
Ho il privilegio di abitare sulla 49ma strada e Prima Avenue, da dove ogni giorno, incamminandomi verso Park Avenue, ho la possibilità di ammirare tre intramontabili capolavori dell’Art Déco: il Chrysler, il grattacielo della General Electric ed il Waldorf-Astoria Hotel. Quest’ultimo è al momento in fase di ristrutturazione e, dal giorno in cui ha chiuso due anni fa, provo costantemente un senso di panico tutte le volte che vi passo davanti. Ripenso alla ristrutturazione dell’elegante Plaza Hotel, il quale venne completamente demolito all’interno, ad eccezione delle aree protette di valore artistico-culturale come la lobby e alcuni spazi pubblici. Il kitsch sostituì l’eleganza, ed invece del sofisticato e storico Plaza ci ritrovammo un appariscente condominio dove anche l’accesso alla famosa lobby venne precluso al pubblico. Torno al tempo trascorso nella trafficata lobby del Waldorf-Astoria, intento ad osservare gli ospiti ed ammirare gli stupendi interni, con la velata apprensione che anche questo iconico hotel possa un giorno seguire la triste sorte del Plaza.
Il nuovo Waldorf-Astoria aprì le porte al pubblico nel 1931 nel pieno della Grande Depressione e, con le sue 2,200 camere e 47 piani altezza, era allora il più grande hotel del mondo e fino al 1963 rimase anche il più alto. Dalla stupefacente entrata in stile Art Déco con i suoi incredibili pavimenti a mosaico, alla splendida lobby e le grandiose sale ricevimento, il Waldorf-Astoria non aveva eguali e si narra che per le sue camere furono perfino ordinate dall’Inghilterra maniglie placcate d’oro per un valore di un quarto di milione di dollari.

Strategicamente posizionato nel mezzo della lobby, vi era uno spettacolare orologio in bronzo commissionato dalla Regina Vittoria nel 1893 per la World’s Fair di Chicago. L’orologio fu poi acquistato da John Jacob Astor IV e fu uno dei pochi oggetti salvati dalla demolizione dell’hotel. Si racconta che John Jacob Astor fece posizionare una piccola scultura in oro della Statua della Libertà proprio in cima all’orologio britannico, causando quasi un incidente diplomatico. Non so quale sia stata la reazione della Regina Elisabetta II a questa storia in occasione del suo soggiorno al Waldorf-Astoria, ma l’idea mi fa certamente sorridere e venir voglia di esclamare “God Bless America”!
Sin dalla sua apertura, il Waldorf-Astoria è stato anche la residenza di tutti i Presidenti degli Stati Uniti in visita a New York, a partire da Hoover fino ad Obama, il quale terminò la tradizione nel 2015 quando la società cinese Anbag acquistò l’hotel. Una sua unicità è anche la presenza di un binario del treno, Track 61, costruito proprio sotto il Waldorf-Astoria per permettere il collegamento diretto tra l’hotel e Grand Central Station. Tale linea fu utilizzata dal Presidente Franklin D. Roosevelt per arrivare in segreto in hotel ma anche dall’artista Andy Warhol che nel 1965 vi organizzò un underground party dove non venne servito alcun tipo di cibo per timore che “altri newyorkesi” – i topi – potessero auto-invitarsi.

Negli anni, ogni personaggio che era o riteneva di essere famoso ha alloggiato al Waldorf-Astoria, tanto che l’hotel venne soprannominato la “Beverly Hills verticale” per le tantissime star di Hollywood che spesso vi alloggiavano anche stabilmente, tra cui Cole Porter, Frank Sinatra, ma anche l’Ambasciatore americano presso le Nazioni Unite ed il Presidente Eisenhower, il quale ci visse per ben 30 anni. A loro si aggiungono un numero infinito di ospiti glamour come Marilyn Monroe, Ella Fitzgerald, Sofia Loren, Brad Pitt ed Angelina Jolie, oltre a numerose teste coronate, incluso l’imperatore Hirohito, Re Saud e Faisal, e la già menzionata Regina Elisabetta II. La spettacolare ed enorme suite reale fu anche fino agli anni ‘50 l’abitazione dell’ex Re Edoardo VIII d’Inghilterra e della consorte americana Wally Simpson. Anni fa riuscii a farci soggiornare anche un Ministro italiano degli Affari Esteri, il quale arrivò poi in ritardo ad un appuntamento lamentando di “essersi perso nella suite”.
Memorabili sono i film girati al Waldorf-Astoria, da “Weekend at the Waldorf” con Ginger Rogers, “Profumo di donna” con Al Pacino, al più recente “Maid in Manhattan” con Jennifer Lopez.
Nel soggiornare al Waldorf si poteva prendere parte a qualcosa di inaspettato senza rendersene conto. Una volta il famoso gangster Lucky Luciano si trasferì al Waldorf-Astoria dichiarando: ”Se mi chiamano boss, ho il diritto di vivere al Waldorf Towers, sopra Frank Sinatra”. Qualcosa però prese una brutta piega quando un suo scagnozzo litigò con l’addetto alla reception il quale minacciò di buttare fuori dall’hotel Lucky Luciano. A quel punto Luciano corruppe l’impiegato offrendogli $200 al mese, asserendo: “Sapevo che non mi avrebbero buttato fuori, in fondo pago l’affitto regolarmente”. Lucky Luciano fu debitamente ripagato quando gli investigatori nel 1936 irruppero in hotel per arrestarlo ma l’addetto alla reception lo avvisò per tempo consentendogli quindi la fuga. Poteva davvero accadere di tutto, senza dover necessariamente essere dei gangster o delle star del cinema. Nel 2012, una turista australiana gironzolava nel Waldorf-Astoria mentre una troupe filmava la serie “Gossip Girl”, di cui lei era una fan; venne erroneamente scambiata per una comparsa del cast, le offrirono un flûte di champagne, le sistemarono i capelli e, con sua sorpresa, si ritrovò a fare la comparsa per 6 ore in una scena che stavano girando. Come la turista ha potuto constatare, a New York l’abito fa il monaco, e ci si può infiltrare, spesso indisturbati, in feste ed eventi privati senza che nessuno se ne accorga.

Tra i numerosi clienti vip abituali vi era anche Donatella Versace. Si dice che Donatella fosse solita soggiornare in una suite con tre camere da letto, una delle quali veniva utilizzata esclusivamente per il trucco, e che lei richiedesse di sistemare penne e block notes strategicamente ogni cinque passi in tutto l’appartamento in quanto “l’ispirazione può arrivare in ogni momento”. Nulla però paragonato all’eccentricità del defunto Re saudita Abdullah, il quale nel 2010 per la festa del Thanksgiving affittò ben 200 camere all’ultimo momento, costringendo il management a trasferire in altri hotel 200 clienti già prenotati, per poi alla fine non presentarsi.

Molti miei clienti hanno soggiornato al Waldorf-Astoria, tra i più famosi ricordo il vincitore del premio Oscar Maestro Bernardo Bertolucci e la delegazione dell’amato Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, che ho avuto l’onore di assistere nella sua visita di Stato negli USA. Ricordo che proprio dirimpetto alla camera del Presidente vi era la suite di Kanye West e delle Kardashian, il che mi portò a fantasticare su un possibile incontro tra i due in corridoio o in ascensore. Come mi raccontò un ex-direttore, sono cose che sembrano incredibili eppure accadono; recentemente un presidente americano trovò tutti gli uomini di scorta dei suoi servizi segreti voltati dalla parte opposta mentre lui usciva dall’ascensore e notò che il loro sguardo, invece di essere rivolto verso di lui, seguiva l’attrice Angelina Jolie che in quel momento si avviava verso l’uscita. Sicuramente il presidente fu comprensivo in quella circostanza, in fondo anche JFK nel Waldorf-Astoria non poté resistere all’attrazione di un’altra famosa stella del cinema, Marilyn Monroe. Parafrasando un famoso film, “il Waldorf-Astoria è come una scatola di cioccolatini, non si sa mai chi vai ad incontrare”.
A differenza di molti famosi hotel europei in cui mi è stato espressamente vietato l’ingresso in quanto non cliente (dal De Crillion di Parigi al Savoy di Londra), il Waldorf- Astoria, come altri hotel di Gotham, rappresenta il meglio che la città di New York abbia da offrire, non bellissime lobby spesso precluse al resto del mondo, ma lobby ed hotel aperti a tutti, in un continuo scambio di vite e di esperienze con la città di cui essi fanno parte.
Aspetto quindi con trepidazione la sua riapertura, nella speranza che ritorni parte integrale della vita di Gotham e permetta agli snob come alla gente comune di tutto il mondo di mischiarsi e creare bellissimi ricordi che andranno a far parte della storia di New York per tutte le generazioni future.