
“Unos Cuantos Piquetitos ” (soltanto 50 pugnalate) è il celebre dipinto di Frida Kahlo, l’atto d’accusa forse più celebre nel mondo dell ‘arte contro la violenza maschile, esercitata nei confronti della donna. “Soltanto qualche pugnalata” è stata invece la frase e l’indegna difesa del feroce assassino, che balbettava qualche segno di pentimento davanti al giudice.
Il fatto di cronaca nera risale ai primi del novecento e la grande artista Frida mise in scena questo femminicidio, utilizzando tutti gli espedienti della pittura figurativa, rivisitata in chiave surrealista. A dispetto del tempo che passa, delle battaglie civili femministe e delle conquiste sociali, gli sciagurati episodi di violenza contro le donne si ripetono ancora oggi e spesso con compiaciuta veemenza. Questa volta il “j’accuse” parte da una giovane pittrice siciliana, Francesca Scalisi, che vive e lavora a Trapani in Sicilia. Il ciclo di opere sulla violenza è stato realizzato tra il 2015 e il 2016, in seguito ai fatti sconcertanti di cronaca nera.

“L’arte vive in stretta relazione con il suo tempo e non serve, in questo caso, distrarsi troppo, per non rimanerne vittime” così Francesca Scalisi inizia a raccontare il suo impegno di artista contro la violenza. “Dedico a questo tema parte della mia ricerca, provando ad esternare il lato femminile del mondo, incamminandomi nel doppio binario dell ‘interprete e della spettatrice. Il mio è un viaggio introspettivo, un tentativo di riscatto, una battaglie civile e sociale, una denuncia contro le violenze, i soprusi e gli abusi, perpetrati soprattutto contro le donne”.
Chiediamo inoltre quali siano i punti di riferimento della sua pittura, che risente innegabilmente delle influenze avanguardistiche del Novecento: “La mia ricerca pittorica ha subito inizialmente il fascino e la grandezza delle opere di alcuni maestri, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente e dei quali tengo care alcune peculiarità: l’espressionismo cromatico e violento del Maestro Franco Nocera, le pitture pastose e i rimandi prospettici di Totò Bonanno e infine la ricerca informale ma dettagliata della luce, che si evince nelle opere di Salvatore Provino”.
Queste le parole forti e autentiche di Francesca Scalisi, che trova nella corrente neoinformale, di cui fa parte, la sua chiave espressiva. La consapevolezza della narrazione, attenta alle corde della Gestalt, si dipana in un racconto segnico, nervoso, preciso, essenziale, in costante tensione emotiva. Prevale nei suoi lavori la logica di avvento e scomparsa, dentro il flusso infinito del divenire. Nelle opere sul “Femminicidio” riconosciamo brandelli di materia sospesi nel vuoto, su cui sono incisi i graffiti della nostra vana esistenza. Qui, in questo passaggio delicato, involontario, minimale, leggiamo la sua forza pittorica espressiva, che dice senza dire, che condanna senza proclami, lasciando l ‘osservatore sgomento, inerme, nel suo precario equilibrio.
La pittura di Francesca Scalisi, il suo impegno civile, si traduce così in un atto di coraggio quotidiano e rappresenta un faro in questo mare in tempesta, una bussola preziosa per riportare sana e salva la nostra scialuppa in porto, ovvero la nostra coscienza verso lidi più sicuri.