Centinaia di scatoloni accatastati su 32 bancali. Dentro, un tesoro di ventimila volumi che torna alla luce dopo lustri di oblio. “Se voglio divertirmi leggo Hegel, se voglio impegnarmi leggo Corto Maltese”, scriveva Umberto Eco, che di libri nella sua vita ne aveva accumulati una montagna. Una montagna incantata.
Lo stesso è accaduto a Hugo Pratt, scomparso a 68 anni solo all’anagrafe: l’amore dei lettori per lui e per Corto Maltese l’ha consegnato all’immortalità. Ultimato il meticoloso inventario che aveva classificato – preservandoli intatti – i rapporti di vicinato e le affinità elettive tra libro e libro, si erano perse le tracce della sua biblioteca di Babele.
Una meraviglia di carta che campeggiava nella villa di Grandvaux affacciata sul lago di Ginevra. Finché oggi è riemersa nelle sale del Villars Palace, edificio metà hotel e metà centro culturale a Villars-sur-Ollon, poco lontano da Losanna.
“È stata dura ma ce l’abbiamo fatta”, spiega Patrizia Zanotti. La giovane signora nata nel 1962 a Buenos Aires, sposata con un dentista che ha mollato tutto per fare lo scrittore globetrotter nel nome del Maltese, due figlie di 25 e 19 anni, dal ’79 al ’95 è stata a fianco di un uomo eccezionale. Fino alla fine. Ha colorato le tavole di Pratt, ne è diventata la manager, ha fondato con lui la casa editrice Lizard e dirige la Cong, società che gestisce i diritti e promuove il patrimonio artistico del mago veneziano. La dedica di Avevo un appuntamento è per lei: “a Patrizia Zanotti, il miglior compagno di viaggio”.
Perché la biblioteca è così importante?
È la sintesi di due mondi immaginari: quello di Hugo e quello dei suoi aficionados. Il distillato da cui sono nati Corto e gli altri personaggi, il labirinto della memoria, un sogno a occhi aperti in cui abbandonarsi e perdersi. In quei volumi c’è lo spazio infinito delle emozioni e delle suggestioni, il cammino di formazione, la fonte di ogni ispirazione riversata nel prodigio dell’opera grafica.
Pratt era un collezionista di libri?
No, non andava a caccia di rarità e prime edizioni. I libri lui li leggeva e li viveva, che fossero l’Enciclopedia Britannica o un romanzo tascabile. Erano gli incontri su cui costruire connessioni, immagini, dialoghi.
Con quale criterio avete sistemato la biblioteca?
Cercando di seguire le sue scelte, il filo della sua mente. Per niente facile mettere insieme il l’Africa coloniale e gli indiani d’America, i Mari del Sud e la Bretagna, i grandi scrittori inglesi e i maestri del fumetto da Milton Caniff a Oesterheld. E poi le enciclopedie, i reportage di guerra, le uniformi, i miti, le leggende e l’esoterismo: la ricerca del Graal accanto alla Rosa alchemica. Un universo meraviglioso a disposizione di biografi, studenti, lettori vecchi e nuovi.
I nuovi lettori: è possibile spiegare Corto Maltese ai ragazzi di oggi?
Corto si legge e basta, com’è capitato a me: non serve altro. La filosofia di vita è attualissima. Lo segui nel racconto perché Corto suggerisce senza salire in cattedra: è ironico, divertente, irresistibile.
È anche ringiovanito.
Quenehen e Vivès, due autori francesi, hanno creato Oceano nero: una storia in cui Corto è un giovanotto con la bandana, che fa il bagno nudo in alto mare baciando un’amica bionda. Si ritrova alle prese con la mafia cinese e i narcos peruviani sullo sfondo dell’attentato alle Torri gemelle. Un prequel ma ambientato nel futuro. Ai ragazzi è piaciuto.
Anche lei era una ragazza quando ha conosciuto Pratt. Come andò?
Mio padre, emigrato in Argentina, ha incontrato lì mia madre che era di Mar del Plata. Tornati in Italia, hanno aperto un locale di cucina argentina sui Navigli. Io studiavo al liceo artistico a Milano. Finché una mattina, uscita da scuola, mi sono fermata nel ristorante dove stava mangiando quell’ospite celebre.
Pratt conosceva bene l’Argentina.
Il regista Stefano Knuchel ha raccontato gli anni trascorsi a Buenos Aires dal ’49 al ’62. Era un gruppo di amici veneziani sbarcati oltre oceano per disegnare e sceneggiare fumetti, passando da una festa all’altra. Il film con la voce narrante di Giancarlo Giannini è stato proiettato lo scorso settembre al Festival di Venezia.
Lei sapeva chi era Pratt?
Ah no. Mia madre mi fece fare una figura imbarazzante. Mi trascinò al tavolo e disse: questa è mia figlia, è brava, adesso le mostra i suoi disegni.
E poi?
Lui era con Giuliano Giovetti, amico illustratore di Spilamberto che faceva vignette per la Gazzetta dello Sport. Hugo guardò i fogli e non disse nulla. La domenica però venne a pranzo da noi e mi portò Una ballata del mare salato, la prima avventura del Maltese. Un compito a casa, anche se non l’avevo capito.
Finì lì?
Qualche giorno dopo andai nel suo studio, mi affibbiò dei libri illustrati con stemmi e divise militari. Spiegò: studia e impara, colorerai la storia di uno dei miei personaggi, ora parto e ci vedremo al mio ritorno.
Aveva mai letto le sue storie?
Nulla. Lui aveva 52 anni, io 17 e zero esperienza. Il mio fumetto preferito era Diabolik: mi piaceva Eva Kant.
L’incontro con Corto?
Sono entrata in un altro mondo. Ho desiderato essere Pandora con la ghirlanda di fiori al collo. Mi sono innamorata del tenente di vascello Slutter, che muore da eroe in nome dell’ideale.
E intanto Pratt?
Sparito per due mesi. Ho consegnato le tavole senza avere la minima idea se andassero bene: era il terzo episodio degli Scorpioni del deserto, protagonista il capitano polacco Koinsky. Poi è riapparso. Mi ha detto: prepara una valigetta, vieni con me a Parigi a lavorare. Mio padre voleva che finissi il liceo ma ho fatto di testa mia.
Cominciava l’avventura?
Hugo incarnava l’avventura. Capitava di fare la strada in macchina da Losanna a Venezia e non si arrivava mai. C’era sempre una deviazione: andiamo a vedere il tal posto, sai che qui attorno abita una certa persona, da queste parti fanno un piatto che non mangi in nessun altro luogo.
Il viaggio più bello?
Quello nei Mari del Sud. Hugo ha ripercorso le sue memorie letterarie e cinematografiche, i luoghi e i personaggi della formazione. Conrad, London, Melville, i colossi di pietra sull’Isola di Pasqua, il relitto dello Yankee a Rarotonga, la tomba di Stevenson, l’ancora del Bounty. Siamo stati a Pago Pago sulle tracce di Rain, tra Somerset Maugham e Rita Hayworth. Del villaggio scrisse: è bruttino, banale e non piove nemmeno. Aveva gli occhi dell’immaginazione e della realtà.
I personaggi di Pratt hanno spesso un libro in mano. La biblioteca è l’eco dei suoi viaggi?
Ogni pagina è stata una scoperta. Numeri di telefono, indirizzi, dediche, appunti, poesie, sottolineature, frasi, annotazioni, schizzi. Sfogliando i libri pare di vederlo alla scrivania: essere lì mentre disegnava era un’esperienza straordinaria. Stupivano la semplicità e la naturalezza del tratto, sia che usasse la matita o il pennello. L’inchiostrazione era uno spettacolo, gli acquerelli puro incantamento. Era velocissimo, un talento perfezionato in Argentina dove veniva pagato a vignetta e ha prodotto una quantità impressionante di storie.
Qual era il suo modo di lavorare?
Recitava davanti a un pubblico invisibile. Era coltissimo e aveva una memoria formidabile. Si divertiva a disegnare e ascoltare musica, accendeva la radio, faceva telefonate chilometriche e intanto scriveva i dialoghi. Riceveva montagne di posta da lettori sconosciuti e se il mittente aveva lasciato il numero lo richiamava. Gli piaceva affascinare e sorprendere gli amici che venivano a trovarlo: si finiva con feste, chitarra e canzoni.
Corto Maltese è stato l’alter ego perfetto di Pratt.
Erano sovrapponibili. Liberi, indipendenti, curiosi. All’inseguimento di un sogno. A loro agio in ogni luogo e in ogni avventura.
E le donne?
Hugo ha avuto due mogli, tante compagne e quattro figli. Ma non era un conquistatore: era interessato alle persone. Corto lo stesso. E’ romantico, nostalgico, ha in mente una figura femminile immanente che definisce con tre lettere: lei.
Ma in questo momento dov’è Corto?
A bordo di un veliero davanti ai fornelli.
Spieghi meglio.
Hugo e il suo amico Michel Pierre si erano divertiti a mettere nero su bianco le ricette dei cibi che il marinaio assaporava nelle sue storie. E’ nato così Cucinare con Corto Maltese fra sapori del Pacifico, spezie antillane, granchi gratinati, spezzatino di caribù, pollo alla messicana, zampe di dromedario in salsa vinagrette e così via. La prefazione è di Massimo Bottura, otto chef propongono altrettanti piatti esotici o mediterranei e in cambusa trovi i navigatori solitari capitanati da Giovanni Soldini.
Corto Maltese è stato l’alter ego perfetto di Pratt.
Erano sovrapponibili. Liberi, indipendenti, curiosi. All’inseguimento di un sogno. A loro agio in ogni luogo e in ogni tempo.
C’è una storia che Hugo non ha fatto in tempo a disegnare?
Il ritorno di Corto a Venezia, alle prese con un computer Ibm e un gorilla. La modernità e il primate. Ha lasciato alcuni bozzetti, un inizio: lui, sua madre e le donne dei campielli.
Come vedrebbe questo mondo?
Ha raccontato vite di pirati, cannibali, disertori, stregoni, signori della guerra con il senso dell’onore. Avrebbe detestato i conflitti sporchi di oggi.