L’Università di Milano, insieme alla University of Rochester di New York, ha finalmente svelato alcuni “testi fantasma” nascosti in un codice dantesco del ‘400. La loro esistenza era nota fin dall’Ottocento, ma fino a oggi non erano ancora stati decifrati.
Grazie all’innovativo metodo di fotoriproduzione ad altissima risoluzione con l’ausilio di potenti luci multispettrali, un’equipe multiculturale e multidisciplinare, composta da storici, paleografi, informatici e fisici, ha esaminato quasi cento pagine riuscendo a decifrarne il contenuto. Si tratta di “scritture palinseste” ovvero pagine che erano già state compilate, cancellate, riscritte nuovamente e celate sotto il testo della Divina Commedia nel manoscritto del 1084 conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano.
Secondo la ricostruzione storica, questo testo è legato originariamente alla città di Napoli. Anzi gli studiosi avvalorano l’ipotesi che le pagine del manoscritto potrebbero addirittura essere state scritte nel capoluogo campano e poi solo in un secondo momento portate da Napoli a Genova, città note nel Medioevo e nel Rinascimento per gli scambi commerciali via mare.
Tuttavia, l’arrivo a Milano è chiaramente documentato, come segnala il medievista Giacomo Vignodelli: “Finora, sapevamo solo che nella prima metà del Quattrocento il codice era passato per le mani di un umanista e cancelliere della Repubblica di Genova, Giorgio De Via, e che successivamente era stato acquistato da Galeazzo Crivelli, il primo a portare la stampa a Milano”.
“Abbiamo scoperto – affermano gli studiosi – che la maggior parte dei fogli palinsesti proviene da atti notarili e documenti di cancelleria redatti nel Trecento a Napoli. Sono materiali necessari anche per recuperare le testimonianze storiche di un’area (il Regno di Napoli) e un periodo (XIV secolo) la cui conservazione è stata gravemente compromessa dagli eventi della Seconda Guerra Mondiale che hanno interessato la parte più antica e preziosa della documentazione dell’Archivio di Stato di Napoli”, spiega la professoressa Marta Mangini.
“I restanti fogli palinsesti del codice – prosegue Vignodelli – derivano invece da materiale librario, tra cui opere letterarie scritte in antico francese che rimandano alla corte angioina di Napoli”.