Carlos Marcello, dice nulla questo nome? “Carlos Marcello, il boss che odiava i Kennedy” è il titolo di un libro scritto da un giornalista che i lettori di “Notizie Radicali” conoscono, Stefano Vaccara: da New York ci invia puntuali corrispondenze dalle Nazioni Unite; e dopo aver lavorato per anni ad “America Oggi”, quotidiano di lingua italiana diffuso in tutta la costa Est degli Stati Uniti, da qualche mese anima e dirige un giornale telematico molto interessante, “La Voce di New York”.
Il libro di Vaccara, pubblicato qualche mese fa dagli Editori Riuniti (pagg.237, 18,90 euro), nasce – lo spiega l’autore nella “Premessa” – “dalla passione alimentata dai brillanti studenti dei due corsi che tengo, sin dal 2009, al Lehman College della City University of New York: ‘The Mafia: Demystifying a Social and Political Phenomenon’ e ‘Media & Democracy: from Citizen Kane to Wikileaks’. Nel primo si analizzano i rapporti tra mafia e lo Stato, per dimostrare che, senza i legami di complicità con il potere politico, non esisterebbe. Nel secondo si studia – a partire dall’evoluzione del First Amendment della Costituzione statunitense – che quando il quarto potere non agisce nell’assoluta libertà delle sue funzioni, non c’è più alcuna democrazia”.
D’accordo, ma Carlos Marcello? Ci arriviamo. “Negli Stati Uniti”, annota Vaccara, “almeno fino ad oggi, se si chiede in giro cosa fa venire in mente il nome di Carlos Marcello, il 99 per cento dei cittadini, anche nei corridoi di un’università o di un giornale, non sa dare una risposta senza ‘googlarne’ il nome…”. E se questo accade negli Stati Uniti, perché dovrebbe essere diverso in Italia?
Come si sarà intuito, Carlos Marcello è – o meglio era, visto che è morto vent’anni fa, il 3 marzo del 1993 nella sua casa di Jefferson Parish – un boss mafioso italo-americano. La sua base era New Orleans, e, come ci ricorda Vaccara, “una commissione speciale del Congresso incaricata di indagare e scrivere un nuovo rapporto sull’assassinio del presidente Kennedy, arriverà, dopo tre anni di ricerche e di interviste con esperti, testimoni, sospetti, ad indicare nel 1979 (quindici anni dopo Dallas) come uno dei possibili e principali mandanti del delitto…”.
Già, perché ufficialmente John F. Kennedy viene ucciso da un ex marine, Lee H. Oswald, rocambolesca la dinamica del delitto, ma non meno incredibile come, due giorni dopo, lo stesso Oswald, arrestato e scortato dalla polizia, viene ucciso in diretta televisiva da un gestore di locali notturni di Dallas, Jack Ruby.
Stefano Vaccara Carlos Marcello il boss che odiava i Kennedy, Editori Riuniti, Roma 2013
Per il delitto Kennedy si chiamarono in causa, quali possibili mandanti, i sovietici e i cubani; una commissione ufficiale, la Warren, dal nome di chi la presiedeva, optò per la teoria dell’assassinio solitario; se si naviga in rete, con un po’ di pazienza, si può leggere di complicatissimi e oscuri complotti, mancano solo gli alieni (o forse no, ci sono anche i marziani, e noi non li abbiamo trovati), fino alle “fantasie” di Oliver Stone con il suo “JFK”, per non dire della teoria che voleva Kenndy vivo vegeto, scampato al delitto, e tranquillo e beato da qualche parte, assieme nientemeno che con l’illustre amante Marilyn Monroe…
Torniamo a Marcello: si chiamava, in realtà Calogero Minacori, era nato nel 1910 da genitori siciliani, non si è mai ben capito bene se in Tunisia o in Sicilia, di certo comunque non negli Stati Uniti, e questo ha una sua importanza. A 53 anni Marcello è un padreterno a New Orleans, uno degli uomini più ricchi della Louisiana. I suoi tentacoli si estendono al Texas, e guada fisso negli occhi gli altri boss di New York, Buffalo, Philadelphia… Però non è nato negli Stati Uniti, non può invocare lo ius soli, non ha mai regolarizzato la sua posizione, è a tutti gli effetti un clandestino. Il 22 novembre 1963 attende davanti a una corte di giustizia di New Orleans una sentenza che potrebbero espellerlo definitivamente dal paese. La minaccia è patita da Washington, direttamente dal ministro della Giustizia, il potente Robert F. Kennedy, fratello del Presidente. Che fare? Bisogna “Livarsi ‘na petra da la scarpa!”, ovvero “Bisogna tagliare la testa e non la coda, affinché il cane non morda più”. La “testa” è John, la “coda” Robert. Il potere del secondo deriva dal primo, fatto fuori John, si rende impotente anche Robert. La “carne” del ragionamento che anima Marcello è questa. E il libro racconta in modo convincente, sulla base di una documentazione raccolta con certosina meticolosità, come il complotto ha preso forma fino ad arrivare al 22 novembre del 1963, quando Kennedy, la moglie Jacqueline e il governatore del Texas di allora John Connally e la di lui moglie Nelle. Ma soprattutto racconta di come Marcello abbia potuto avvalersi di una quantità sconcertante di complicità e connivenze che gli hanno poi assicurato la sostanziale impunità.
“Vaccara racconta una storia che appare come un romanzo, ma che invece è la cronaca di una verità storica che l’America per mezzo secolo non ha voluto accettare…”, si legge nella quarta di copertina. E qui viene la parte che riteniamo più interessante dell’intera vicenda: la menzogna, in nome di una inconfessabile ragione di Stato, espressione che si usa per mera convenzione, dal momento che non c’è alcuna ragione di Stato, piuttosto è una “ragione di potere”. La stessa “ragione”, fondata sulla menzogna, che troviamo in molte altre occasioni: il falso incidente del Tonchino dl 2 agosto 1964, per esempio, usato dal presidente Lyndon Johnson per “giustificare” un attacco al Vietnam del Nord senza formale dichiarazione di guerra; e se si va indietro nel tempo, la guerra accesa con la Spagna, per Cuba…Per non dire delle menzogne dell’amministrazione di George W. Bush e Tony Blair alla base del secondo conflitto con l’Irak di Saddam. Una questione aperta, che copiosamente sanguina, anche se pochi mostrano di accorgersene, e se ne occupano.
Vaccara cita, e fa sua, una riflessione di David Talbot, creatore della rivista on line “Salon” e autor di “Brothers”: “La copertura dei media americani dell’assassinio di Kennedy rimarrà alla storia come la performance più vergognosa, insieme alla tragica, supina accettazione delle menzogne del governo per sostenere le guerre in Vietnam e Irak”.
Insomma, un grosso filo lega tutte queste vicende, e attraverso la lettura di “Carlos Marcello. Il boss che odiava i Kennedy”, aiuta a capire testo e contesti. A Stefano verrebbe da suggerire un prossimo, possibile, corso per la Lehman College della City University of New York: sulla menzogna alla base dell’intervento in Irak, il complotto che si consumò; e certamente Marco Pannella potrebbe dire qualcosa di molto interessante…
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su Notizie Radicali