Si è aperta il 2 dicembre scorso presso la galleria BravinLee Programs di Chelsea, a Manhattan, la mostra A Fractured Sigh, curata da due giovani storiche dell’arte, Charlotte Bravin Lee e Chiara Mannarino.
L’idea nasce pensando a una mostra che appartenesse a questo momento storico o che ad esso potesse essere rapportata. Per questo le due curatrici hanno pensato a un elemento significativo identificabile anche con il periodo di pandemia.
Scelto il tema, il respiro appunto, Charlotte Bravin Lee e Chiara Mannarino hanno selezionato un gruppo di lavori che, direttamente o indirettamente, con interpretazioni e stili vari (realizzati nel 2020 e non), rimandassero al concetto di respiro.
A Fractured Sigh dunque, identifica quell’atto fondamentale che, se rapportato alla condizione attuale, ci è precluso dalla situazione opprimente e stressante della pandemia e del suo lockdown che, quindi, verrebbe spezzato, interrotto, soffocato. Ma non solo, perché è attraverso il respiro che può svilupparsi il contagio e manifestarsi la paura. In un contesto generale, invece, assume un significato diverso, ad esempio attinente all’inquinamento dell’aria, alla malattia, ma anche alla sua accezione positiva, di sollievo.

Un respiro vissuto in modo diverso da ogni artista, in base a priorità varie, temi di natura sociale, periodi storici, esperienze personali. Per questo addentrarsi in una selezione e scelta dei lavori non è stato semplice. A Fractured Sigh, è una mostra collettiva di pittura, installazione, fotografia, disegno, rilievo scultoreo e video di 10 artisti contemporanei: Tomoko Amaki Abe, Katie Armstrong, Todd Bienvenu, Katherine Bradford, Michael DeJong, Emily Fritze, Rhia Hurt, Carly Ries, Alessandro Teoldi, Woolpunk.
La mostra dunque, passando in rassegna i lavori dei dieci artisti, esamina aspetti positivi e negativi relativi al medesimo tema: “E’ il respiro il protagonista dei principali eventi di quest’anno: dal Covid, che rende prezioso ogni nostro respiro e allo stesso tempo lo confina dentro le mascherine, fino al movimento Black Lives Matter, uno dei cui slogan è proprio “I can’t breathe”; ma anche gli incendi che hanno saturato di fumo l’aria della California”, spiega la curatrice Chiara Mannarino.

Sebbene le opere si distinguano per tecniche e concept, la collettiva ben curata da Chiara Mannarino e Charlotte Bravin Lee, assume un carattere e una forza dall’identità unica, nella quale l’impatto visivo avvertito dall’osservatore – in taluni casi, anche subìto – conferma lo sprigionarsi di una energia e una intensità originato da quel corpus unicum legato esclusivamente dall’allestimento e dall’identità d’insieme cercata e ottenuta dalle due curatrici.
Nella mostra è inevitabile non cogliere come l’allestimento, il concept e il senso delle opere scelte, la disposizione dei lavori – nell’imprescindibile rispetto delle differenze e dell’identità di ogni artista, dei soggetti e dei materiali utilizzati – le luci, il contrasto e l’associazione dei colori, lo studio delle distanze, degli spazi, dei vuoti e dei pieni, sprigionino una energia e una identità complessiva in grado di annullare il rischio che la collettiva appaia troppo frammentaria o caratterizzata da una marcata e ingestibile commistione di stili.

Tra gli artisti coinvolti c’è anche l’italiano Alessandro Teoldi, milanese, con cui Mannarino aveva già collaborato per il progetto Homemade organizzato da Magazzino Italian Art durante il lockdown e che qui partecipa con due “rilievi” realizzati versando cemento su carta a collage che poi si sgretola, tecnica che ha iniziato ad utilizzare durante la quarantena e che da allora ha continuato a sviluppare. Il suo Nocturne II si distingue per il cielo rosso misto ai grigi del fumo, chiaramente riferito ai recenti incendi della California, ma ciò che impressiona è il profondissimo cielo intriso di drammaticità e struggente cromia, con sfumature che non lasciano presagire nulla di buono. L’altro lavoro invece, Two, amplifica la sensazione di asfissia riferita proprio alla convivenza forzata nel periodo del lockdown: due volti sproporzionati appaiono premuti violentemente l’uno contro l’altro, ma non solo, una mano deforme stringe la gola di uno dei soggetti ritratti.
Interessante appare la scultura dell’artista giapponese, Tomoko Amaki Abe, forse ritraente le forme di un polmone inquinato e carbonizzato, certamente molto articolata ed elegante. Incuriosisce il ridotto acquerello di Michael DeJong, una piccolissima Cascata realizzata su un ampissimo sfondo, che è davvero un intimo sospiro di sollievo, oppure una remota idea di fuga dalla realtà o verso una realtà che fu o, forse, semplicemente un distacco dal presente.

Come aggiungono Charlotte Bravin Lee e Chiara Mannarino “L’installazione di Woolpunk, (Michelle Vitale), evoca chiaramente l’inquinamento dell’acqua e il degrado ambientale; ma anche Todd Bienvenu, manifesta l’interesse per il tema ambientale con un dipinto che ritrae una persona che guarda il cielo inquinato di New York dall’interno dei confini della sua casa; le figure ritratte nel dipinto di Katherine Bradford invece, identificate in due Nuotatori Notturni, è così astratto che è difficile sapere se le figure giacciono sullo stesso piano o esistono in luoghi e tempi diversi. L’ambientazione potrebbe essere sott’acqua o più cosmica, ma le sue forme visive e le immagini evocano il respiro vorticoso e l’espirazione. Il video di Katie Armstrong incoraggia lo spettatore a respirare nel profondo – nell’audio è sempre lo stesso Armstrong che compie gesti quotidiani, momenti che si svolgono simultaneamente. Impressionano i disegni e l’installazione sonora di una giovane artista di nome Emily Fritze: i disegni sono stati creati intuitivamente ad occhi chiusi e lasciano le tracce – e la memoria – del suo stato emotivo durante la pandemia. Infine, una fotografia stampata su seta di Carly Ries evoca i materiali delle mascherine che oramai indossiamo tutti i giorni; mentre il collage di Rhia Hurt, ricorda il modo in cui diversi ambienti ed ecosistemi si sovrappongono e si intersecano con il respiro, quasi a creare una situazione di pericolo di contagio o di frattura ai tempi del Covid”.

Queste le opere degli artisti passati velocemente in rassegna e che altrimenti varrebbe la pena di osservare da vicino.
A Fractured Sigh è aperta fino al prossimo 16 dicembre alla BravinLee Programs, 526 West 26th Street, Suite 211, Chelsea, New York (dal martedì al sabato, dalle 11:00 alle 18:00). Per fissare un appuntamento inviare una e-mail a moc.eelnivarb @ofni.