Barocco sublime, i fiori di Noto e l’omaggio al Sommo Poeta: le immagini della 42° edizione dell’“Infiorata di Noto” hanno rapito l’attenzione dei media internazionali rivelando, come se non bastasse, che c’è di più. La Bellezza nella proposta grafica di Carlo Coniglio, artista siracusano, dalla Sicilia si lascia sedurre dalla tentazione e sposa l’arte contemporanea.
Dalla moda alla progettazione, dalla fotografia all’interior design, l’esperienza di Carlo Coniglio è poliedrica e coerente solo in nome di un’arte conscia della propria eredità culturale, ma capace di rigenerarsi e riprodursi verso il futuro del gusto. È per questo che dai vicoli di Ortigia, nella visione del designer si può immaginare compiendo un viaggio che parte dalle colonne greche, attraversa il genio di Andy Warhol e approda verso un’inedita universalità. La bellezza è made in Italy, molto spesso in Sicily.
Le foto delle scalinate di Noto vestite con le immagini ispirate alla Divina Commedia hanno fatto il giro internazionale del web. Come è nato il progetto che l’ha coinvolta come designer per l’ultima edizione del famoso evento che ha luogo a Noto?
“Il Comune di Noto, per cui avevo già collaborato nel 2018 (per la realizzazione delle stesse scalinate ma dedicate alla Cina) mi ha fortemente voluto quest’anno, ed io di questo gliene sarò sempre gratoIo sono un designer che ama i contrasti forti, le simbologie, mi piace alterare gli schemi comunicativi per evocarne altri, in questo caso uscendo ed entrando da una rappresentazione “nazional-popolare” per mutarla in una performance contemporanea”.
I media hanno dato molta visibilità al suo progetto. Perché pensa abbia colpito nel segno il gusto dei contemporanei?
“Non saprei dirle, in tutta sincerità. Sono io, è la mia visione. Ho pensato alle scalinate come delle scenografie teatrali su cui ho rappresentato delle storie, lo spettatore è anch’esso protagonista dell’immagine stessa avendo la possibilità di camminarci sopra, fotografarsi con essa, cambiare prospettiva di veduta.

In questo progetto ho voluto fortemente inserire anche la drammaticità della pandemia da Covid-19, rappresentato nella scalinata dell’Inferno. In basso teschi e diavoli cornuti, una “corona”, rose scure e ali infiammate; un personaggio inquietante con una mascherina chirurgica circondata da siringhe e serpenti. In alto un teschio di fiori alleggerisce la drammaticità della rappresentazione.
Il purgatorio fluttua sul giallo, il mio colore preferito, che spesso abbino al “transito”. Una fila di personaggi replicati aspettano il loro turno per innalzarsi verso l’alto. Un uovo su di un capitello ed una mano simboleggiano la strada della mutazione; ed in alto nuda, leggera perché libera dall’oblio, una figura si appresta a spiccare il volo.
E poi il Paradiso, azzurro come i cieli siciliani di maggio, un capitello ellenistico base e veste di una Beatrice / Madonna / Papessa in estasi. Sulla testa gli ex voto e le ali di una colomba. Alla base di un giardino di rose rosse come l’amore 3 figure d’oro con gli occhi chiusi come la grande musa in alto, hanno tutti gli occhi chiusi, come in un sonno riparatore, dove sognare equivale al girone più alto dei cantici danteschi”.

La celebrazione di Dante Alighieri e la totale immersione in un barocco mozzafiato. Come è possibile approdare a un risultato artistico dall’impatto così innovativo? A cosa si è ispirato per conciliare la bellezza della letteratura e della location con una bellezza dirompente e digitale?
“Avere come location la città di Noto è già fonte di grande ispirazione verso la bellezza. Avere come tema la “Commedia Divina” di Dante Alighieri è altrettanto motivo di esplosione comunicativa. Nel senso che, personalmente, le 2 cose hanno suscitato in me una scarica adrenalinica incredibile.
La “Divina Noto” così l’ho chiamata, è stata lei ad ispirarmi. Ho pensato ai gironi danteschi come volute architettoniche barocche; alla visione scenografica “teatrale” che stupisce osservando chiese e palazzi, agli stucchi decorati in foglia d’oro per esaltarne il prestigio e la potenza”.
La Sicilia è storia, arte, cultura in senso lato. Perché, secondo lei, resiste in qualche modo al fascino dell’arte contemporanea e come sarebbe possibile ovviare a questa sorta di riluttanza?
“La Sicilia è un luogo sacro, millenni di storia e genti differenti l’hanno resa unica.
Solo qui poteva trovarsi il grande vulcano; perché la terra è impregnata di sangue, lacrime e arte, che scorrono come magma. Noi siamo figli di mille madri e padri, siamo mafiosi e puttane, geni ed artisti, santi e guerrieri, letterati e demoni; siamo stati l’oriente e l’occidente e sulle nostre cupole si sono susseguiti tutti i simboli del divino. La forza e la debolezza, la bellezza e l’autodistruzione. Forse il nuovo ci terrorizza”.
Si rimane affascinati da come l’arte sia capace di trasformarsi, rigenerarsi, rimescolando la simbologia con il sentire contemporaneo. Crede che il made in Italy in questo sia avvantaggiato? E, scendendo nel dettaglio, il made in Sicily?
“L’arte oggi è il futuro del nostro paese, non averne la consapevolezza significa non possedere la capacità di guardare avanti. La politica purtroppo non percepisce che la chiave principale del benessere dell’Italia è l’Arte, in tutte le sue molteplici forme. Il made in Italy è una delle voci principali del PIL italiano, bisogna incentivarlo, agevolarlo, avvicinarlo alle nuove generazioni da nord a sud”.
L’arte è mera bellezza e contemplazione o è anche assunzione di responsabilità? E se sì, depositaria di quale tipo di messaggio nelle sue realizzazioni?
“L’arte secondo me è personale, dipende da come sei, è come uno specchio su cui ti rifletti e sul quale leggi te stesso”.
Chi sono i suoi maestri? Con quale sensibilità artistica si è formato Carlo Coniglio?
“Sono italiano, e come tale respiro bellezza da quando sono nato. Ho sempre amato la storia dell’Arte, e sin da piccolo la mia prima espressione comunicativa è stata il disegno. Da bambino volevo fare il prestigiatore o l’inventore di “cose” ed in realtà ho coronato il mio sogno; oggi creo “cose” con un tocco di “magia” e questo mi rende felice. Sono pazzo dell’Arte greca, del Rinascimento italiano e della Pop Art americana.
Fidia, Leonardo ed Andy Warhol sono i miei miti. Nel 1990 la mia vita cambiò dopo aver visto la retrospettiva completa di Warhol a Palazzo Grassi a Venezia, quel giorno capii quale strada volevo seguire.
Warhol per me è stato ed è ancora un maestro, un esempio di come una straordinaria corrente artistica denominata Pop Art abbia le sue radici nella pubblicità, nella grafica nella scenografia, utilizzando “icone” di quel periodo storico post boom economico. La pop art stupisce, per la sua semplicità, per la sua forza comunicativa “pop”/ popolare; ma stupisce anche per avere sovvertito le regole artistiche, inventando uno stile riconoscibile, specchio della cultura di quel preciso periodo storico”.
Dalla comunicazione alla progettazione, dal fashion design alla fotografia il suo è un lungo percorso. Qual è l’obbiettivo della ricerca e i suoi progetti futuri?
“Il percorso è più che trentennale (sigh!). Mi sono approcciato alla Moda, alla Comunicazione, alla Grafica, Fotografia, Pittura e Scultura, oggi mi occupo anche di interior design dove mescolo spesso tutte le mie passioni. Sono percorsi diversi ma fortemente collegati tra di loro. La bellezza, la Creatività, la ricerca dell’armonia, dei volumi, dei colori è comune.
I progetti futuri sono molteplici; e dopo un periodo difficile come quello che stiamo attraversando, ancora più motivati. In primis aprire un nuovo studio creativo, post pandemia, dove concentrare le forze insieme a nuovi compagni di viaggio”.
Cosa di ciò che non ha ancora sperimentato la alletta particolarmente?
“Vorrei avere un locale, una sorta di bistrot pieno di tante poltrone e divani, dove ascoltare buona musica e bere degli ottimi drink”.