New York si mette in mostra all’Istituto Italiano di Cultura. Due esposizioni celebrano la città e le sue tante, diverse, rappresentazioni. La prima, dal titolo New York, Born back into the Past, è una mostra di fotografia, con scatti di pura bellezza in bianco e nero, che ritraggono una New York del passato ma dal fascino eterno.
Le immagini fanno parte della collezione privata di Silvia e Stefano Lucchini che, anni fa, durante uno dei loro viaggi a New York, ebbero la fortuna di imbattersi in questa collezione e decisero di comprarla. Un polveroso album di pelle, tenuto insieme da qualche vite arruginita, aveva per decenni conservato le immagini di una città piena di vita e di fermento.
Poi venne il libro (nella foto in alto a destra, courtesy: Vladimir Weinstein Photography), un bel volume edito da Alinari Sole24ore, con testi di Geminello Alvi e Gianni Riotta, che raccoglie questo prezioso catalogo di una New York che non c’è più. Infine l’idea di esporre le foto: “Ci sembrava un peccato tenercele solo per noi – spiega a La Voce di New York Silvia Lucchini (nella foto in basso a destra, courtesy: Vladimir Weinstein Photography) – volevamo condividerle con chi ama questa città”.
Dopo essere state esposte a Roma, negli spazi della Biblioteca Angelica a Roma, le foto sono ora ospitate all’Istituto di Cultura, dove la visita è accompagnata dalle musiche del Grande Gatzby, in questi giorni al cinema: “Era la colonna sonora più adatta, visto che, studiando gli scatti, siamo arrivati alla conclusione che si debba trattare di immagini degli anni ’40. In una foto si vedono delle navi militari e quindi dovrebbe essere il periodo della guerra, forse i giorni di Pearl Harbor. In un’altra immagine c’è il Madison Square Garden che pubblicizza un incontro di box che dovrebbe essere stato disputato nel ’42”.
Palazzi, strade, scorci, persone, tutto è reso in una elegante perfezione che racconta una città in fermento. A rendere ancora più affascinante questa sfilata di immagini che compongono un’ideale (o forse reale) passeggiata dal Sud al Nord di Manhattan, è il mistero che le avvolge. Sull’autore non si sa nulla: “A me piace pensare che sia il lavoro di un’unica persona, ma alcuni ritengono che possa trattarsi di più autori. A mio marito, poi, piace l’idea che a scattarle sia stata una donna, una delle prime fotografe. Ma quello che mi pare venga fuori con certezza da queste fotografie è che, chiunque le abbia scattate, doveva essere completamente intriso della magia e del fascino della città”.
Ancora New York, ma questa volta una New York astratta, è quella ritratta nelle immagini esposte nella mostra al piano superiore dell’Istituto di Cultura. Ezio Gribaudo and Lucio Fontana, Chronicle of an American Journey è un’esposizione e un libro sulle memorie di un viaggio a New York. In mostra alcune tele e disegni a pastello di Gribaudo, collezionista, critico d’arte e artista lui stesso, oltre a un’opera di Fontana, parte della serie Concetto Spaziale. Gribaudo e Fontana arrivarono insieme a New York nel 1961 per presentare il libro Devenir de Fontana che contribuì alla fama internazionale dell’artista noto per i suoi “tagli”. Un video esposto a corredo delle opere, racconta del viaggio dei due artisti, estasiati dalla bellezza e la modernità della New York di inizio anni ’60.
“Gli anni in cui incontrai Fontana – ricorda Ezio Gribaudo – erano anni magici, per l’arte e la cultura in genere. Quando arrivammo a New York, Fontana era tutto eccitato, non smetteva di stupirsi di ogni cosa. Era il momento in cui l’espressionismo astratto americano era al culmine. Subito dopo sarebbe esplosa la Pop Art. Ricordo che in quei giorni incontrammo Leo Castelli che mi disse di andarlo a trovare e che mi avrebbe fatto vedere dei quadri che non avevo mai visto, qualcosa di completamente nuovo. Forse avrei dovuto dargli retta. Comunque poi tornammo in Italia e l’opera successiva di Fontana si ispirò molto a quel viaggio e alla New York che avevamo visto”.
Con o senza Pop Art la carriera di Gribaudo è stata intensa e piena di arte. Così come sono le opere esposte in questa mostra che interpretano New York con i suoi grattacieli, la modernità, il minimalismo delle linee architettoniche. Immagini che richiamano le fotografie esposte al piano di sotto, come uno specchio che ripete, distorce e reinterpreta i luoghi.
“Ci piace l’idea di mostrare, qui all’Istituto di Cultura, due modi diversi di raccontare New York – ha commentato, Riccardo Viale, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura – Attraverso diverse forme espressive e diversi stili, appare la città del passato. E trovo affascinante questa dialettica tra opere di un anonimo artista scomparso e opere firmate da un noto artista italiano vivente”.
Le due mostre rimarranno aperte al pubblico fino al 5 luglio.