Nel mondo delle aste siamo abituati alle battaglie in sala, con le mani dei collezionisti – a volte sicure, a volte tremanti – che si succedono nell’alzare le palette e le relative offerte nel tentativo di aggiudicarsi i lotti che desiderano. Capita, meno spesso, di assistere a uno scontro serrato tra due maison disposte a tutto per conquistarsi la possibilità di vendere le opere di una determinata collezione. Un contendersi che in realtà è all’ordine del giorno, ma che raramente assume proporzioni pubbliche come è accaduto nel caso della raccolta di Emily Fisher Landau, mecenate e filantropa newyorkese scomparsa lo scorso marzo all’età di 102 anni.
D’altra parte non è da tutti possedere opere di prima fascia di Pablo Picasso, Willem de Kooning, Robert Rauschenberg, Mark Rothko, Andy Warhol e altri giganti del loro calibro. Ed ecco che le due major per eccellenza, Christie’s e Sotheby’s, hanno battagliato a lungo, fino all’ultimo, pur di mettere le mani su un nucleo di lavori che potrebbe fruttare tra i 400 e i 500 milioni di dollari.
Alla fine a spuntarla è stata Sotheby’s, che ha fissato per l’8 e il 9 novembre, a New York, l’appuntamento per esitare “un’impareggiabile collezione d’arte, che non solo traccia l’affascinante evoluzione del percorso collezionistico di Emily Fisher Landau, ma racconta anche l’intera storia dell’arte del XX secolo in tutti i suoi capitoli più innovativi”, come racconta Brooke Lampley, Global Head of Sotheby’s Fine Art Division. Anche perché, come tutti i più grandi collezionisti, Landau intrattenne rapporti diretti con gli artisti, in alcuni casi seguendoli dagli esordi fino alla consacrazione. Incredibile anche l’innesto, tragico ma propiziatorio, che ha dettato l’impulso finale alla sua attività. Nel 1969 una banda di rapinatori armati entrò con l’inganno nella sua casa di New York, imbavagliò e legò governante e cuoca e fuggì con i gioielli che il marito le aveva donato nel corso degli anni.

Nonostante il trauma, il furto ebbe anche un risvolto positivo: dopo aver ricevuto un sostanzioso risarcimento dall’assicurazione, Landau decise di non sostituire i gioielli, ma di utilizzare i fondi per finanziare la sua enorme avventura artistica. Un percorso che l’ha portata quasi subito ad aggiudicarsi quello che ancora oggi è probabilmente il pezzo più pregiato della collezione: Femme à la Montre di Pablo Picasso. Un top lot coi fiocchi, che potrebbe addirittura scalfire il record per il pittore spagnolo (ovvero i 179 milioni di dollari di Les Femmes d’Alger Version “O” del 1955) che resiste dal 2015, quando Christie’s lo aggiudicò sempre a New York.
Il dipinto, stimato oltre 120 milioni di dollari, ha d’altra parte tutte le carte in regola per riuscirci. Sono molti infatti gli aspetti che definiscono il Picasso di Emily Fisher Landau una delle opere più importanti dell’artista, sicuramente la più importante che si presenta all’asta dopo Nude, Green Leaves and Bust (106 milioni di dollari da Christie’s New York nel 2010): la data, la scala, il soggetto, la vivacità e la provenienza. Dipinto nell’agosto del 1932 (uno degli anni d’oro di Picasso), l’opera segna un momento in cui l’andaluso si libera dallo stress della sua prima grande mostra antologica e dalla tensione della segretezza a cui il matrimonio con Olga Khokhlova costringeva la sua relazione con Marie-Thérèse Walter, venuta alla luce proprio durante la mostra. Femme à la montre, ovvero Donna con l’orologio, è un dipinto che restituisce tutta la sua ritrovata libertà pittorica, caratterizzato da intensi colori primari, forme armoniose e piccoli ma preziosi dettagli. Come l’orologio che campeggia sul polso del soggetto, che non può essere altri che Marie-Thérèse. Un aspetto non da poco, considerando che Picasso dipinse solo tre opere contenenti un orologio, un oggetto che racchiude in sé numerosi significati: dall’amore per Marie-Thérèse, a cui l’aveva affidato, al richiamo alla Vanitas e alla caducità dell’esistenza.

Non solo Picasso. Tra gli artisti con cui Landau ebbe un rapporto diretto spicca sicuramente CyTwombly. Dopo averlo incontrato per la prima volta alla fine degli anni Sessanta, la mecenate trascorse del tempo con lui a Roma, città in cui il pittore trovò la piena espressione artistica, ed ovviamente ne acquistò delle opere. Come Untitled (1968), pastello e grafite su tela che la collezionista acquistò dall’amico intimo Robert Rauschenberg. Un’opera cruciale, realizzata proprio mentre l’artista si allontanava dai dipinti barocchi dei primi anni Sessanta per muoversi verso lo stile monocromatico e segnico tipico della sua poetica. Di Rauschenberg troviamo invece in asta Sundog, una serigrafia ispirata da una visita allo studio di Andy Warhol nell’ottobre del 1962 che diventò la copertina del manifesto dell’artista. Una sorta di manifesto è anche Securing the Last Letter (Boss) di Ed Ruscha, opera tra le più grandi dell’artista mai arrivate sul mercato. Attualmente oggetto di una grande mostra al MoMA, la produzione di Ruscha è tra le più iconiche degli anni Sessanta americani, simbolo di un momento in cui i mass media e la pubblicità hanno iniziato a esercitare un’influenza non solo sui consumatori, ma anche sugli artisti.

Di stampo molto più spirituale Untitled (1958) di Mark Rothko, che Landau ebbe modo di conoscere visitando il suo studio sulla East 69th Street, proprio di fronte al suo appartamento. L’acquisto dell’opera avvenne solo in seguito, ma mai scelta fu meglio ponderata. Il dipinto fa infatti parte dei mitici Seagram Murals, considerati tra i suoi più grandi successi, tanto da meritare una stanza dedicata alla Tate di Londra. Questo proposto da Sotheby’s è uno dei pochi ad essere in mani private e l’unico ad essere mai apparso in asta. Altrettanto raro il passaggio all’incanto di una Flags firmata Jasper Johns. La versione di Landau è unica nel suo genere per via dello sdoppiamento e il gioco di specchi che subisce la bandiera. I colori degli Stati Uniti campeggiano anche sul Self Portrait di Andy Warhol. Acquistato nel luglio 1987, il quadro è uno dei due soli autoritratti mimetici apparsi all’asta negli ultimi 15 anni. Ennesimo capolavoro di una raccolta unica, per cui Sotheby’s si attende una contesa tanto serrata quanto quella che l’ha vista trionfare nella battaglia con Christie’s. Una delle tante, certo, ma probabilmente diversa da tutte.