“Più come Mastroianni che come Deneuve”. Questa frase è stata una costante nella vita di Chiara Mastroianni, figlia di due leggende del cinema: Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve. Chiara ha esordito nel mondo del cinema da bambina, a soli sette anni, recitando con la madre nel film A noi due di Claude Lelouch. Poi, ha lavorato con il padre in Prêt-à-Porter di Robert Altman e in Tre vite e una sola morte di Raúl Ruiz, uscito nel 1996, anno della morte di Marcello.
Nel centenario della nascita di uno dei più grandi attori italiani, Marcello mio, presentato in anteprima in concorso al 77mo festival di Cannes nella rassegna Un Certain Regard, vede di nuovo insieme Christophe Honoré e Chiara Mastroianni, dopo L’Hotel degli amori smarriti (Chambre 212), . Il film è nelle sale italiane in versione originale ial 23 maggio.
Chiara, che somiglia al padre come una goccia d’acqua, non ha mai negato il peso dell’eredità lasciatale da un cognome che evoca l’epoca d’oro del cinema italiano e internazionale. E quando si sceglie di ripercorrere le orme dei genitori illustri, e nel suo caso sono due, i confronti possono diventare insostenibili.
Nel nuovo film, l’attrice attraversa un periodo critico della sua carriera, alle prese con le aspettative di un settore cinematografico che la idolatra come “la figlia di”, ma che continua a spingerla a replicare non solo lo stile, ma anche i ruoli iconici che hanno reso famoso suo padre.
Dinamica cristallizzata nella scena in cui Chiara viene ripresa all’interno della Fontana di Trevi, rievocando la scena iconica de La Dolce Vita di Federico Fellini, 1960, in cui suo padre recitava accanto all’attrice svedese Anita Ekberg. Un’immagine talmente leggendaria che tentare di emularla sembra non solo una sfida artistica, ma quasi un rito di passaggio obbligato.
Sopraffatta dalla presenza ingombrante del padre, al punto che sogna di guardarsi allo specchio e trasformarsi in Marcello, Chiara decide di assumere la sua identità per manipolare e sovvertire le aspettative altrui: si veste con un impeccabile completo nero, parla come lui e ne adotta persino il nome.
Il personaggio di Catherine Deneuve nei panni di se stessa è un po’ naive. Mentre cerca di capire fino a che punto Chiara intenda spingersi con questa farsa, si trova immersa nelle acque agitate della relazione con sua figlia, dove vede riflesse l’ombra e la luce di un amore che all’epoca sembrava eterno. Il suo matrimonio con Marcello Mastroianni invece durò soltanto quattro anni; i due si separarono nel 1975.
Nel cast ci sono altri personaggi reali del cinema, come il fantastico Fabrice Luchini, l’unico ad assecondare la metamorfosi di Chiara, il suo amore di gioventù Melvil Poupaud, il cantante-attore Benjamin Biolay che ha sposato l’attrice nel 2002 per poi divorziare nel 2009. Unico personaggio di finzione è Colin, interpretato da Hugh Skinner, un soldato britannico che riporta alla memoria Le notti bianche di Luchino Visconti. Ognuno interpreta versioni romanzate di se stesso. Questo artificio narrativo, secondo le intenzioni di Honoré, vorrebbe esplorare il sottile confine tra la ricerca della propria identità nel mondo del cinema e l’adesione a un’immagine pubblica costruita, spesso distorta, che viene alimentata e amplificata dalla cultura popolare.
Poi accade l’imprevisto. Da Parigi, Chiara arriva a Roma per rilasciare un’intervista nei panni di Marcello Mastroianni. In studio anche Stefania Sandrelli, che recitò giovanissima accanto all’attore in Divorzio all’italiana del 1961. La scena prende velocemente la forma di uno sberleffo alla televisione italiana, per poi concludersi in un inseguimento di cui non si comprende il senso. Catherine Deneuve coglie così l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti della stampa italiana, di cui, per dirla con l’attrice, “non ci si può fidare”.
Seppure il film sembri girare a vuoto su alcune questioni, in particolare riguardo al travestimento in un contesto LGBTQ+, riesce a restare ben saldo all’idea principale: seguire il desiderio di Chiara di “ritagliarsi un posto nel cinema dove i suoi genitori non c’entrano nulla”. Questo slancio autoreferenziale è amplificato dalle confessioni dell’attrice in conferenza stampa, dove ha parlato apertamente dei “fantasmi” del passato, sottolineando come il film l’abbia aiutata a riconnettersi con suo padre, sua madre e altre persone della sua vita.