Una piccola sala seminterrata a Christopher Street. Scene essenziali. Attori 3. Le premesse non sono invitanti. Penso: sarà una noia mortale. E invece. “Until dark” è tutto da vedere. Perché scritto bene, affronta temi attuali e controversi e gli attori, ovvero le attrici, sono brave. Lo ha creato una ragazza, una giovanissima entusiasta, che a 28 anni in teatro ha già fatto di tutto per sopravvivere, e imparare. Federica Borlenghi è arrivata da Milano 9 anni fa per frequentare la New School, si è laureata in arti drammatiche, e a New York è rimasta. “Non so se le cose che scrivo verrebbero accolte bene in Italia – mi dice – sono temi difficili, a New York invece sono al centro della conversazione attuale”.
I temi difficili sono il consenso sessuale, la consapevolezza, l’educazione sessuale da parte della famiglia e delle istituzioni e i rapporti familiari. “Until dark” racconta un momento clou nella vita di tre sorelle: Cass è accusata di violenza sessuale, Jackie, un avvocato di successo, la difende, Lisa, la piccola di casa, dovrebbe rimanere fuori dalla vicenda e invece arriva, vuole partecipare, siamo una famiglia, ripete animatamente.

Perché, volendo parlare di consenso, hai deciso di far compiere la violenza ad una donna anziché un uomo come più comunemente avviene?, chiedo a Federica dopo lo spettacolo.
“Perché il consenso non è una questione di genere. La ragazza in questione aveva subito violenza da giovane e non era in grado di capirlo, di farci i conti, allo stesso modo compie una violenza, ma non è in grado di comprenderne la gravità. Le persone abusive hanno spesso subito a loro volta un abuso, spesso vengono demonizzate, non le assolvo, e infatti la mia protagonista alla fine va in prigione, ma bisogna riuscire a capire, arrivare al nocciolo della questione.
Perché hai scelto di affrontare il tema del consenso sessuale?
Perché l’esplosione del Me Too è stato un momento molto forte per me, tutti parlavano di questo e io non avevo mai neppure sentito parlare di consenso sessuale, non avevo avuto questa educazione in Italia. Mi sono confrontata con i mei amici sui danni che la non consapevolezza può creare e ho cominciato a scriverne perché scrivere per me è un modo di elaborare.”
“Until dark” è stato in lavorazione parecchio: iniziato nel 2019, è rimasto fermo durante il lockdown, mesi in cui Federica Borlenghi ha approfondito la parte relativa al sistema giudiziario americano, per poi tornare a scrivere e sottoporre il copione al laboratorio di Et Alia Theater. Creata nel 2019 la compagnia si propone proprio di affrontare temi femminili e controversi. L’hanno fondata quattro giovani attrici registe produttrici provenienti da paesi diversi: Maria Müller è rumena, Giorgia Valenti italiana, Luísa Galatti e Ana Moioli brasiliane. Le prime tre sono anche interpreti di Until Dark. “E’ un gruppo fantastico – spiega Federica – abbiamo molto discusso i temi che abbiamo messo in scena e il lavoro è cresciuto con questi scambi di idee.”

Insieme hanno poi vinto un grant e fatto fundraising per mettere in scena Until Dark per 3 settimane. “Mi piacerebbe che il mio lavoro provocasse delle riflessioni, delle conversazioni sulla questione del consenso – conclude pensierosa Federica – I giovani devono poter parlare con le loro famiglie, con le istituzioni, di queste cose e per farlo bisogna anche creare un vocabolario adatto. Una volta creata la consapevolezza mi piacerebbe che si riflettesse sul cosa fare dopo. Nel play la sorella minore alla fine chiede a quella in prigione: siamo tutti pieni di ferite e ora cosa ne facciamo? e lei non sa cosa rispondere. Ecco, vorrei trovare delle risposte.”
Out of the Box Theatrics, 154 Christopher Street #1E New York City
fino a domenica 3 marzo