gliela ricordavano. E lei, la vergine cacciatrice che era stata cerbiatta, orsa, cavalla prima di essere colpita d’amore per Orione, non poté salvare il giovane e lo trasformò in un astro. Era il tempo in cui non c’era altra possibilità che cacciare o essere cacciati, se si voleva essere un dio. E vivere. Quando “anche l’invisibile era visibile. E continuamente si trasformava. Gli animali, allora, non erano necessariamente animali. Poteva darsi il caso che fossero animali, ma anche uomini, dei… Era il regno della metamorfosi”.
Così Roberto Calasso inizia a inseguire Il Cacciatore Celeste, da cui prende il nome il suo ultimo libro, edito da Adelphi, scoprendo che i grandi dei greci, Zeus, Dioniso, Ade, sono stati anche grandi cacciatori. Cacciatori di anime da incantare, di carne da sacrificare, di sangue infine per purificare la propria colpa.
Apollo prima di essere un dio fu un lupo, Artemis un’orsa. Questo era il divino per l’uomo primitivo che, per attirare l’adorata preda, cercava di imitarla. La caccia era un lungo corteggiamento, un invito alla lotta, era il sesso, era l’incesto. Ma la preda non era tangibile, mangiabile: sarebbe stato come fare l’amore con la propria sorella.
“Per essere amata da Apollo, ho dovuto trasformarmi sempre, essere un’altra” ci sussurra Artemis. “E lui non mi ha riconosciuta più: il suo unico desiderio era conquistarmi, uccidermi, dilaniarmi”. Quasi mai Apollo avrà un amore felice: la preda gli sfuggirà e la caccia non porterà alla conoscenza.
La caccia ha inizio quando sorge la voluttà di sacrificare l’altro, sia esso dio, animale o amato, per godere della sua carne, del proibito.
E’ Zeus a insidiare la prima donna sulla terra e per farlo si camuffa da uomo. Calasso osserva spiritosamente che Zeus regalerà a tutte le donne “l’esaltante capacità di prendere un uomo per un altro come anche un uomo per un dio”…
La morte di Orione segna la fine del regno della metamorfosi, della vita degli dei in terra. La metamorfosi aveva insegnato a vivere accettando l’irreversibilità della vita. Aveva insegnato come sfuggire all’amore per non essere sacrificati. Ma è poi un sacrificio amare? Core accetterà di diventare Persefone per seguire Ade negli inferi, e non si lamenterà mai del suo sposo. Preferisce morire nel suo sguardo. Perché la vita è al di là e, come indicavano i Misteri eleusini, “non si può vivere senza l’invisibile”. Ade il predatore si è impossessato dell’anima di Core semplicemente contemplandola. Il segreto dell’amore è nel saper guardare. La caccia è finita.
Secoli dopo, a Roma gli uomini hanno ammazzato gli dei e animalizzato se stessi. La caccia si è trasformata in caccia all’uomo: homo homini lupus. La metamorfosi si chiama invecchiamento ed è percepita come un castigo. Parliamo e scriviamo di miserie umane perché non conosciamo più gli dei. Calasso spiega che la questione non sta nel credere negli dei, ma nel riconoscerli. Percepire che “qui c’è un numen”. Per questo bisogna leggere i miti che “non sono discorsi sugli dei, ma discorsi degli dei”.
L’opera di Calasso ha accompagnato la mia estate: l’ho letta, riletta, sottolineata. C’è molto altro. Ma il bello è che si può leggere a vari livelli: amoroso, politico, morale, recependo quello che l’anima può o vuole accogliere. E’ un libro di risposte per chi voglia guardarsi dentro e di incantamenti che fanno alzare gli occhi al cielo dove il cacciatore Orione insegue eternamente le Pleiadi.