Se volete vedere cosa accade nell’arte italiana più giovane, andate all’Istituto Italiano di Cultura di New York dall’8 febbraio. Troverete 8 artisti sotto i 35 anni inseriti in un progetto elaborato dal critico d’arte Ludovico Pratesi e dal curatore Marco Bassan.
Nel passato erano i principi che svolgevano il ruolo di mecenati. Lorenzo de’ Medici allevò Michelangelo che fu poi adottato (per così dire) da Giulio II. In questo caso, invece, sono le grandi partecipate di Stato a svolgere il ruolo di sostenitrici dell’arte, e la mostra nasce infatti dalla collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e il Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Sono coinvolte alcune tra le maggiori imprese italiane, da Ansaldo Energia all’ENI a TIM.

Le opere prodotte e presentate grazie a questa collaborazione stanno viaggiando per tutto il mondo. Sono già passate da Seoul in Corea del Sud, e a New York arrivano da Chongqui in Cina. Continueranno il loro viaggio a Città del Messico, al Cairo e infine (giugno 2022) a Berlino. Il titolo della mostra: “We Love Art“

Cosa ci raccontano i giovani artisti? Ci parlano di un’arte che si muove tra frontiere diverse. C’è il figurativo del trittico Untitled che rimanda alla tradizione del trompe-l’oeil (e non a caso l’artista, Amedeo Polazzo, è sponsorizzato da cdpimmobiliare.it).


Ci sono macchine-sculture che hanno un’apparenza insieme precaria e quasi antropomorfica nelle foto The truth of funcion di Tommaso De Luca, sostenuto da ENI. Ci sono i bagliori di luce nella grande tela 128 invisible colours di Giulio Saverio Rossi, quasi anime danzanti nelle fiamme dell’inferno (dato che lo sponsor è TIM, forse siamo tutti noi catturati nei flussi alterni e vertiginosi della comunicazione).
E poi c’è una scultura di Namsal Siedlecki che avevamo già visto in Instituto in autunno: Nuovo Positivo, un busto rovesciato che sembra pronto a ricevere i messaggi e i contenuti del mondo esterno.
Probabilmente però le opere più stupefacenti sono quelle delle artiste.

Too Much Heat di Lulù Nuti da un punto di partenza aereo, attraverso un elegantissimo movimento nello spazio, sembra puntare verso il centro della terra: là dove la scultura trova la sua stabilità e quasi il suo nuovo inizio (lo sponsor è The Webuolf Group).
A incorniciare un angolo della sala espositiva è proposto l’elegantissimo arco (quasi uscito da un quadro di Leger) di Alice Ronchi, patrocinata da Snam.

Ma il visitatore viene colpito all’ingresso dell’istituto già dalla potente scultura di Giulia Cenci, Progresso scorsoio, sostenuta da Terna (Vedi opera sopra in alto d’apertura).
Lasciamo per ultima quella che è forse l’opera più poetica della rassegna: Fuocil*Dens*R.P di Benni Bosetto in cui fili e ceramiche creano un magnifico dialogo tra universo organico e tecnologico, tra la carne di cui siamo fatti e la fibra in cui ci smaterializziamo e viaggiamo ogni giorno.

La mostra “We Love Art“ resterà aperta fino al 28 febbraio tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle 10:00 alle 16:00.