È lodevole, perfino originale, l’idea (come si legge nell’ultimo articolo di Maurita Cardone riguardo all’Italian Trade Agency di Chicago) di aprire una breccia americana all’editoria italiana legata a temi del Sud; alle Voci dal Sud. “Sud” comunque ci piace ben poco: è retorico, dolciastro, ha un che di teatrale; è assai poco italiano. Perciò, in queste righe parleremo di Mezzogiorno, di Meridione; che sono termini efficaci, musicali, consolidati e per nulla invecchiati, almeno a nostro avviso.
Certo, si tenti di diffondere negli Stati Uniti (ma senza trascurare il Canada) le voci del Mezzogiorno. Sono voci assai eleganti, sono voci “vere”. Uniscono il reale all’irreale, il reale al surreale. Sono poderose e delicate al tempo stesso. Se ne resta in soggezione. Se ne coglie la profondità che oseremmo definire “infinita”, come infinita è l’anima della Sicilia, come infinita è l’anima di Napoli, quella del Sannio, della Lucania, delle Puglie, della Sila. Tutto questo è un tesoro morale, letterario, sociale di portata straordinaria. Illustra un “sentire” che (perdonate il politically incorrect…) forse manca ad altri popoli, e sempre mancherà. Del resto, qualcosa di prodigioso nacque, crebbe, si sviluppò tremila anni fa nel Mediterraneo, sulle coste, nelle valli, sui monti di contrade mediterranee. Vi nacquero la Filosofia, la Democrazia, il Paganesimo, il Cristianesimo.
Si provi, sì, a tentare “lo sbarco” negli Stati Uniti; ma lo si tenti con l’indispensabile convinzione, col senso pratico, ma anche con l’afflato richiesti dall’impresa, poiché d’impresa si tratta sul terreno di una Nazione forse un poco troppo avvitata intorno a se stessa.
Ma quale strategia, quale tattica occorre impiegare in modo da assicurare a temi del Meridione almeno una testa di ponte in America? Puntare sui nuovi autori? Scommettere su di loro? Farsi in quattro per loro? Crediamo che questo, ahimè, non basterebbe. A parte Saviano, non vediamo grossi autori meridionali: ne incontriamo parecchi i quali parlano un linguaggio eccessivamente particolaristico, localistico, senza grandi intuizioni; sull’onda di un vittimismo latente riguardo al quale non c’è però da scherzare, sull’onda di un vittimismo comprensibile, visto lo scempio commesso negli ultimi quaranta o cinquant’anni ai danni della società meridionale; scempio di cui si sono tuttavia resi protagonisti i meridionali stessi. Ecco, perciò, uno stato d’animo, una serie di stati d’animo da curare, da curare col massimo impegno nel segno d’una missione spirituale e sociale.
Vogliamo davvero sfondare in America o creare almeno qualche “saliente” negli Stati, nelle città che contano, tipo New York, Boston, San Francisco, New Orleans? Si punti allora sui Grandi della Letteratura del Mezzogiorno. Si cerchi d’essere abbastanza anticonvenzionali per “scommettere” su Verga, su Pirandello, Brancati, Alvaro, Rosso di San Secondo, La Capria, la Serao; su Sciascia, sullo Sciascia già conosciuto dagli americani, ma non in modo adeguato. Autori “datati”, questi?? Ma allora sarebbero “datati” anche Platone, Aristotele, Virgilio, Dante, Milton, per arrivare a Balzac, a Maupassant… Quant’è “borghese”, quant’è spietato, perfino buffo nella sua gelida lapidarietà, il concetto di “datato”, se di concetto si può parlare… È una falce, è una scure di cui si dovrebbe fare a meno in nome dell’Arte, della Storia. In nome del rispetto dovuto a chi ci ha preceduti.
Pirandello. Pirandello “soltanto” drammaturgo? Neanche per idea. Pirandello è anche novelliere, pensatore e forse, a sua stessa insaputa, antropologo. Pirandello il quale, almeno secondo noi, supera lo stesso Freud nell’indagine sulla Psiche. Freud procede per schemi: Pirandello abbraccia, invece, l’immenso. È siciliano. Quindi tutto intuisce della mente umana, ma senza la presunzione di voler avere l’ultima parola.
Verga. Gran parte dei suoi temi sono temi siciliani, è siciliano anch’egli. Eppure, le sue opere, per concezione, profondità, respiro (I Malavoglia, Mastro don Gesualdo e così via) ci appaiono universali. Come universale è il Brancati de Il bell’Antonio, storia di un agiato rampollo, di grande bellezza, appunto, nella Catania alto-borghese, mercantile e avvocatizia, degli anni Quaranta. È la storia di un impotente. Più universale di così!