Al centro della scena, una donna vestita di nero cammina tra il pubblico. Osserva, ascolta, poi si ferma e chiede: “Cosa cerchi nella fede? Per cosa saresti disposto a morire?” Con queste parole inizia The Popess: Instructions for Freedom, monologo scritto e interpretato da Elena Mazzon, attrice italiana di base a Londra.
Lo spettacolo, andato in scena alla Casa Italiana Zerilli-Marimò nell’ambito di In Scena! Festival, è un viaggio tra Medioevo e presente, che si concentra su potere, spiritualità e identità femminile. Le fonti sono reali: atti inquisitoriali, cronache e il saggio di Luisa Muraro Guglielma e Maifreda: Storia di un’eresia femminista. “Tutto è cominciato nel 2018, quando ho letto quel libro”, racconta Mazzon. “In quel periodo stavo studiando i tarocchi, in particolare l’arcano maggiore della Papessa. Lì c’erano le carte processuali, le testimonianze, le voci. Non era leggenda. Era tutto vero”.
Con la regia di Colin Watkeys e il metodo del devising – in cui lo spettacolo nasce in prova attraverso improvvisazioni e collaborazione – Mazzon ha costruito un lavoro essenziale. La scena è spoglia: una tunica marrone e pochi oggetti. “Il teatro è povero, ma pieno di significati. In scena c’è il corpo di una donna che attraversa i secoli e parla di giustizia e libertà”. La performance rompe la quarta parete: la protagonista si avvicina al pubblico, lo coinvolge, crea un dialogo diretto.
Guglielma, detta “la Boema”, arrivò a Milano intorno al 1260. Viveva con semplicità, parlava di uguaglianza, ispirò una comunità che pregava e condivideva la vita quotidiana. Dopo la sua morte, nel 1281 o 1282, nacque un culto. Il suo corpo fu traslato al monastero di Chiaravalle, dove fu celebrata come figura spirituale. Alcuni le attribuirono miracoli, altri la considerarono incarnazione dello Spirito Santo. “Quello che mi ha colpita è che inizialmente non fu perseguitata. Era stimata anche da religiosi. La repressione arrivò solo quando il suo ricordo prese forma in un progetto spirituale alternativo”, spiega Mazzon.
Accanto a lei, Maifreda da Pirovano. Suora umiliata, proveniente da una famiglia influente, divenne guida della comunità. Le fu attribuito il titolo di vicaria dello Spirito Santo. Alcune fonti riportano che nel 1300 fu simbolicamente proclamata Papessa. Pochi mesi dopo, durante il Giubileo di Bonifacio VIII, l’Inquisizione intervenne: il corpo di Guglielma fu riesumato e bruciato, Maifreda condannata al rogo, Andrea Saramita giustiziato. Altri vennero perseguitati e messi a tacere. “
“C’è qualcosa di profondamente contemporaneo in questa vicenda”, riflette Mazzon. “Non è solo la storia di un’eresia. È la storia di un progetto spirituale alternativo, inclusivo, aperto. Inaccettabile per il potere dell’epoca”. In scena, Mazzon cambia registro, voce e presenza fisica. Interpreta Maifreda, Guglielma, un inquisitore, una donna contemporanea. Passa dal sacro al comico, dalla dolcezza al giudizio, con uno stile che non pretende, ma coinvolge. “Il teatro dal vivo è rituale. In quella sala succede qualcosa. Non so spiegarlo, ma succede”.
In Italia, lo spettacolo ha debuttato in italiano a Catania e tornerà a ottobre a Roma, allo Spazio Campo Boario, in doppia lingua. “Perché questa storia appartiene a tutti. Ma è anche profondamente nostra. Guglielma e Maifreda erano milanesi, lombarde. È una storia italiana, cancellata dalla nostra memoria”. Ogni replica è diversa, perché il pubblico cambia. Alcuni spettatori piangono, altri sorridono, molti restano in silenzio. “Recitare questa storia in Italia ha un peso diverso. Lì è accaduto tutto. Lì deve tornare”.
Dopo New York, Mazzon sarà in tour nel Regno Unito: a Brighton dal 29 maggio al 1 giugno, poi a Cardiff il 5 giugno, e di nuovo in Italia in autunno. “Questo è il mio spazio mobile, la mia casa itinerante”, conclude Mazzon. “Lo porto ovunque, perché ovunque ci sono donne che vogliono essere libere, e uomini pronti ad ascoltarle”.