Martedì sera alla Casa Italiana Zerilli Marimò della NYU la scrittrice e storica, Susan Zuccotti ha presentato il suo ultimo libro: Père Marie-Benoît and Jewis Rescue, How a French Priest Together with Jewish Friends Saved Thousands during the Holocaust. L’evento è stato organizzato dalla Casa Italiana in collaborazione col Centro Primo Levi, l’organizzazione newyorchese che prende il nome dal noto scrittore ebreo italiano sopravvissuto ad Auschwitz, che ebbe un ruolo di primo piano nel trasmettere e tenere viva la memoria degli atroci fatti avvenuti nel corso della seconda guerra mondiale.
Il libro narra la vita e il lavoro di Padre Maria Benedetto, un coraggioso prete francese dell’ordine dei Capuccini che rischiò tutto per nascondere gli ebrei in Francia e in Italia durante l’olocausto, ricevendo anche un riconoscimento dallo stato di Israele per aver protetto e salvato vite umane durante uno dei periodi più neri della storia.
Il direttore della Casa Italiana, Stefano Albertini ha introdotto la scrittrice, che ha parlato del suo libro presentando il coraggioso protagonista. Susan Zuccotti ha voluto mettere su carta la vita di questo prete illuminato che dai monasteri, prima di Marsiglia e poi di Roma, collaborando con organizzazioni segrete, costruì una rete di salvataggio ebraico-cristiana che aiutò migliaia di ebrei a sfuggire ai loro persecutori.
Per raccontare questa ispirante storia, Susan Zuccotti, oltre ad effettuare ricerche in Italia e in Francia, ha intervistato personalmente Père Marie-Benoît (poco prima della sua morte), la sua famiglia e tutti i sopravvissuti che al tempo del nazismo collaboravano con lui nei salvataggi.

Da sinistra: Susan Zuccotti, Alessandro Cassin, Stefano Albertini
Alessandro Cassin, deputy director and director of publishing del Centro Primo Levi, definisce il libro un esempio di racconto su come effettuare un vero salvataggio. Père Marie-Benoît accoglieva i disperati che bussavano alla sua porta, procurava loro documenti falsi, sistemazioni sicure dove nascondersi e tutto ciò di cui potevano avere bisogno. Nella biografia Susan Zuccotti descrive le strette amicizie del prete con molti esponenti della comunità ebraica, e anche le relazioni con tutti quei cattolici (preti, frati, suore e laici) che rischiarono in prima persona collaborando clandestinamente con Padre Maria Benedetto per aiutare i perseguitati all’insaputa del Vaticano.
Una cosa che il prete non fece mai, secondo la scrittrice, fu quella di cercare di convertire gli ebrei che aiutava. Infatti, dalle testimonianze raccolte sembra che Père Marie-Benoît credesse che se la conversione non avveniva spontaneamente, era meglio per ebrei e cattolici procedere per la propria strada gli uni di fianco agli altri, ognuno col proprio modo di cercare Dio. Questo era un atteggiamento rivoluzionario nel contesto di quei tempi, dove moltissimi cattolici credevano di avere l’obbligo di convertire gli ebrei. Dopo la guerra, Padre Maria Benedetto si è dedicato a promuovere le relazioni tra ebrei e cristiani, per stringere una solida e duratura amicizia tra le due religioni.
Dopo aver ascoltato la storia di Père Marie-Benoît, una domanda sorge spontanea: perché lo ha fatto? A questo quesito lo stesso prete sembra non abbia dato risposte soddisfacenti. “La gente arrivava al monastero a chiedere aiuto e io li aiutavo, perché non c’era molto altro da fare”. Sono le parole del prete riportate dall'autrice. Secondo la scrittrice le nobili gesta di Padre Maria Benedetto sarebbero dovute a una combinazione di cause: innanzitutto era un uomo di buon animo, che conosceva la persecuzione in quanto cattolico nel Sud della Francia, e quindi nutriva una spontanea empatia verso gli ebrei perseguitati. Inoltre aveva un’innata natura di uomo d’azione (aveva anche partecipato alla prima guerra mondiale), che lo spingeva verso un desiderio di avventura. Ne esce il quadro di una buona persona, simpatizzante dei perseguitati e desiderosa di agire per dare un contributo pratico.