Il Monaco che vinse l’Apocalisse (Joachim and the Apocalypse) non è un kolossal americano, né un film d’azione. È una pellicola italiana che racconta la storia di un monaco vissuto otto secoli fa e che, inaspettatamente, ha conquistato la scena del Los Angeles Italia Film Festival, un trampolino per il cinema italiano nel mondo. In sala, tra gli spettatori, anche Jordan River, il regista. Uscito in Italia il 5 dicembre 2024, il film ha continuato a essere proiettato ben oltre le aspettative, con un pubblico che ha risposto con un’attenzione rara per un’opera del genere.
E’ la cronaca di un pensiero rivoluzionario, quello di Gioacchino da Fiore, un uomo che ha immaginato un futuro spirituale radicalmente diverso. La sua teoria del Terzo Tempo della Storia della Salvezza attraversa il film come un’ossessione: un futuro in cui l’umanità, oltre la paura e oltre la fede, potrà realizzare il proprio destino attraverso l’amore. River, parlando con il pubblico dopo la proiezione, ha detto: “È incredibile come un monaco del XII secolo possa ancora parlarci oggi. Forse perché il mondo ha sempre avuto bisogno di visioni”.
Alcuni lo vedevano come un profeta, altri come un eretico. Il Liber Figurarum, con le sue misteriose illustrazioni teologiche, lo rende ancora oggi uno degli autori medievali più studiati. Il suo pensiero ha influenzato artisti e filosofi, da Dante, che lo definì “di spirito profetico dotato”, a Montaigne, fino a Hegel e Joyce. Il nome di Gioacchino da Fiore è tornato alla ribalta nel 2024, quando Papa Francesco lo ha citato nel messaggio per la Giornata mondiale del creato, affermando che “seppe indicare l’ideale di un nuovo spirito”.

Girato tra le montagne della Sila, in Calabria, Il Monaco che vinse l’Apocalisse è un’esperienza visiva potente. Prodotto dalla Delta Star Pictures, è il primo film italiano in 12K, con ogni fotogramma che appare scolpito nella luce. La cura dei dettagli è maniacale: le scenografie, i costumi, la fotografia di Gianni Mammolotti, tutto concorre a creare un’atmosfera sospesa, in cui il tempo sembra dissolversi. Nel cast, accanto a Nikolay Moss e Bill Hutchens, spicca Francesco Turbanti, un Gioacchino che incarna la ricerca, il tormento e la speranza di chi ha visto qualcosa di troppo grande per essere ignorato. Le musiche di Michele Josia, che mescolano sonorità antiche e contemporanee, amplificano il senso di sacralità e mistero che attraversa l’intera opera.
L’anteprima americana segna un passaggio importante. Il film ora viaggia. Lo aspetta Cannes, poi il mercato internazionale con TVCO International a occuparsi della distribuzione. Si prepara a raggiungere altre sale, altri festival, altri spettatori. Ma più del suo percorso commerciale, resta il messaggio che lascia dietro di sé: il tempo non è una condanna, ma un cammino verso la realizzazione di un nuovo ordine, dove l’umanità, liberata dalle sue catene, possa finalmente riconnettersi con una dimensione superiore di comprensione e pace.