Attraverso la storia di due famiglie molto diverse tra loro, il giornalista Alexander Stille racconta il '900 e un'America multiculturale. Nel suo ultimo libro The Force of Things. A Marriage in War and Peace (Farrar, Straus and Giroux, 2013), presentato ieri, 6 maggio, alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University, Stille rivela le vicende della sua famiglia, lungo un secolo travagliato di guerre e cambiamenti.
Stille è un giornalista ben noto sia negli USA, dove collabora, tra gli altri, con The New Yorker, The New York Times e The Boston Globe, sia in Italia, come corrispondente de La Repubblica e autore di diversi libri sulla società e la politica italiane. Da tempo Stille ha scelto di occuparsi di Italia, con un particolare interesse per la mafia che è al centro di molti dei suoi libri, tra cui forse il più noto è Cadaveri Eccellenti, in cui, partendo dagli omicidi Falcone e Borsellino, l'autore ricostruisce 30 anni di storia di cosa nostra. Stille insegna giornalismo internazionale alla Columbia University.
Nelle pagine del suo ultimo libro, il giornalista fa della sua famiglia un microcosmo, in cui la Storia si inserisce nella vita privata dei personaggi e ne modifica il destino. Partita dalla Russia e rifugiatasi in Italia per sfuggire ai pogrom, la famiglia del padre di Stille, di origine ebraica, si ritrova, dopo l'introduzione delle leggi razziali sotto il fascismo, a dover lasciare l'Europa alla volta degli USA. Qui il padre di Alexander, Ugo Stille (al secolo Mikhail Kamenetzky), per anni corrispondente dagli USA del Corriere della Sera e direttore dal 1987 al 1992, conosce Elizabeth Bogert, una sofisticata donna del Midwest. “Una sera di maggio del 1948, mia madre andò ad una festa a New York con il suo primo marito e lasciò la festa con il suo secondo marito, mio padre” inizia così questa saga familiare che, con ironia e profonda onestà, descrive uno scontro di civiltà, tipico dell'America del '900. Dalla parte del padre c'era una colorita famiglia russa, poi assimilata nella società italiana e costretta a nascondere le proprie origini ebraiche. Dalla parte della madre c'era la classe medio-alta del Midwest, istruita e sofisticata, con qualche punta di antisemitismo e classismo.
Durante la presentazione alla Casa Italiana, Stille ha letto alcuni passaggi del suo libro, iniziando dalle differenze tra sua madre e suo padre: se lei era profondamente convinta della bontà dell'essere umano, lui era diffidente e vedeva l'imbroglio dietro ogni cosa; se lei amava i fiori, lui pensava fossero un inutile spreco di soldi; se lei amava cenare a lume di candela, lui credeva che i ristoranti poco illuminati avessero qualcosa da nascondere; se lei odiava discutere, lui non faceva altro che provocare discussioni; se lei era generosa nelle mance, lui lasciava sempre il minimo indispensabile; se lei amava l'ordine, lui viveva sommerso da pile di giornali. E queste differenze diventano, nelle memorie di Stille, il parametro su cui si misura la Storia di un secolo in cui, negli USA – e in particolare a New York — questo incontro-scontro tra culture stava modificando per sempre l'American way of life.
“Questo libro è una microstoria di quel processo di trasformazione” dice Stille. E, attraverso due continenti, le vicende delle due famiglie si sviluppano fino a incontrarsi a New York. La Storia è onnipresente e, nel corso delle loro vicende, le due famiglie vivono eventi storici importanti e incontrano personaggi che hanno segnato il secolo scorso. C'è Giaime Pintor che Ugo Stille incontrò quando entrambi erano in camicia nera, come membri della Milizia Universitaria di cui erano entrati a far parte per ottenere riduzioni sul servizio militare. C'è Gabriele D'Annunzio che scrisse una lettera in cui lodava il padre di Ugo per la sua partecipazione all'impresa di Fiume e che permise alla famiglia di ottenere la cittadinanza italiana, nonostante molto probabilmente l'uomo non avesse mai messo piede a Fiume. C'è addirittura Montini, il futuro Papa Paolo VI, che aiutò la famiglia ad ottenere il visto per la Spagna nel viaggio per andare a imbarcarsi verso gli USA. Molti gli episodi spassosi come quello che permise a Ugo Stille di essere confermato come corrispondente ufficiale del Corriere, dopo la guerra: “Mio padre doveva intervistare il presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi al Consolato Italiano – racconta Alexander Stille – Quando, arrivato per l'intervista, gli venne detto che il presidente era stanco e aveva cancellato l'intervista, nella sua mente iniziarono ad affollarsi le immagini di tutti quei film sulla stampa americana che aveva visto. Si chiese: cosa farebbe un giornalista americano in questa situazione? Così decise di nascondersi dietro una tenda e aspettò il momento giusto per intrufolarsi nelle stanze del presidente. Quando lo trovò, in vestaglia, gli si avvicinò da dietro, gli toccò la spalla e gli disse: allora la facciamo questa intervista?”.
Nelle vicende di questa atipica famiglia non mancano le difficoltà, gli attriti, gli scontri e, a volte, l'incapacità di comprendere le differenze. Ma la morale della favola è sotto gli occhi di tutti ed è nell'inclusione, nello scambio, nelle interferenze tra culture che hanno reso New York una città tollerante e unica. E forse il personaggio che più di ognuno rappresenta questa naturale mescolanza è quello della zia di Alexander, Lally che, durante una discussione su quali festività fossero da celebrare, se quelle ebraiche o quelle cristiane, disse: “Io penso che la gente dovrebbe celebrare qualsiasi cosa”.