All’Istituto Italiano di Cultura a New York il professor Andrew Donnelly, ricercatore newyorkese della Texas A&M University-Commerce, ha tenuto una lectio dal titolo “Dining on the Deep Blue Sea–Food, Sailors, and Mediterranean Labor” sulle abitudini culinarie dei marinai a bordo di due navi naufragate, una a Marzamemi in Sicilia (nel VI secolo d.C) e l’altra a Yassıada in Turchia (nel VII secolo d.C.). Analizzando il vasellame intatto, è possibile dedurre gli usi quotidiani dell’epoca e di conseguenza le mode, l’economia di un’area specifica – in questo caso, l’Italia e la Turchia, due porti fondamentali nel commercio mediterraneo.
La lezione è stata accolta con calore dal pubblico dell’Istituto, che ha inaugurato la collaborazione con l’Archeological Institute of America (AIA), l’organizzazione più grande e antica del Nord America che si occupa di preservare la memoria storica e finanziare nuovi studi archeologici.
Dopo i ringraziamenti iniziali del direttore Fabio Finotti e la presentazione del progetto da parte della presidente dell’AIA, la dottoressa Elizabeth Greene, il pubblico è stato fatto tornare indietro di qualche secolo. A luci spente, le immagini chiare di anfore antiche scorrevano nella presentazione del professor Donnelly proiettata di fronte.

Per comprendere al meglio il ruolo fondamentale del vasellame ritrovato, il professor Donnelly lo ha paragonato alle tazze che ognuno acquista e utilizza nella vita quotidiana: “Compriamo un piatto o un set di posate perché sono utili in un certo momento della nostra esistenza o perché ci ricordano una determinata persona. E a ogni fase corrispondono stoviglie diverse. Presumibilmente, anche gli equipaggi delle navi di Marzamemi e di Yassıada facevano lo stesso”.
Il motivo di questa ricerca è molto semplice: “Osservando il vasellame, viene da chiederci: è stato acquistato tutto nello stesso momento o un pezzo per volta? E cosa ci dice delle persone che lo utilizzano? Per studiare certi fenomeni sociali, che implicano poi delle dinamiche economiche importanti, non ci si può fermare al cibo venduto nei negozi dell’epoca, perché quello veniva comprato da tutti. Diventa più interessante risalire agli oggetti della cucina usati da certe classi sociali, perché sono le persone a essere più affascinanti”, ha spiegato il professor Donnelly.
Visto che le anfore ritrovate erano tutte di ceramica, in questo progetto il ricercatore newyorkese è riuscito a risalire anche alla data indicativa di produzione, “un po’ come le etichette sulle bottiglie di Soda”, ha detto sorridendo. Di conseguenza, si possono dedurre anche le mode e i costumi dell’epoca.