Il nome di Michele Pogliani ricorda una delle compagnie più ricche di talenti passate per le mani dell’americana Lucinda Childs. Per sette anni (1989-1996) il romano Pogliani danzò nell’eterogeneo e brillante ensemble della fautrice del minimalismo coreutico, nonché figura storica della Post Modern Dance, partecipando alla ripresa, in un tour mondiale, di Einstein on the Beach di Robert Wilson e Philip Glass, con le coreografie della sua mentore.
Michele era giunto a New York nel 1984, appena dicionnovenne, dopo aver terminato il liceo e un corso allo storico Centro Professionale di Danza Contemporanea diretto da Elsa Piperno, già interprete con Martha Graham e Joseph Fontano. Voleva studiare con Merce Cunningham, entrò subito nella Rosalind Newman and Dancers (1986-87) e in seguito anche nella più nota Laura Dean Dancers and Musicians (1988) prima di incontrare l’allora come oggi bravissima e bellissima Lucinda (classe 1940).

“Chi l’avrebbe detto”, afferma l’ex pupillo della Childs, “che ci saremmo ritrovati gomito a gomito e dopo svariati anni di separazione per un progetto ancora una volta condiviso con Bob Wilson” (classe 1941). Il progetto è Relative Calm, la pièce proposta anche dal centro culturale Lac di Lugano. “Per me e la mia compagnia MP3 è stato un regalo inatteso”, afferma Pogliani, “un colpo di fortuna, anche se non è stato facile portare avanti l’intera struttura”.
Al via a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, nel 2022, ma dopo una lunghissima preparazione e lo stop dovuto alla pandemia, la pièce ha per ora concluso la sua tournée a Shanghai, senza ancora planare a New York, come vorrebbe Lucinda. D’impianto formalistico, anzi minimalista, ma con ripetizioni punteggiate di accensioni neo-accademiche, veste di bianco tutti i dodici danzatori nella prima e terza parte. Lo spazio li vede incorniciati da segni geometrici cangianti su fondo nero, come cornici, appunto, che perdono lati o raddoppiano creando una prospettiva a scale. Oppure continuano il loro viavai alle spalle di una serie di punti colorati. Nel mezzo c’è il segno forse più interessante dell’intera creazione. Tutto rosso nei bolerini folk, e nero nei collant di uomini e donne, spesso con le spalle volte al pubblico, batte i piedi sul Pulcinella di Igor Stravinskij, un coup de théâtre che spezza la quasi specularità delle altre due parti, la prima governata dalla musica di Jon Gibson e l’ultima da John Adams.

L’unico momento in cui non ci sentiamo travolti da un affascinante passato, lontano dall’attuale contemporaneità coreutica – ricordiamo la frase di Merce Cunningham “la danza scorre come l’acqua dei fiumi, ma non è mai la stessa” è quando Lucinda si ritaglia un monologo tratto dal Diario di Vaslav Nijinskij, il maggior danzatore della prima metà del secolo scorso. Lo charme, la raffinatezza longilinea, la gestualità originale di Childs sono miracoli di eterna gioventù e mai scalfito talento. Così ci spieghiamo perché nella parte rossa del Pulcinella compaiano sul fondale quei grandi occhi intrappolati in mille linee. Sono i disegni creati da Nijinskij nei vari nosocomi in cui ha soggiornato, ma che ben pochi conoscono (Wilson non li utilizzò nemmeno nel suo Letter to a Man con Michail Baryshnikov); mentre appare più chiara la scelta della musica del Pulcinella stravinskiano (1920, patrimonio Ballets Russes, ma qui è usata la versione del 1922) anche se all’epoca Nijinskji, colpevole agli occhi di Sergej Djagilev, il patron della compagnia, di essersi sposato, non ne faceva più parte.
Per due volte sulla scena Lucinda ripete quel che ripeteva Baryshnikov: “I’m Nijinskij”. Noi al teatro Lac Arte e Cultura di Lugano l’abbiamo ammirata in due assolo; nel primo affonda dentro il balzo leggiadro di un ghepardo in bianco e nero e nel secondo nella furia di bisonti al galoppo. Una meraviglia, ma anche l’odierna passione di Wilson per gli animali. Alci, pantere, gufi: tutti inseriti in una sua installazione nel grande teatro luganese.

L’avventura del team di Relative Calm continuerà. Il titolo è Dancing Glass poiché declina otto Études del compositore americano Philip Glass per pianoforte ed ensemble musicali extra-europei. Quattro coreografi e quattro video-creazioni di artisti visivi completeranno un evento unico, al debutto nel marzo 2024 all’Auditorium del Roma Convention Center “La Nuvola” ideato dell’architetto Massimiliano Fucsas. Col traino d’importanti organizzatori assisteremo ancora a creazioni di Childs, Pogliani, ma anche del giapponese Shintaro Hirahara e di Cassi Abranches, la brasiliana del Grupo Corpo: tutti impegnati in omaggi coreografici sostenuti da un gran numero di collaboratori da tutto il mondo, Iran incluso.

Inoltre dal 4 al 7 aprile la “MP3 Dance Project and Lucinda Childs” che unisce i due danzatori presenterà un nuovo evento al Teatro Vascello – sempre a Roma. Childs porta Description of a Description tratto da un testo di Susan Sontag – l’intellettuale, critica e saggista americana a lei molto vicina – già presentato a Parigi, Berlino, Vienna; Pogliani creerà un nuovo lavoro per i suoi danzatori.
Colma d’impegni, la vita artistica di Michele Pogliani non sembra affatto deficitaria. Invece l’ex danzatore e ora coreografo si lamenta. Una sua recente pièce, Camera Oscura, frutto di un’avventura introspettiva lontana dal linguaggio formalistico, ha goduto solo di una decina di “piazze”, mentre ha avuto molte più repliche un’installazione di 30 minuti in due luoghi inconsueti, lo spazio circolare dell’antica fornace del Canova a Roma di Fiorenza D’Alessandro e al museo “Pino Pascali” di Polignano a mare.
Pogliani non dimentica i cinque anni come docente e vicedirettore al Rotterdam Codarts, Accademia nazionale di alto livello in Olanda (sotto la direzione artistica di Samuel Wuersten); e neppure i due anni trascorsi, sempre come docente, all’Accademia di danza di Roma dalla quale sono usciti i suoi ballerini. “Trovare garanzie di continuità lavorativa per chi ricerca e pratica danza contemporanea non pare ancora possibile; così i più giovani fuggono all’estero o si dibattono tra festival, bandi, occasioni di sparuta visibilità”. Però riconosce quanto la situazione americana non sia migliore, anzi. Pochissimi introiti pubblici, sponsor e mecenati scomparsi come tante compagnie. “In compenso”, conclude “ho ancora il reddito di una casa a suo tempo acquistata a New York; perciò viva quella città sempre piena di stimoli, mostre d’arte, a misura d’Europa”.