La 59esima Biennale d’Arte di Venezia quest’anno ha riaperto i battenti dopo una sosta di tre anni a causa del Covid-19. Sin dal 1895, solo con l’avvento della prima e seconda guerra mondiale la Biennale era rimasta chiusa. A sottolinearne il valore è il Presidente della Biennale, Roberto Cicutto, che ha definito l’ultracentenaria esposizione come “l’istituzione in cui i popoli si incontrano attraverso le arti e la cultura”.
La curatrice della Biennale, Cecilia Alemani, nell’impostare la tematiche di questa esposizione si è posta il quesito: ‘Come sta cambiando la definizione di umano? ’. Una domanda che ha attraversato tutti i settori dell’esposizione. L’interrogativo ha trovato ispirazione nelle opere di un’artista surrealista degli inizi dello secolo scorso: Leonora Carrington, autrice del libro Il Latte dei Sogni. Lo stesso titolo utilizzato da Alemani per titolare la rassegna d’arte del 2022.
Tutta l’esposizione è influenzata dalle opere della Carrington, che nell’omonimo libro di favole re-inventa un mondo con il prisma della immaginazione: corpi umani in trasformazione dove viene a cadere la barriera tra l’umano e l’animale e il tutto si trasforma in un mondo surreale.
Un’espressione artistica, quella di Carrington, che viene ripresa come metafora dei nostri tempi in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata dai tanti eventi non controllabili dall’uomo, e il migliore adattamento è il con-fondersi con tutto ciò che ci circonda.
A testimonianza di ciò, le opere che popolano questa esposizione testimoniano le possibili metamorfosi dei corpi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra. Alle numerose creature ibride che simboleggiano i messaggi degli artisti è chiesto di raccontare la storia tra il bene e il male in un viaggio popolato da nuove alleanze fra esseri diversi, alcuni prodotti da macchine, altri prodotti della terra.
Le tematiche su cui la esposizione si concentra sono tre: la rappresentazione dei corpi e la sua metamorfosi, la relazione tra gli individui e le tecnologie, i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra; la fine della centralità dell’uomo. Particolare enfasi viene riservata a un ipotetico mondo post-antropocentrico dove l’uomo dovrà trovare dei compromessi e delle alleanze con nuovi mondi e specie diverse, ibridi e molteplici come appunto le creature di Carrington.
Oggi più che mai si contrappongono opinioni divergenti sul futuro e destino dell’essere umano: c’è chi ha una visione positiva del contributo tecnologico verso il perfezionamento del corpo umano attraverso la scienza, opinione contrapposta a chi invece ha timore che la scienza possa prendere il controllo sull’umano.
Questa contrapposizione è ben evidenziata nelle opere degli artisti, le cui opere ci ricordano che non siamo invincibili, né autosufficienti. Siamo piuttosto parte di un sistema dipendete verso le altre forme di vita o non vita dell’ambiente in cui viviamo. Questa posizione degli artisti segna la fine della superiorità dell’uomo e della sua capacità razionale per celebrare invece un nuovo rapporto di relazione tra umano e non umano e la Terra.
La nascita del “re-incantesimo del mondo”, come descritto dalla filosofa Silvia Federici: “Ricollegare ciò che il capitalismo ha diviso, il nostro rapporto con la natura, con gli altri e con i nostri corpi, consentendoci di non sfuggire alla trazione gravitazionale del capitalismo ma di trovare un senso di integrità nelle nostre vite”.
Il Latte dei Sogni include più di 200 artisti provenienti da 58 nazioni. L’esposizione è suddivisa in capsule tematiche:
“La Culla della Strega”, prima capsula, ci informa di pitture e sculture di artiste delle avanguardie storiche surrealiste (inizi dello scorso secolo) fra cui Leonora Carrington, Eileen Agar, Claude Cahun, per citarne alcune. Nei loro lavori domina il meraviglioso, dove l’anatomia umana viene trasfigurata attraverso processi di metamorfosi in base ai desideri di emancipazione femminile. Gli stessi temi saranno ripresi dagli artisti degli anni sessanta quali: Aneta Grzeszykowska, Julia Phillips, nelle loro opere l’umano si combina con l’artificiale, per sottolineare una possibile reinvenzione del sé.
I rapporti tra esseri umani e macchine vengono invece realizzati nelle creazioni artistiche di Agnes Denes, Lillian Schwartz e Ulla Wiggen nella capsula “Tecnologie dell’Incanto”.
Le relazioni tra corpo e linguaggio è al centro della capsula “Corpo Orbita”, attraverso la scrittura visiva e poesie di Mirella Bentivoglio, Tommaso Binga, Ilse Garnier e altri. Opere dove le scritture che spaziano dagli arazzi di Gisele Prassinos alle micrografie di Unica Zurn narrano la storia, la vita degli esseri umani. Che la tecnologia abbia il potere di influenzare il linguaggio è testimoniato dai lavori di artiste contemporanee come Bronwun Katz ed Amy Sillman.
La mostra si snocciola lungo il grande percorso del suggestivo scenario dell’Arsenale, dove l’ampio spazio permette la esposizione di grandi opere senza limite all’immaginario degli artisti.
È qui che l’artista Belkis Ayon, attraverso una rilettura della tradizioni afrocubane, inscena una comunità matriarcale. Ed è sempre l’Arsenale ad ospitare le enormi tele di Ghebreyesus che testimoniano l’intreccio tra storia, sogno e religione: nuovi rapporti con la natura, nuove ipotesi di convivenza con l’ambiente, fino alla comunione totale con la natura riscoperta delle tradizioni millenarie che si sovrappongono a nuovi idee ecologiste.
La quarta capsula, “Una foglia, una zucca, un guscio, una rete, una borsa a tracolla, una bisaccia, una bottiglia, una pentola, una scatola, un contenitore”, è ispirata all’autrice di fantascienza, Ursula K. Le Guin, che immagina la nascita della civiltà determinata dall’invenzione degli oggetti di necessità utili al sostentamento piuttosto che dalla invenzione delle armi. Sulla base di questa assunzione le artiste hanno dato vita rappresentazioni di borse, contenitori, recipienti, ma anche a celle di isolamento nel sotterraneo come luoghi di meditazione, ad opera di Saodat Ismailova, oppure il labirinto sotterraneo della colombiana Delcy Morelos.
“La seduzione del Cyborg” è invece il tiolo della quinta e ultima capsula e prende ispirazione dai concetti della filosofa Donna Haraway che vede nella tecnologia e nella cibernetica una occasione di unione fra il povero e il ricco e/o fra i tanti mondi che sembrano vivere agli opposti. In questa sezione si sono espressi artisti attraverso la creazione di svariate combinazioni fra l’umano e l’artificiale.
Tutto nel pianeta è nell’incertezza, sembra informarci la Biennale 2022; l’essere umano è attraversato da un senso di profonda instabilità e da estremi, elementi con cui dobbiamo conciliarci. ‘Il latte dei sogni’ ci invia dunque a re-immaginare nuove forme di convivenza e
le possibili infinite trasformazioni dell’essere umano. “La biennale rappresenta tutto ciò che di cui ci siamo dolorosamente privati in questi ultimi anni a causa del Covid-19: la libertà di incontrarsi con le persone, la possibilità di viaggiare, la gioia di stare insieme, la pratica della differenza, della tradizione, delle incomprensione e quella della comunicazione” ha sintetizzato la curatrice Cecilia Alemani.