Il mondo ha sfornato libri che parlano di italianità, di identità e cultura italiana, di storia italiana. Pochi, invece, parlano espressamente di italicità. Tuttavia, per questo non ci preoccupiamo. Non siamo così suscettibili dal pensare che ce ne vorrebbero di più. A noi piace scoprire l'italicità tra le righe dei libri, negli angoli del vissuto, nel racconto dell'esperienza. E lì, si può essere certi di trovarne tanta. Così questo periodo di vacanze natalizie può essere un buon momento per leggere o rileggere alcuni testi in chiave italica. E perché no regalarne qualcuno.
Ho pensato quindi di citarne qualcuno: una scelta sintetica ma ritengo significativa. Per semplicità ho immaginato una breve categorizzazione nella quale inserirli. Li possiamo suddividere riconoscendo l’italicità in chi scrive, nell'argomento e nell’audience alla quale ci si rivolge.
Per quanto riguarda l'autore già sapere se è italico: oriundo, expat oppure immigrato in Italia è un modo per circoscrivere il tema. Tra questi mi viene subito alla mente Mario Puzo. Come avrebbe potuto scrivere "Il Padrino","Il Siciliano", "La Famiglia" o "Mamma Lucia" se non avesse avuto origini italiche? E sarebbe, allo stesso modo, mai potuto esistere Arturo Bandini, protagonista di alcuni romanzi di John Fante, in particolare di "Chiedi alla polvere"? Mi viene in mente anche lo storico francese Pierre Milza che in "Voyage en Italie" racconta, attraverso aneddoti e illuminanti riflessioni, sullo sfondo dei cambiamenti del post Seconda guerra Mondiale, la sua doppia appartenenza (proviene dalla provincia di Parma) e la ricchezza che tale condizione permette di vivere. Così a tal proposito scrive di se stesso: "I miei riferimenti intellettuali sono francesi, cartesiani, costruiti su un ordinamento classico delle idee e delle parole. Non amo molto la retorica pura…come molti colleghi italiani tendini a praticare. Sul piano dell'organizzazione sociale amo che esista un servizio pubblico e che funzioni, mentre apprezzo poco il clientelismo che struttura dei settori interi della società italiana. Tuttavia ho dei riflessi, sentimenti, delle reazioni viscerali, dei gusti che non so bene da dove mi vengano, come qualcosa di già acquisito o d'innato, di spontaneo o fabbricato, e che io percepisco con diletto come segni della mia identità ritale". Ritale, les ritals, sono espressioni piuttosto canzonatorie per indicare, secondo i francesi, il modo "bizzarro" italiano di pronunciare la erre.
Pensiamo, a livello di saggistica ai testi scritti dalla storica americana, italica, Donna Gabaccia, in particolare, "Emigranti. Storia della diaspora italiana dal Medioevo a oggi". Oppure al grande lavoro dello storico Fernando J. Devoto sull'immigrazione italiana in Argentina, "Storia degli italiani in Argentina". Testo straordinariamente accurato e attento ci ricorda come: "Gli italiani immessi in quella realtà ed a quei tempi, erano italiani partiti dal loro paesino senza aver frequentato le scuole, scoprivano di essere italiani proprio lì, in Argentina. Per questo motivo io sostengo che è molto complesso parlare di italianità. Preferisco parlare invece, di comunità, di microsocietà." Ovviamente sul tema dell'emigrazione c'è una letteratura vastissima da parte sia di italiani strictu senso che di italici.
Se poi guardiamo al tema, in particolare a quello dell’identità, cultura e lingua, tracce italiche si possono trovare un po' ovunque. Tra questi troviamo libri di grandi intellettuali non italiani come Jacques Le Goff, "L'Italia fuori d'Italia. L'Italia nello specchio del Medioevo", oppure "La civiltà dell'Occidente medioevale" e "Mercanti e banchieri nel Medioevo", per non parlare degli scritti dedicati a San Francesco d'Assisi. Questi temi come quelli studiati e raccontati da un altro grande storico francese: Fernand Braudel, nei suoi straordinari "Il Mediterraneo" e "La Grammatica delle Civiltà" seminano italicità a non finire.
Altri testi di grande interesse, questa volta scritti da italiani, sono "Paenisula. L'italia da ritrovare" e "Il pensiero meridiano" di Franco Cassano, "La cultura degli italiani" di Tullio De Mauro, "Inventario italiano" di Antonio Gambino, "Paese Italia" di Ruggiero Romano, o ancora di Giorgio Ruffolo "Quando l'Italia era una superpotenza" e " Un paese troppo lungo", o ancora "Italiani senza Italia" di " Aldo Schiavone e "Itinera. Paradigmi delle migrazioni italiane" di Maddalena Tirabassi.
Infine se guardiamo a chi scrivevano gli autori, mi vengono in mente innanzitutto i grandi classici del cosiddetto Grand Tour, che raccontarono l'Italia nel proprio paese: Goethe, Montaigne, Montesquieu, Stendhal, De Sade, Chateaubriand, ecc… Oppure furono italiani a raccontarla in altri paesi: penso, innanzitutto, a due testi – pubblicati prima negli Stati Uniti e poi in Italia – che più di altri hanno fatto capire la complessità degli italiani e dell'Italia: "The Italians" di Luigi Barzini (“Italiani. Vizi e Virtù di un popolo” nella versione italiana) e "The Legacy of Italy" di Giuseppe Prezzolini (“L’Italia finisce. Ecco quel che resta” nella versione italiana). Pochi altri hanno la qualità, come questi, di affiancare profonde riflessioni a conoscenze ed esperienze di vita sugli italiani, incastrando perfettamente sentimenti personali e fatti storici e costruendo un percorso sull'identità italiana che può essere definita a gran voce italica.
Insomma, si tratta di qualche sintetico consiglio di lettura per aiutare a scavare e comprendere un’identità straordinariamente affascinante, della quale, riprendendo quanto scriveva lo stesso Le Goff: “ …ciò che balza agli occhi.. è il fatto che le realtà politiche e mentali del Medioevo italiano (ma anche di altre epoche nda) sono, ben più che l’Italia, gli italiani”. E noi aggiungiamo ovunque essi siano nel mondo.
Buona lettura e Buone Feste.