Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito oggi per affrontare la crescente crisi umanitaria in Sudan, una delle peggiori emergenze globali del nostro tempo. Al centro del dibattito, il rapporto dettagliato di Edem Wosornu, direttrice delle operazioni e della difesa presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), che ha tracciato un quadro drammatico della situazione sul campo. Alla sessione ha partecipato anche l’ambasciatore sudanese, che ha difeso la posizione del governo di Khartoum.
Edem Wosornu non ha usato mezzi termini: il Sudan è sull’orlo del collasso. “Oltre 12 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case, e 3,4 milioni hanno cercato rifugio nei paesi vicini”, ha dichiarato. “Più della metà della popolazione—24,6 milioni di persone—sta affrontando livelli di fame acuta”.
Il crollo delle infrastrutture sanitarie, l’interruzione dell’istruzione per milioni di bambini e il diffuso uso della violenza sessuale come arma di guerra sono solo alcuni degli aspetti più devastanti della crisi.
Uno dei punti più critici riguarda il campo profughi di Zamzam, nel Darfur settentrionale, che ospita circa 500.000 sfollati. La situazione è precipitata con l’intensificarsi degli scontri, portando organizzazioni come Medici Senza Frontiere (MSF) e il Programma Alimentare Mondiale (WFP) a sospendere le operazioni. “Senza aiuti immediati, migliaia di famiglie disperate a Zamzam potrebbero morire di fame nelle prossime settimane”, ha avvertito Laurent Bukera, direttore regionale del WFP per l’Africa orientale.
Ma a rendere ancora più tragico lo scenario sono i recenti omicidi sommari di civili nelle aree contese. “Molti operatori umanitari sono rimasti intrappolati nei combattimenti più intensi e sono stati uccisi. Tra loro, almeno due erano membri del personale umanitario”, ha confermato Wosornu.
Dopo la relazione di Wosornu, i rappresentanti dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza hanno preso la parola, mostrando visioni contrastanti sulla gestione della crisi.

Il rappresentante statunitense John Kelley ha definito il conflitto in Sudan “la più grande crisi umanitaria al mondo”, sottolineando il rischio di destabilizzazione dell’intera regione. “Dobbiamo agire con urgenza per fermare questa catastrofe prima che sia troppo tardi”. L’ambasciatrice britannica Barbara Woodward ha annunciato che il ministro degli Esteri David Lammy ospiterà un vertice internazionale a Londra ad aprile, con la partecipazione di circa 20 paesi e organizzazioni, per elaborare una strategia di pace. La delegazione russa ha riconosciuto la gravità della situazione, ma ha avvertito che un’eccessiva ingerenza esterna potrebbe esacerbare il conflitto, ribadendo la necessità di un dialogo guidato dai sudanesi stessi. Inoltre, ha criticato le sanzioni unilaterali, sostenendo che aggraverebbero ulteriormente la sofferenza della popolazione civile. Il presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, Fu Cong, ha esortato tutte le parti a raggiungere un cessate il fuoco immediato e a favorire una soluzione pacifica. “La Cina sostiene con forza le iniziative di pace e fornirà aiuti umanitari alle popolazioni colpite”, ha dichiarato.

L’ambasciatore del Sudan presso l’ONU, Al-Harith Idriss al-Harith Mohamed, invitato dal Consiglio, è intervenuto per difendere l’operato del governo sudanese, sostenendo che le autorità stanno facendo il possibile per permettere l’accesso agli aiuti umanitari. “Abbiamo adottato misure concrete per facilitare le operazioni di soccorso, tra cui la designazione di aeroporti specifici per il trasporto di aiuti e l’apertura di nuovi valichi di frontiera”, ha affermato. Tuttavia, secondo le agenzie umanitarie, le restrizioni all’accesso continuano a essere un problema, soprattutto nelle aree sotto il controllo delle Forze di Supporto Rapido (RSF) e delle milizie alleate.
Il Consiglio di Sicurezza si trova ora davanti a un bivio: agire con decisione per fermare il disastro umanitario o restare impantanato nelle divisioni geopolitiche. Nel frattempo, il vertice internazionale di Londra, promosso dal Regno Unito, potrebbe rappresentare un punto di svolta per mobilitare risorse e pressioni diplomatiche per fermare il conflitto. Ma sul campo, la situazione peggiora di giorno in giorno. Le organizzazioni umanitarie chiedono a gran voce un accesso sicuro per portare cibo e cure mediche alle popolazioni in pericolo. “Abbiamo bisogno di un vero impegno per garantire l’accesso umanitario senza ostacoli burocratici o politici”, ha ribadito Wosornu.
Mentre all’Onu si cercano soluzioni, milioni di sudanesi continuano a lottare per sopravvivere, intrappolati in una guerra civile sempre più distruttiva e crudele.