Da “Chi vespa mangia le mele” a Justin Bieber. Il cantautore pop canadese firma personalmente con “Vespa Sprint”, l’ultimo modello dello scooter più famoso del mondo, e lo fa all’insegna del bianco: sella, manopole, raggi e cerchioni.

La vespa ci tiene a restare in forma e guarda con l’icona pop al target dei giovanissimi. Non è la prima volta. Negli anni ’70 la popolare campagna pubblicitaria di Gilberto Filippetti lanciò un messaggio trasgressivo che rivoluzionò il linguaggio e conquistò intere generazioni di ragazzi. Il logo della mela divenne sinonimo di libertà e trasgressione quando la Apple di Steve Jobs era ancora molto più di un miraggio.

In Italia, si cominciò a dire “vespare” per indicare il giro fuori porta sulle due ruote, con chiare allusioni sessuali al frutto proibito, in America il gioco di parole riusciva peggio e si puntò a uno slogan più sobrio. “Forse la vostra seconda automobile non dovrebbe essere un’automobile” si diceva, ma la sostanza non cambiava. La rivoluzione su due ruote conquistava i divi del cinema, a partire da Gregory Peck e Audrey Hepburn in Vacanze romane, e plasmava il suo immaginario, diventando simbolo di leggerezza e libertà.
Stavolta a interpretare lo spirito del tempo tocca a Justin Bieber. L’operazione non è di poco conto. La vespa, si sa, è un long brand, valutato secondo un nuovo studio condotto da “Interbrand” 906 milioni di euro. È un simbolo mondiale grazie alla sua “perfetta combinazione di design, lifestyle e tradizione italiana”.
Che dire, ne ha fatta di strada da quel lontano 1946, quando l’imprenditore Enrico Piaggio e l’ingegnere Corradino D’Ascanio idearono quella seduta comoda tanto apprezzata anche dal pubblico femminile.

Al momento, negli USA, il mercato della vespa ha il suo zoccolo duro tra i 40enni, residenti soprattutto nella East e nella West Cost, ma anche al sud, in Florida soprattutto. Far scendere l’età anagrafica è il prossimo traguardo della casa di Pontedera. I segnali sono incoraggianti, fanno sapere dalla Piaggio.
Negli ultimi due anni la quota di mercato sul segmento scooter negli Stati Uniti si è consolidata oltre il 30%, se poi si guarda verso il Canada la quota sale marcatamente fino a sfiorare il 70%. Merito della pandemia? Anche.
Stare in sella alle due ruote evita gli assembramenti in metropolitana, permette un parcheggio agile in città dove il posto macchina è un’utopia e ha un costo di gestione sicuramente più basso di quello dell’auto. Senza contare che in alcuni stati, come in Florida, il 50 cc può essere guidato con la sola patente dell’auto, lo stesso a New York, purché la velocità non superi le 30 miglia orarie.

Il mercato americano rappresenta, insieme a quello europeo, un terzo del fatturato della casa madre. A farla da padrone al momento sono soprattutto due modelli, Primavera 150 e Gts Super 300, ma è dinamico anche il comparto moto, con Aprilia Rs 660 cc trionfa nel campionato Twins di Moto America, e Moto Guzzi che sta per lanciare un nuovo motore raffreddato liquido. Poi c’è la divisione di robotica con sede a Boston – la Piaggio Fast Forward – che ha messo in produzione dallo scorso settembre proprio per il mercato statunitense un nuovo robot portaoggetti – Gitamini – di cui si stanno valutando le applicazioni in ambito turistico e nelle consegne dell’ultimo miglio.
Insomma, il gruppo pare godere di ottima salute in America e nel mondo e il Covid non sembra affatto averla scalfito. Anzi.
“Il Gruppo Piaggio ha archiviato il primo trimestre del 2022 con risultati molto positivi a livello globale. I ricavi consolidati, l’Ebitda e l’utile netto hanno raggiunto i migliori valori di sempre nel periodo di riferimento”, dice il presidente del gruppo, Roberto Colaninno.

I numeri parlano chiaro. Il resoconto dell’azienda stima 119mila veicoli a due ruote venduti nel mondo con un aumento del 15,3% rispetto all’anno precedente e del 26% del fatturato.
Anche in America si è registrato un aumento del 25,8%, ma è l’Asia a guidare, con un +32,8%, la classifica della migliore performance. Non c’è da stupirsi, India e Vietnam rappresentano da sole un sesto del fatturato dell’azienda e per non guardare troppo lontano proprio di recente è stato annunciato per l’Indonesia un nuovo stabilimento a Jakarta su un’area di 55mila metri quadri.
Certo, il conflitto tra Russia e Ucraina e le sanzioni connesse all’aumento dei costi delle materie prime e delle energie che ne susseguono destano attenzione. Ma il gruppo fa sapere che l’estrema diversificazione geografica delle vendite e degli acquisti fa sì che l’esposizione nell’area del conflitto sia sostanzialmente nulla.
“Continuiamo a monitorare, attraverso un’attenta gestione dei costi, gli effetti causati dalla pandemia Covid, dalla pesante crisi tra Russia e Ucraina senza impatti sul nostro bilancio”, conclude Colaninno.