<Sono l’unico tra i cartellonisti di una volta che accanto al nome ha solo la data di nascita, in mezzo alle parentesi>. Il genio della pubblicità non ha perso il tocco dell’ironia. Angelo Battistella veleggia verso i 96 anni con la leggerezza, la tenacia e l’entusiasmo che hanno caratterizzato la sua vita, a cominciare dalle meravigliose navi di carta realizzate dal 1950 in poi. Tutto viene da lì, da quel sottotetto triestino in via Roma 13 a Borgo Teresiano. Il suo atelier, l’antro del mago della grafica. Il laboratorio dell’uomo vissuto tre volte.
Classe 1927, nato a Rovigno – lembo dell’Istria che al tempo era ancora Italia – e predestinato alla pittura, a 17 anni inaugura la mostra intitolata I miei boschi al paese natale e poi in un negozio bombardato nel centro di Pola. Sì, perché la vita e la guerra sono crudeli e non guardano in faccia a nessuno. Finito il conflitto mondiale, Battistella è uno dei 350mila profughi costretti ad abbandonare la loro terra. Dove andare? La strada più semplice è un destino comune a molti: si chiama Trieste, dove arriva nel ’48. La città di porto cosmopolita – mix fra tricolore, tradizione austro-ungarica e accenti sloveni – diventa la patria adottiva: aderisce al sodalizio degli artisti locali e intanto si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Cresce. E l’occasione arriva: <Matteo Campitelli, presidente del gruppo, mi presentò in Fiera per realizzare alcuni pannelli pubblicitari. Opportunità straordinaria per dimostrare le mie capacità».

La prima vita di Battistella coincide con il mare spazzato dalla bora davanti a piazza Unità d’Italia: la compagnia di navigazione Lloyd Triestino gli commissiona una serie di manifesti, da esporre nelle vetrine. E’ fatta, il giovanotto talentuoso sale a bordo. Nella primavera del 1950 realizza per la veneziana Adriatica <due bozzetti pieni di colore per le crociere invernali nel Mediterraneo orientale>. La fantasia e il suo sguardo divertito hanno campo libero. <A quei tempi tutto veniva eseguito a mano. Unici strumenti di lavoro erano la matita, la carta, il tiralinee, i pennelli e i colori a tempera. Prima si creava un bozzettaccio in formato A4, soltanto per dare un’idea ai committenti di quello che si voleva realizzare, corredato da due o tre progetti scritti>. Il resto era arte allo stato puro. I suoi cartelloni hanno un marchio di fabbrica: personalissimo e inconfondibile, tanto da attirare l’attenzione della critica straniera. Finisce così su pubblicazioni prestigiose come il Modern Publicity e l’International Poster Annual, il meglio dell’editoria specializzata.
La sua idea è raccontare alla gente il viaggio per mare alla portata di molti se non di tutti, tra il 1950 e la prima metà degli anni ’60. E’ l’ultimo periodo aureo, il colpo di coda delle compagnie storiche. Tanta acqua era passata sotto i ponti. Alla fine dell’Ottocento la traversata sui piroscafi – soprattutto per i poveri emigranti – era un percorso di incognite e disperazione. Ma anche per i ricchi non si trattava di una passeggiata. Finché, a cavallo del 1930, si consolida il concetto che il trasporto dei passeggeri poteva rappresentare un business totalmente differente rispetto al passato. Basato su due cardini: la comodità, il lusso. Ovvero transatlantici ad alta tecnologia, record di velocità, arredi da grand hotel galleggiante, servizio a cinque stelle, cabine first class con bagno da sogno e veranda vista mare, chaise longue, piscina e campo da tennis sul ponte. Niente come il messaggio pubblicitario esalta questi elementi glamour, sottolineando l’esclusività della proposta. E come spesso accade l’arte si mette al servizio del mercato.

I cartellonisti più ricercati hanno cognomi famosi: Riccobaldi, Craffonara, Patrone, Minonzio, Rossignoli, Bianchi. E, capitanato da Marcello Dudovich, un manipolo di matite triestine come Orell, Klodich, Cambon, Quaiatti, Sigon, l’oriundo Lenhart. Angelo Battistella si impone in mezzo a loro come maestro riconosciuto per estro, gusto e creatività. Con un tratto soave e sorridente, tra elefanti e giraffe da cartone animato, piramidi e colonne greche che sovrastano navi stilizzate piccole piccole – quasi un trascurabile particolare nel quadro d’insieme – evoca il fascino di Nord e Sud America, l’Australia lontana, l’Africa maculata, l’Oriente misterioso delle donne velate. Sa trasmettere l’attrazione per l’esotismo. Manifesti, brossure, depliant, menù, calendari acquerellati (alla maniera di Hugo Pratt) descrivono scorci e panorami, moderni saloni da ballo con l’orchestra, cuochi stellati, interni firmati da designer e architetti di grido, radiche, marmi, legni pregiati, vetri Lalique. Tutto però finisce: la grande bellezza rientra in porto, nel tramonto dettato dall’avanzare del trasporto aereo. Ed è allora che Battistella percorre la sua seconda vita.
Stavolta l’avventura parte da Venezia, dove il profumiere Angelo Vidal aveva aperto nel 1900 un piccolo laboratorio. L’azienda sfonda e si allarga, tanto da diventare negli anni ’30 un grande stabilimento disposto su un’area di 19mila metri quadrati a Marghera con centinaia di lavoranti, soprattutto donne. Il boom economico moltiplica il volume degli affari. I prodotti sono conosciuti ma è necessario crescere per essere concorrenziali sul mercato: se la pubblicità è l’anima del commercio, c’è bisogno di un eccellente comunicatore. Lui. <Ho mescolato i bidoni dei saponi anch’io>, racconta Battistella. <L’entrata era da via Pila, successivamente spostata in via Fratelli Bandiera. C’era un cancello di ferro, davo un colpo di clacson e sbucava il portiere in divisa militaresca: era stato un motociclista della scorta di Mussolini. Quando passavi ti salutava mettendosi sull’attenti>.

Il lampo di genio è una campagna a due punte che porta il marchio Vidal nelle case degli italiani. Innanzitutto la forma della confezione dell’acqua di colonia, del dopobarba e del talco: una pigna di vetro che racchiude l’essenza Pino Silvestre. <Me ne sono occupato per 25 anni. Inventai quella boccetta perché in origine il profumo veniva presentato in un packaging anonimo: visto il grande successo ottenuto grazie alla bontà del prodotto, proposi alla società di creare una confezione che richiamasse il contenuto stesso. Così progettai sulla carta la nuova boccetta che sarebbe stata realizzata in serie dalla vetreria industriale Bormioli di Parma». E’ l’uovo di Colombo, resistente e impermeabile al passare del tempo malgrado i cambi di proprietà: la confezione del bagnoschiuma-pigna, realizzata in plastica dura, è ancora vincente oggi nei negozi. Merito anche dell’altra idea meravigliosa: abbinare l’essenza all’immagine di un cavallo bianco – un purosangue andaluso – che galoppa libero sulla spiaggia, in un sentiero di campagna o lungo il greto del fiume. Una corsa sfrenata, criniera al vento, sulla musica travolgente di Aces High del compositore Keith Papworth. Quel carosello sceneggiato da Battistella è rimasto scolpito nella memoria di una generazione. <Lo spot televisivo fu davvero un bel colpo, trasmetteva forza e vigore puntando sulla prorompente vitalità del cavallo. Lo slogan sulla scatola era: il fresco aroma di bosco che dissolve la stanchezza. E’ rimasta una pubblicità simbolo. Ne custodisco le immagini e l’audio, recuperato da un vecchio vinile che l’azienda regalava ai clienti. L’ho digitalizzato su un file Mp3 perché non andasse perduto>. Da lì la sua nuova carriera pubblicitaria prende il volo. Il maestro non accetta di rimanere indietro, molla il pennello e impugna il mouse, passa le notti incollato al monitor per capire come funziona il Mac Pro. Finché atterra felicemente sul logo delle assicurazioni Generali e la birra Dreher, il pinguino Zanussi con la sciarpa e la lavatrice Zoppas, la China Gianolla, i volantini Coop e tanto ancora.

E poi c’è la terza vita, che a ben guardare è forse la prima. Battistella ha una famiglia numerosa ma il motore di tutto è una donna: si chiama Novella, la moglie bellissima che è stata compagna di vita, lavoro e giochi. Morta nell’87 per un male incurabile. Alcuni mesi prima, lei e Angelo avevano cominciato una storia appassionante quanto incredibile: creare l’universo in una stanza, perfetto nelle misure e nelle proporzioni, 87 volte più piccolo della realtà e in cui anche il tempo è un tempo piccolo. Questo mondo parallelo fantastico fatto in casa è una ferrovia dei pionieri americani chiamata Tall Pine. Un modello fatto in scala con straordinaria precisione: treni, binari, stazioni, ponti, operai, minatori, carbone, fumo, alberi, montagne, luci, gallerie. <Buttata giù una parete e ricavato lo spazio che serviva, portati in casa assi di abete già piallati, presi avvitatori, sega elettrica, cartoncino, nastro da elettricisti e centinaia di tondini di legno, filo di ferro e fogliame, ho costruito pini alti 30 centimetri. Uguali a quelli veri di fiabesca eleganza. Dopo qualche settimana eravamo pronti a partire: io e Novella abbiamo brindato con il berretto da macchinista in testa>. Ma la felicità del sogno realizzato è durata un attimo. <A marzo dell’anno dopo il vagone più importante, lei, si staccò per sempre, affidando alla creatura in miniatura il difficile compito di tenermi compagnia: dovete continuare senza di me, fu la sua frase. Da allora Tall Pine ha fatto il possibile per consolarmi e ogni mattina quando entro in quella stanza mi abbraccia. Continua a mantenere la sua promessa>.

La piccola grande ferrovia è un atto di precisione e d’amore sconfinato. Perché iI viaggio di Angelo e Novella, insieme, non si è mai interrotto. Le locomotive, le stazioni, i ponti si chiamano come i figli Davide e Barbara, come i cinque nipoti Margherita detta Margie, Angelo junior, Novella junior, Francesca e Nicoletta, come i tre pronipoti Marta, Lorenzo, Luigi. <Quando arriviamo nei pressi della Novella Station mia moglie si commuove. Sulla facciata sono visibili i cartelli con il suo nome. Le sussurro: cara, devi sapere che adesso c’è un’altra Novella, tua nipote, figlia di Barbara, e anche lei è arrivata dopo la tua partenza>. Se il favoloso mondo di Tall Pine vive, se i manifesti delle navi bianche vivono, se la fragranza del profumo vive, se il cavallo bianco vive, se l’arte e l’emozione vivono, se Angelo Battistella vive è perché Novella vive dentro di lui. E tutto vivrà per sempre.
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