Famosi studiosi e scrittori si sono cimentati nell’arduo compito di definire i classici: da Kant, a Saint Beuve a Gadamer, concentrato nel conservare la tradizione umanistica occidentale, da Marcuse a Calvino. Un testo classico è un’opera sottratta allo scorrere del tempo ed al variare del gusto, capace di illuminare (o erudire) il lettore su un aspetto della mente umana o se vogliamo sulla capacità dell’essere umano di partecipare alla vita sociale apportandovi il proprio contributo, per “guarire il mondo”, proprio come recita un vecchio proverbio ebraico.
Il volume «Terronismo» (Rizzoli) di Marco Demarco ha per sottotitolo “perché l’orgoglio (sudista) ed il pregiudizio (nordista) stanno spaccando l’Italia in due”, muove in un àmbito culturale [storico e multidisciplinare] che presenta tratti paragonabili ad un classico. Il tema è l’orgoglio [meridionale] ed il pregiudizio [nordico].
Demarco affronta da un punto di vista diacronico e sincronico un aspetto latente ma fortemente divisivo della storia culturale italiana: “il pregiudizio”. Demarco, direttore e fondatore, nel 1997, con Paolo Mieli del Corriere del Mezzogiorno, forte di una solida frequentazione dei pensatori meridionalisti: da Giustino Fortunato a Nitti allo storico Galasso, conoscitore anche di testi di autorevoli studiosi contemporanei italiani quali Paolo Macry e stranieri: Nelson Moe e Silvana Patriarca, attento osservatore della vita politica non solo napoletana ma italiana si cimenta con un argomento che sta giorno giorno sfibrando la vita politica e culturale italiana: l’orgoglio meridionale ed il pregiudizio (verso il Sud) dei leghisti ma non solo. E per smarcarsi da ogni accusa di ingerenza interna, Demarco puntualizza di essere duosiciliano: “(nato a Napoli) con un padre nato a Licata e una madre napoletana, io la duosicilianità ce l’ho nel sangue…la duosicilianità non è acqua fresca: è memoria è condivisione”.
Tuttavia, l’autore spera che non gli vada alla testa.
Vale a dire entrare in quel vortice di pensiero che accomuna Pino Aprile (l’autore di «Terroni») ed i turbo leghisti veneti paradossalmente accomunati da una feroce critica all’Unità d’Italia e con molti ammiccamenti ad un neo Stato Borbonico al Sud ed alla Padania al Nord.
Demarco, argomenta le sue tesi, avendo all’orizzonte la folta schiera di neoborbonici o quanti declamano o pensano ad un Sud aureo, terra felice prima dell’Unità. E sono tanti: da Camilleri che in piena emergenza rifiuti a Napoli tirò fuori il primato delle stoffe meridionali, agli studiosi Cassano e Piperno critici della modernità e fautori di quella visione altra della modernità mediterranea che va sotto il nome di Pensiero Meridiano. Attraverso un approccio multidisciplinare (dal cinema alla musica alla pittura, interessante il passaggio sulla scelta del simbolo di Napoli discusso tra Giotto e Dante) e collocandosi perfettamente in una Napoli resa mai in tono oleogafico ma cercando di catturarne uno spirito antico ma anche moderno cercando di cogliere nella sua storia antica e recente quei momenti di ricerca di libertà ed emancipazione dalla sua stessa storia. Il volume si compone di quattordici capitoli più un “post scriptum” ed una mirata bibliografia.
I capitoli sono ben argomentati e convincenti soprattutto nella documentazione storica d’archivio nel mettere a fuoco il topico trattato sia esso quello della presunta maggior ricchezza del Sud al momento dell’unità d’Italia che delle famose strade ferrate meridionali tanto declamate dai neoborbonici. Il volume non è stato pensato solo attraverso una ottica di una mera elencazione di dati ed eventi storici, ma attraverso una doppia ottica: quella di portare alla coscienza del lettore una pericolosa frattura culturale che sta attraversando l’Italia: l’orgoglio sudista ed il pregiudizio nordista, ma soprattutto la puntualizzazione che da una molecolarizzazione del Paese nessuno ne trarrà beneficio: nei turbo leghisti del Nord nei neo Borbone del Sud. Il lavoro di Demarco si apre con un aneddoto su un personaggio storico: Renato Caccioppoli, figura di spicco dell’intellighentzia napoletana degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Genio matematico e raffinato pianista, ma soprattutto comunista per legame familiare: suo nonno era Bakunin, teorico dell’anarachia che a lungo soggiornò in Italia. Di Caccioppoli ricordiamo il tratto umano e la labilità psicologica messa in scena da Mario Martone nel film “Morte di un matematico napoletano”. Nel capitolo di apertura dedicatogli da Demarco, Caccioppoli rappresenta l’indomabile anelito alla libertà, alla verità, del popolo napoletano. Prima città a ribellarsi ai tedeschi nel 1943: “Fu una rivolta di odio contro i tedeschi, una resistenza civile senza movimenti ideologici e bandiere di partito, ma pur sempre una Resistenza”.
Caccioppoli n impersonificò lo spirito sino ad anticipare la cinematografia posteriore. Il capitolo narra di una serata trascorsa in una birreria di Napoli, affollata di ufficiali tedeschi inviati in perlustrazione per la imminente visita a Napoli di Hitler.
Nel locale si odono canti nazisti, Cacciopoli con temerarietà e indolenza inizia a suonare la Marsigliese. Forte fu lo sbalordimento dei nazisti, ne segue un tumultuoso epilogo. Tale temerarietà costò a Caccioppoli l’arresto e la reclusione in un ospedale psichiatrico, agli altri avventori italiani una notte in caserma.
La scena in sintesi rappresentata è la stessa che anni dopo comparirà in Casablanca. Casualità oppure tenue legame? Sara Mancuso la compagna di Caccioppoli dopo quell’episodio venne inviata dalla famiglia in Costa Azzurra dove con molta probabilità incontrò Murray Burnett uno degli autori della commedia da cui è tratto il soggetto della pellicola “Casablanca”.
Gli episodi comuni tra la Marsigliese cantata da Caccioppoli e quella anni dopo cantata nel film “Casablanca” dagli avventori del locale di Rick danno a Demarco lo spunto per creare una analogia tra il film Made in USA e la realtà napoletana. Lungimiranza o presagio?
Di certo una analogia che ci guiderà attraverso la lettura degli altri capitoli che sono sviluppati in una sequenza sempre controfattuale per mostrare quanto il pregiudizio su Napoli e sul Sud sia stato forte: da Giotto a Dante da Leopardi a Lombroso ed ai suoi allievi (tutti meridionali)hanno contribuito a rafforzare il pregiudizio antimeridionale. Ecco una risposta fornita da Demarco, in moltissimi casi, il pregiudizio verso il Sud è nato proprio da studiosi o opinion makers meridionali. Sono stati loro tra i più accesi antimeridionali, sino agli allievi di Lombroso (tutti meridionali) ad andare ben oltre le teorie razziste del loro maestro. Demarco riprende, sfatandolo, anche il mito dei Briganti, non novelli Che Guevara, come qualcuno vorrebbe riproporli ma sanguinari banditi che miravano solo ai loro interessi.
Il volume si chiude con un capitolo “Giovani in mare aperto ovvero i veri rivoluzionari d’oggi”, una fotografia sul Sud, nuova ed antica. La ripresa dell’esodo dal Meridione, tra il 1997 ed il 2008 sono andati via in 700mila dal Sud. Questi giovani non hanno nessun rancore, argomenta Demarco. Sarà anche vero ma hanno raggiunto livelli professionali e di benessere da non poter essere più dimenticati dal Sud, aggiungiamo noi.
In conclusione, «Terronismo» è un eccellente lavoro di un giornalista colto che con sottile argomentazione e materiali d’archivio propone una rinnovata visione del Sud. Terra della perenne speranza che mai si compie. Demarco riflette sui suoi valori, sulla sua cultura, sul suo futuro. Un classico che andrà oltre le mode letterarie del momento.