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July 19, 2020
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Rincontro con Andrea Spiga sulla fotografia e il suo progetto verso l’America

È passato poco più di un anno dall'intervista con la fotografa sarda dei centenari, ma in pochi mesi ne ha fatta tanta della strada che punta fino a New York

Federica SabiubyFederica Sabiu
Rincontro con Andrea Spiga sulla fotografia e il suo progetto verso l’America

Andrea Spiga (Foto di Sara Montalbano)

Time: 7 mins read

La strada non è sempre stata in discesa, mi fa notare Andrea Spiga, ma quelle salite che ha trovato lungo il percorso della sua vita sono state la miglior scuola per poter emergere in un mondo ancora troppo maschile per un mestiere come il suo.

 Classe 68, sarda, è un vulcano in eruzione che sprigiona energia da tutti i pori. Andrea Spiga, la fotografa dei centenari ha raggiunto i suoi obbiettivi con tanto impegno, costanza e dedizione e presto sbarcherà a New York e San Francisco con il suo progetto Dna100 per portare la sua storia e quella dei suoi centenari.  

 “Credere in me, nei miei valori, nelle mie potenzialità è stata la strada del mio successo, un successo di cui ancora non mi rendo conto, sta succedendo tutto così in fretta….”

È di un’eleganza sobria, di un intelligenza acuta condita da una curiosità innata per tutto ciò che la circonda.

Decisamente sfrontata è riuscita a  farsi spazio in un mondo quello della fotografia ancora prepotentemente maschile, ma lei da vera sarda non si è lasciata intimorire dai pregiudizi ed è andata avanti per la sua strada in salita ed in discesa.

Autrice del progetto DNA100 dove ha immortalato in una serie di scatti di altissimo livello i centenari della sua terra, la Sardegna, ha fatto da spalla a due dei più grandi studiosi di centenari, Michel Poulain, un demografo belga, e Ana Canelada, una studiosa spagnola che si occupa della correlazione tra cibo e longevità, raccontando loro gli stili di vita, le abitudini ed il territorio dove vivono questi uomini secolari.

Arriva all’Intervista con una mise total white tipica degli artisti mi dico io, ma lei puntualizza: Il bianco è luce, è magia, è il mio colore preferito al di là del mio lavoro lo sceglierei sempre e comunque.

Ha all’attivo innumerevoli mostre e non vede l’ora di arrivare negli Stati Uniti dove tutto ruota attorno al “wellness” per far conoscere con immagini fotografiche la realtà dei centenari sardi.

Andrea Spiga (Foto Sara Montalbano)

Parlaci della tua infanzia. Quando hai tirato fuori il tuo lato creativo?  

“Sono nata in una casa che era una finestra aperta sul resto del mondo, gli zii ogni volta che tornavano dalle missioni raccontavano stili di vita e luoghi lontani in un periodo in cui viaggiare non era di uso comune. 

Forse è partito tutto da lì, la curiosità per quello che sono i posti e le persone, mio zio dal Giappone mi portava kimono e geta, che io indossavo, ancora… giocavo con le bambole kokeshi di cui però non apprezzavo la fattura.

Dal Brasile provenivano i quadretti fatti con le ali delle farfalle blu dell’Amazzonia e dagli Stati Uniti le mie prime parole in inglese.

Ho scattato la mia prima fotografia a 8 anni, lo ricordo ancora come fosse allora, ho ripreso mio padre nel giardino dei nonni, sorrideva  mentre scattavo…. forse divertito da come gli chiedevo di posare, mi sentivo grata di questo atto di fiducia, allora le foto si stampavano e non era possibile vedere subito il risultato.

Non c’è un momento preciso in cui la creatività si è manifestata, è una presa di coscienza che ha avuto un evoluzione naturale. Ho sperimentato teatro e pittura, successivamente fotografia e scrittura che sono i campi dove riesco a esprimermi meglio”.

 Quali sono le tue fonti di ispirazione?

 “I luoghi, sono affascinata da tutti quei posti che hanno un vissuto che rimandano a un passato. Immagino le persone che ci hanno vissuto e mi piace che questo si veda nelle foto che faccio”.

In quegli scatti del tuo progetto Dna100 che ho avuto modo di visionare in una delle tue innumerevoli mostre vedo molta vita nonostante i soggetti da te ritratti abbiano spento la bellezza di 100 candeline ed alcuni le superano, come hai fatto?

 “Mi sono accorta che l’età per queste persone è solo un dato anagrafico, alcuni di loro mi dicono di non sentirseli addosso tutti questi anni, arriva un’età che conta solo anagraficamente ma tu ti fermi lì a quell’eta che vuoi e sarà tua per sempre. Se sei una che ama sentirsi femminile non importa che età hai perché questa consapevolezza non ti abbandona. A volte ho visto nei loro occhi lo stesso stupore che hanno i bambini, anzi ti dirò che loro hanno conservato lo  stupore rispetto ai bambini di questo tempo”.

Tutti i fotografi iniziano la loro carriera amando ed ispirandosi ai grandi fotografi, chi tra questi ha completato la tua formazione artististica ed acceso la tua già innata curiosità?  

 “Per quanto mi riguarda i grandi fotografi della moda hanno avuto un ruolo chiave, erano gli anni 80 e la maggior parte della fotografia passava attraverso i magazine che parlavano di moda. Trovavo geniale lo stile di David Lachapelle, studiavo i particolari delle sue fotografie, la luce, le ombre, mi immaginavo la scena, la preparazione, il set e poi lo scatto”.

 Cosa ti lusinga di più del tuo mestiere? hai dovuto fare delle rinunce?

 “Mi mette in contatto con persone creative e stimolanti e da qui nascono nuove idee e sinergie. È un lavoro in evoluzione il mio, un lavoro in continuo cambiamento e per me ogni cambiamento al di là della fotografia è incoraggiante. Non ci si può fossilizzare per crescere, bisogna fare spazio ai cambiamenti, solo così ci si può evolvere. Per quanto riguarda le rinunce a parte il fatto che essendo un lavoro impegnativo mi porta spesso a spostarmi di città in città per mostre, convegni o semplicemente per conoscere persone interessate ai miei lavori…. beh ho rinunciato a fare la casalinga (ride), quando rientro sono talmente stanca da avere voglia magari di leggere solo un buon libro”.

Una immagine del progetto DNA100 di Andrea Spiga

 

“I tuoi centenari” sono uomini in carne ed ossa o sei riuscita a creare dei personaggi immortali come certe figure mitologiche che poco hanno a che fare con gli uomini di questo tempo? 

 “No, sono solo persone che non si sentono straordinari rispetto agli altri, anzi si stupiscono che le loro esistenze creino così tanto interesse. Mi piace pensare che i miei ritratti raccontino visi e mani che portano con loro i segni del proprio vissuto, anche quello che non dicono con le parole”.

Da donna quanta difficoltà hai avuto a farti spazio in un mondo dove ancora il maschile cerca di prendere il sopravvento?

 “Non ho mai vissuto su di me la discriminazione di genere, ho frequentato una scuola dove il rapporto maschi/femmine era 10 a 1  e non c’erano differenze di trattamento da parte degli insegnanti, questo mi è servito ad avere sempre un ottimo rapporto di collaborazione con l’altro sesso. Forse un tempo la fotografia era prevalentemente in mano agli uomini e mi viene in mente sempre  Letizia Battaglia che racconta di quanto sia stato difficile per lei farsi largo in un ambiente sessista e maschilista, ecco, sono state quelle come lei a non far sentire la differenza di genere a quelle come me”.

Quali interventi riterresti necessari per supportare l’attività imprenditoriale femminile?

“Purtroppo devo ammettere che ancora oggi nel 2019 la donna ha bisogno di credibilità! Le istituzioni possono e dovrebbero fare molto di più”.

DNA100 di Andrea Spiga

 

Se tralasciassimo il fatto che la fotografia è una tua grande passione. A cosa ti è servita la fotografia in se?

 “A riappacificarmi con me stessa,  ero insoddisfatta e questo condizionava le mie scelte di vita”.

Hai molta immaginazione e questo ti rende una persona estremamente creativa. Sul set come prepari i tuoi soggetti davanti all’obiettivo?

 “Niente di costruito, mi rendo conto che la maggior parte di loro si vergogna del proprio aspetto, sono stati giovani e belli un tempo, e ora mi dicono… perché vuoi farmi le foto? ormai sono brutta. Chiedo sempre se gli fa piacere farsi fotografare e parlo con loro, qualche volta gli tengo le mani e cerco di stabilire un contatto, li aiuta a stare naturali di fronte alla macchina fotografica, non è facile se non sei una modella professionista”.

I giovani fotografi a cosa dovrebbero ispirarsi? 

 “L’ispirazione è l’elaborazione di una percezione che ci arriva attraverso il nostro modo di aprirci al mondo e di voler poi comunicare qualcosa, per cui ho solo una raccomandazione, non siate indifferenti a ciò che vi circonda, l’apatia non genera creatività”.

Che rapporto hai oggi con te stessa? 

“Non ho mai fatto quello che gli altri si aspettavano da me. Ho smesso di scendere a compromessi e avere sensi di colpa, ho passato anni di inquietudine e di ricerca continua di qualcosa o qualcuno. Adesso basta, ho fatto pace con me stessa e vado bene così come sono”.

Come vedi il tuo futuro?

“Guardo avanti e prendo quello che arriva, spero di continuare ad avere la stessa serenità di oggi”.

 Prima di salutarci ho un ultimissima domanda da farti….. il segreto per vivere a lungo?

 “La dieta del pastore”.

 A chent’annos!

 

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Federica Sabiu

Federica Sabiu

Sarda, laureata in Legge, diplomata in Naturopatia presso il College of Naturophatic Medicine (CNM). Ho collaborato e collaboro tuttora con diverse testate giornalistiche pubblicando articoli che trattano di salute, benessere, nutrizione e sport, le interviste rimangono la mia passione. Attualmente oltre che per La Voce di New York scrivo anche per Vanity Fair. Appassionata di fotografia, dedico il mio tempo libero alle escursioni, al mare, ai viaggi in giro per il mondo, alla lettura di un buon libro ed ovviamente alla scrittura. Dicono di me... geniale, intuitiva, creativa, solare.

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