“The Art of Living is the Art of Giving” è il mantra di Maria Manetti Shrem che, insieme al marito Jan Shrem, nel corso delle sue attività benefiche ha dato sostegno a più di 40 istituzioni in tutto il mondo. Amare, dare, donare: questa la ricetta che i due imprenditori e filantropi hanno scelto per le loro vite.
Un impegno che negli anni hanno esteso al campo della cultura, dell’istruzione e della sanità. Oltre a importanti centri di ricerca medico-ospedaliera (UCSF-neurologia e ortopedia, CPMC-cardiologia, Ospedale Pediatrico Meyer), i coniugi hanno sostenuto realtà museali come il Metropolitan Opera House di New York, la UC Davis, l’Opera e il il MoMA di San Francisco, la Royal Drawing School di Londra, il Festival Napa Valley e numerose iniziative e progetti a Firenze, città di natale di Maria, tra cui Il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, la Fondazione Andrea Bocelli e la Fondazione Palazzo Strozzi.
Un’attenzione particolare, dunque, anche al mondo dell’arte. Interesse che si è concretizzato anche nell’acquisto di diverse opere e nella creazione di una vasta collezione. Di essa fanno parte le opere dei grandi maestri del Novecento, ma anche di artisti contemporanei che i coniugi Shrem hanno avuto modo di conoscere personalmente. Tra questi Marc Quinn, Richard Long, Mimmo Paladino, Not Vital, Jeff Koons e Olafur Eliasson. Una passione che li ha accompagnati a lungo, ma che oggi sembra avere mutato forma. “Il compito più importante nella mia vita, oggigiorno, è quello di motivare i giovani, di sostenere sia i talenti che i più bisognosi” ci racconta Maria Manetti, che per sottolinearne l’urgenza aggiunge la volontà di farlo con “mani calde e non con mani fredde dopo il trapasso”.
Ecco, dunque, che Sotheby’s raccoglie l’iniziativa degli Shrem e inserisce 17 loro opere nelle aste newyorkesi del prossimo maggio. Il ricavato, ovviamente, sarà devoluto in beneficenza. Tra i pezzi che brillano in catalogo c’è indubbiamente Femme nue couchée jouant avec un chat di Pablo Picasso. Realizzato nel 1964, il dipinto raffigura Jacqueline Roque, seconda moglie (e musa) del pittore. Picasso dipinge la compagna tante, tantissime volte, fin dal loro primo incontro avvenuto nel 1954. Ogni volta si sforza di trovare una soluzione o uno spunto differente. Non si lascia quindi sfuggire l’occasione di ritrarla in compagnia di un gatto nero, trovato una mattina del 1964 nel giardino della loro casa a Mougins, ispirandosi liberamente alla meravigliosa e scandalosa Olympia di Edouard Manet. Saranno dieci, alla fine, i dipinti di nudo realizzati a Jacqueline insieme all’animale. Di questi solo tre sono ancora in mani private; uno è quello ora proposto in asta da Sotheby’s il 16 maggio con la stima di 18-25 milioni di dollari, a quasi quarant’anni dall’ultimo passaggio in asta di un’opera della serie.
Di un rapporto a due, questa volta d’amicizia, parla anche Concetto Spaziale, Attese di Lucio Fontana. Il blu della tela, eseguita nell’ultimo anno di vita di Fontana (1968), è una dedica dell’artista all’amico e collega Yves Klein, che del blu ha fatto il suo marchio di fabbrica. I due si conobbero in occasione della prima mostra personale di Klein nel 1957, dove Fontana rimase affascinato dai suoi monocromi blu. Il suo blu: l’International Klein Blue (IKB). E ne acquistò uno. In seguito, i due rimasero in contatto e si incontrarono spesso durante i rispettivi viaggi. Entrambi realizzavano opere minimali dall’afflato mistico. Fontana con i suoi Tagli – serie a cui questo Concetto Spaziale stimato 1,8-2,5 milioni di dollari appartiene – in particolare voleva superare il confine tra pittura e scultura, oltrepassando gli usuali confini dimensionali.
Campo d’indagine simile a quello di Bruce Nauman, che però lavorò soprattutto tramite performance e installazioni. La sua idea era di creare una “architettura dell’esperienza”, in cui produrre ambienti ideati appositamente per sconvolgere e disorientare il visitatore. Una delle maggiori manifestazioni di questo concetto è Green Passage with Four Corridors del 1984, che presenta una serie di ostacoli non percorribili (sotto forma di tavoli, sedie e altri oggetti domestici di uso comune) e vicoli ciechi inondati di luce fluorescente, che insieme creano un ambiente onirico, familiare e al tempo stesso alieno e disorientante. Sotheby’s propone uno studio su larga scala dell’opera, stimato 250-300 mila dollari. Un pezzo molto raro, considerando che negli ultimi dieci anni sono state offerti solo due studi di questa dimensione.
La particolare firma sulla collezione Shrem la pone infine Odilon Redon con il suo Pégase. Il Pegaso è stato per molti anni l’emblema dell’azienda vinicola degli Shrem nella Napa Valley, la Clos Pegase Winery. E allo stesso tempo è anche un tema ricorrente nell’opera di Redon. É simbolo di libertà e di creatività, due elementi che Jan e Maria hanno sempre coltivato e cercato di stimolare in se stessi e in chi gli stava attorno. E ancora non hanno smesso di farlo.