
Luca Serasini è un artista con i piedi ben saldi per terra, ma che sorvola spazi e luoghi con lo slancio e la velocità del dio greco Hermes. Certamente è con due piccole paia d’ali che osserva quella terra dalla quale è nato, cui è profondamente legato e che non abbandona mai, neanche quando focalizza nuove visioni o realizza i suoi lavori artistici. Nei quali si impone costante il suo legame tra cielo e terra, spesso scandito dal tempo di un’intuizione; costruito dentro un progetto elaborato; definito dal segno di una immagine semplice (Le Nuvole, 2020) e allo stesso tempo evocativa (Per Aspera ad Astra, 2020).

Con lo slancio e la velocità del dio greco, indaga il mondo che vive e quello cui anela; osserva pianeti e astri, ruba costellazioni per proiettarle su vallate incontaminate; telefona a satelliti sconosciuti per ascoltare storie e leggende di un tempo e di una verità che furono; nella polvere della terra di una corrida a Valencia domina tori col vigore di un gladiatore per poi avvilirsi nello squallore della consapevolezza del più forte che prevarica sul più debole; indaga il narcisismo di una società sempre più social e meno relazionale, tantomeno umana, osserva i mondi dei prepotenti, che hanno barattato la ragione e il sentimento con la bestialità più arcaica alla conquista di una civiltà involuta (Tori e Aquiloni); ritrae con sensibilità e rispetto i mondi degli invisibili presenti agli occhi di tutti, ai quali tutti, quei mondi sembrano non avere alcun valore né importanza (Gli Invisibili, 2015).

Il suo stile non possiede regole perché Serasini è uno sperimentatore. Resto sedotta dai suoi lavori di land art, sconfinati oceani campestri illuminati di costellazioni (Orione, il Grande Cacciatore, 2015; Pegaso,10 Storie, 10 Stelle, 2016; Come Iadi tra le Pleiadi, 2017); realizzati su spiagge effimere di terre lontane e assolate (Les Étoiles Binaire, Marocco, 2019), pronti ad essere cancellati da un’onda che non tornerà; ma anche maestosi e rassicuranti, in cui torri di raffreddamento geotermiche (Costellazioni/Larderello, 2018) si trasformano in “fari” accesi da immagini simboliche, proiettate sulle pareti tubolari e imponenti, forse a rappresentare i riferimenti, persi e poi ritrovati, degli archetipi e dei miti, che restituiscono intensità, energia e certezze alla precarietà degli equilibri della vita che ci siamo costruiti. O, forse, una necessaria ricongiunzione con l’archè, che Serasini ritrova, quasi sempre, nella trasposizione stellare del sé in quella dimensione.
“Prima del nostro tempo, quando tutto aveva bisogno di essere controllato e definito e le costellazioni erano identificate da linee e punti, c’era puro sogno, fantasia. Tra le tante rappresentazioni di costellazioni, ho scelto tre iconografie: quelle disegnate dall’astronomo persiano Al-Sufi (903-986); quelli illustrati dall’astronomo polacco J. Hevelius (1611-1687) e dall’astronomo tedesco J. Bayer (1572-1625); e quelli della nostra epoca moderna/contemporanea, rappresentati in questo modo dal 1800. Queste illustrazioni sono opere d’arte a sé stanti. Ridisegnarli implica un processo di appropriazione, per connettermi lentamente a un tempo passato”, afferma lo stesso Serasini.

Temi, visioni e rielaborazioni tecniche-video-artistiche-grafiche originate dall’attenzione al proprio vissuto e alla vita che lo circonda; fenomeni sociali e umani trattati da una prospettiva che, partendo dalla curiosità e dalla sensibilità personali diventano, forse, il tentativo di investigare non solo gli scenari cui l’artista quotidianamente assiste, ma anche le cause di una condizione umana alla deriva. Dalla quale traspare, quasi sempre, una fortissima adesione dell’autore ai valori più importanti, quali l’onestà, la lealtà, l’autenticità, sempre aggrappati a un inscindibile senso del reale.

Elementi che ritroviamo in tutte le opere che in questa decade hanno scolpito la storia dell’artista marinese, eppure pisano, Luca Serasini.