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Le mani sull’arte

Analisi della 'moda' del momento: lanciare sostanze contro quadri famosi per ribadire l’urgenza della crisi climatica

Angelo PerronebyAngelo Perrone
Le mani sull’arte

A handout photo made available by the 'Just Stop Oil' climate activism group of two protesters who threw Heinz Tomato soup at Vincent Van Gogh's 1888 painting 'Sunflowers' at the National Gallery in London, 14 October 2022 ANSA/EPA/JUST STOP OIL

Time: 3 mins read

Van Gogh è salvo e torna al Palazzo Bonaparte di Roma. Non è rimasto danneggiato il quadro “Il seminatore” che, nei giorni scorsi, quattro attiviste del movimento ecologista Ultima generazione, costola italiana di Extinction Rebellion, hanno imbrattato con una zuppa di piselli. Il vetro applicato sul dipinto lo ha protetto. Le ragazze, dopo aver lanciato la sostanza, si erano incollate alla parete urlando slogan contro l’uso del carbone e sul cambiamento climatico. Erano già note, saranno denunciate.

L’azione è stata solo l’ultima di una serie di blitz analoghi, accomunati dal metodo. Lanciare sostanze contro quadri famosi od altre opere, per ribadire l’urgenza della crisi climatica. Diversi episodi recenti hanno richiamato l’attenzione.

Si è cominciato a Londra, il 14 ottobre, prendendo di mira lo sfortunato Van Gogh. Due attivisti del movimento Just Stop Oil hanno lanciato barattoli di pomodoro sul notissimo “I girasoli”. Il 24 successivo, militanti dello stesso movimento hanno gettato una fetta di torta contro la statua di re Carlo d’Inghilterra al museo Madame Tussauds di Londra, chiedendo al governo di sospendere le licenze per l’estrazione di gas e petrolio. Poi le azioni si sono spostate in Germania dove, il 25 ottobre, ragazzi di Ultima generazione hanno imbrattato, con purè di patate, un quadro di Monet esposto al museo di Postdam.

Le proteste si sono intensificate in vista della Cop27, la 27esima conferenza Onu sul clima in corso a Sharm el-Sheikh (Egitto), che vede la partecipazione di circa 90 capi di Stato e governo. Un momento molto atteso per rilanciare politiche di contrasto al cambiamento climatico, ma dall’esito deludente. Pesano i ritardi accumulati dai paesi ricchi e le arretratezze di alcune economie mondiali, Cina e India in testa. È toccato al segretario generale Guterrez porre l’accento sulle condizioni drammatiche del pianeta: «Siamo su un’autostrada per l’inferno climatico, servirebbe un patto tra economie sviluppate ed emergenti per evitare il suicidio collettivo».

Il grande palcoscenico mondiale è la rappresentazione di contraddizioni, inerzie e negligenze. Il tema spinosissimo delle perdite economiche e dei danni ambientali frena intenzioni e proclami. L’aumento delle proteste da parte delle associazioni ambientaliste è conseguenza della superficialità con la quale la politica si occupa della questione climatica, ammesso che lo faccia, e non finga o ne contesti il fondamento, come fanno scettici, diffidenti, avversari.

Si comprende come possa maturare, nei giovani insofferenti ad astuzie o compromessi, la tentazione di gesti estremi, quali il danneggiamento delle opere d’arte. Se l’importanza di una presa di posizione è lodevole, tutt’altro discorso merita il modo in cui questi giovani pensano di condurre le loro battaglie sacrosante.

Costoro sono passati per pazzi invasati, senza rispetto per l’arte. Anche l’opinione pubblica più preoccupata è rimasta sconcertata. Si è ritenuto controproducente politicamente e mediaticamente che ci si accanisca contro opere d’arte. La reazione comune è stato il senso di indignazione per gesti iconoclasti, e strumentali. La protesta non è rivolta verso le cause del disastro ambientale, come un’infrastruttura per l’estrazione del gas.

Un quadro però non è simbolo della crisi. L’arte è altro, e in fondo proprio questa diversità ha spinto gli attivisti a colpirla. Non avrebbe avuto analoga risonanza una manifestazione presso una raffineria. Così le azioni sono apparse provocatorie, hanno teatralizzato il tema, rendendolo ridicolo e giullaresco. Il risultato è stato banalizzare e distorcere il messaggio, alimentando la disaffezione, equiparando impropriamente l’ambientalismo al vandalismo, così frequente nelle nostre città.

Non è stato però solo un errore di comunicazione, anche di prospettiva. «In un futuro dove faticheremo a trovare da mangiare, come possiamo pensare che l’arte sarà tutelata?”, si legge in un post di Ultima Generazione a commento dell’azione contro “Il Seminatore”. La dichiarazione riecheggia quella delle attiviste di Londra che imbrattarono l’altro Van Gogh: «Cosa vale di più, tra l’arte e la vita?», se tra 50 o 100 anni non ci sarà più un pianeta dove creare arte e ammirarla?

Una domanda ingenua che pone male il problema: la natura è posta in contraddizione con l’arte. La messa in scena contro un quadro allontana dalla realtà e dalla ragionevolezza. L’arte è narratrice della storia e dell’esistenza di chi ci ha preceduto, è amica della vita, sua preziosa alleata. Non può diventare vittima come lo è il clima, oggetto di sfruttamento per lanciare messaggi.

L’urlo contro il silenzio può servire a rompere gli indugi, a spezzare l’incanto della normalità apparente. Non deve diventare scomposto e fuorviante, tanto da negare l’essenza della presenza umana sulla terra.

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Angelo Perrone

Angelo Perrone

Angelo Perrone è giurista e scrittore. È stato pubblico ministero e giudice. Si interessa di diritto penale, politiche per la giustizia, tematiche di democrazia liberale: diritti, libertà, diseguaglianze, forme di rappresentanza e partecipazione.Svolge studi e ricerche. Cura percorsi di formazione professionale. È autore di pubblicazioni, monografie, articoli. Scrive di attualità, temi sociali, argomenti culturali. Ha fondato e dirige “Pagine letterarie”, rivista on line di cultura, arte, fotografia. a.perrone@tin.it

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