“Eravamo consapevoli che il film avrebbe generato un cortocircuito, però condividevamo il desiderio di scavare nella verità per superare la contrapposizione ideologica per cui o stai da un lato o dall’altro in base alla giacca che indossi. Perché sotto le giacche ci sono gli esseri umani che si esprimono attraverso una loro complessità e unicità.”
Edoardo De Angelis è pacato, contento di parlare del suo ultimo film Comandante, The War Machine, parte della rassegna Open Roads, nei termini della polemica scoppiata all’indomani della presentazione in apertura del festival di Venezia. Che non gli si facciano cioé sempre le stesse domande, come è nato il film, come le è venuta l’idea, mi dice, ma che si affronti il problema, relativo non solo a come il film è stato accolto ma a come ormai nel mondo prevalga una visione ideologica polarizzata.

Il film Comandante, magistralmente interpretato da Pierfrancesco Favino, racconta la vicenda vera di Salvatore Todaro che, alla guida del sommergibile Cappellini, il 16 ottobre 1940 ordina l’attacco contro il piroscafo belga Kabalo. Affondato il nemico, decide però – contro il parere del suo equipaggio – di salvare i 26 naufraghi. Per lui, una volta passato il momento del conflitto, gli avversari sono semplicemente persone. De Angelis e Sandro Veronesi, coautore della sceneggiatura e del libro, intendevano attirare l’attenzione sull’aspetto umano dell’aiuto in mare, con chiari riferimenti alla situazione immigratoria nel Mediterraneo. E invece. Il film è stato accusato di esaltazione del fascismo. La destra si è appropriata della vicenda di Todaro, la sinistra ha accusato gli autori come minimo di malafede. Ha scritto Il Manifesto: “prendere a esempio, per sostenere una politica dell’accoglienza, un militare fascista, seppure integerrimo nel comportamento verso il nemico, non è una cosa da niente perché il fascismo è quello delle aggressioni colonialiste, delle leggi speciali che privano dei diritti civili e deportano gli ebrei, degli omicidi di oppositori politici. Dell’alleanza con i nazisti, e col loro progetto di sterminio che si concretizza nei lager per milioni di persone. E poi: sono i migranti di oggi come i soldati nemici di una guerra? Il paragone è quantomeno azzardato.”
“Quando abbiamo scoperto questa storia – spiega De Angelis – ci siamo detti: ma com’è possibile che in tempo di guerra, sotto la dittatura, quest’uomo sia riuscito a fare quello che uno dovrebbe fare normalmente, mentre oggi, in tempo di pace, persone che si ispirano pure a quell’ideologia dimenticano questi valori? Eravamo consapevoli che portare avanti un discorso politico fatto di sfumature e non di polarizzazione non trova facile riconoscibilità, perché il pregiudizio percettivo è sempre presente. L’esperienza della conoscenza è la sintesi di qualcosa di noto che incontra qualcosa di ignoto, noi conosciamo sempre per analogia e se la mia analogia si basa su un preconcetto ideologico io interpreterò quella nuova esperienza in relazione a quel preconcetto o perché se ne distanzia o perché si avvicina. Ma il vero pensiero progressista si dovrebbe allontanare dal preconcetto per arrivare ad una vera nuova conoscenza”.
Sapevi però che in Italia le posizioni sono molto polarizzate.
Sì, certo, ma abbiamo soffocato il pensiero progressista ai tempi del fascismo con Matteotti, con Gobetti, con i fratelli Rosselli, che non erano tutti comunisti. Credevano nell’importanza di determinati valori. Il loro pensiero è stato soffocato proprio perché non polarizzabile, perché fatto di sfumature del ragionamento. Ci piacerebbe che avesse nuovo spazio nella nostra storia.
Non credi che proprio in questo momento, in cui si profila nel mondo il pericolo dell’avanzata della destra oltranzista, sia più difficile portare avanti questo discorso fatto di sfumature?
“È una domanda essenziale quella che poni. Ritengo sia estremamente più pericoloso proseguire nella radicalizzazione del conflitto di pensiero, che prima o poi sfocia nel conflitto materiale, lo abbiamo visto nella storia. Voglio lanciare una provocazione: io sono di sinistra ma quando è stato eletto il governo di destra mi sono detto magari fanno delle leggi buone, leggi a sostegno dell’industria italiana. Sta avvenendo invece solo una sistematica occupazione dei posti di potere, delle occasioni del pensiero. Occupazione possibile anche perché non riusciamo a guardare, non dico con fiducia, ma almeno con curiosità, l’essere umano che teniamo di fronte. Ci arrocchiamo solo, subito, automaticamente. Ma chi sono io per stabilire che il mio avversario politico, o chi la pensa diversamente da me, non abbia diritto ad esprimersi come io voglio avere diritto a fare?”
Però sei rimasto sorpreso dalla reazione al film?
“Sorpreso no. Sapevo che il corto circuito ci sarebbe stato. Diciamo che soffro davanti a certi compagni che non riconoscono quanto il cinema possa essere un’arma potente. Soffro per il fuoco amico. Perché quando l’amico non ti capisce, soffri di più. Ma non posso dire al pubblico come interpretare il mio film”.
Il prossimo sarà un film analogamente provocatore?
“Lo sto cercando, sono alla continua ricerca di racconti che rompono il sentire comune, che ci mostrano una possibile via umana alternativa. Storie che mi sorprendono, mi emozionano, mi fanno pensare che posso crescere, migliorare. Ma in genere quando faccio un film mi ispiro a qualcosa che sento vero per averlo sperimentato almeno in termini sentimentali.”

Perché ti ha ispirato proprio Todaro?
“Perché sono cresciuto in un posto dove essere forti significava essere arroganti, prepotenti, sopraffare, umiliare, uccidere. Sono cresciuto a Caserta in epoca di guerre di camorra. Quando l’elemento criminale è un così forte attrattore dell’immaginario, influisce sui comportamenti quotidiani. Chi vive a Napoli sperimenta la violenza ogni singolo giorno. A me piace invece l’uomo veramente forte, uno come Todaro, che fa quello che deve fare, ma poi ha la forza di aiutare. Quello è l’uomo nobile, che se uno è caduto, anche se l’ho fatto cadere io, non è che lo “scamazzo”, lo aiuto a rialzarsi. Todaro è un eroe normale, un essere umano.”