Le trasparenze, i colori decisi e prorompenti, le forme leggiadre dei vetri di Murano esposte nelle sale del Consolato generale italiano di New York siglano il legame solido tra la Grande Mela e la città di Venezia che si accinge ad essere la protagonista, in febbraio, del festival musicale della Carnagie Hall. Al fascino della città lagunare è impossibile resiste e il console Francesco Genuardi ha voluto farne percepire e respirare l’essenza attraverso tre esposizioni che mettono in risalto bellezza e capacità artigianale dei veneziani e di chi da questo luogo è stato ispirato e attratto.
Nancy Olnick e Giorgio Spanu hanno selezionato per questa esposizione alcuni pezzi della loro collezione di ben 500 lavori in vetro di Murano riconducibili agli anni 1914-1933, come tributo alla creatività degli artigiani veneziani che, lavorando a fuoco il silicio, sono riusciti a modellarlo in svariate forme e colori fino a creare autentici capolavori che possono essere ammirati anche a New York. Tra gli artisti della collezione figurano i nomi di Vittorio Zecchin, Artisti Barovier, Napoleone Martinuzzi e Carlo Scarpa.

, l’eclettico artista di origine spagnola, che nel 1919 alla Giudecca fondò una fabbrica per la produzione industriale delle sue stoffe in cotone, i cui fiori somigliano ad arazzi tridimensionali. Fortuny inventò uno speciale sistema per la decorazione e la doratura solida su seta e velluto, che dava ai tessuti l’impressione di essere scolpiti. Grazie a queste creazioni e alcune tecniche di illuminazione, innovò anche la scenografia di tanti teatri e aprì atelier in tutte le maggiori capitali europee. Sei di queste tele, con colori che spaziano dal rosso mattone, al blu di Prussia, al verde muschio sono esposte sulle pareti della sede consolare.
E infine la fotografia. Roberto d’Agostin, fotografo che si è lasciato impastare nella sua formazione anche dalla volumi architettonici e dalle forme leggere degli edifici veneziani, ha offerto all’esposizione la sua personale lettura di un particolare del Ponte di Rialto. D’Agostin ha nutrito la sua professione con l’atmosfera veneziana, ne ha esplorato situazioni quotidiane e i suoi spazi artistici e vitali. Da Venezia poi è partita la sua esplorazione delle maggiori capitali europee dove ha collaborato con maestri della fotografia internazionale.

All’apertura dell’esposizione ha partecipato anche James Ivory, regista di A Room with a View (Camera con vista), (The Remains of the Day) Quel che resta del giorno, Howards End (Casa Howard) che confessa un profondo legame con Venezia. A conclusione del suo master in cinema nel 1952 produsse un documentario intitolato Venice: Theme and Variations.
Il console Genuardi ha ringraziato per i contributi artistici offerti all’esposizione e ha commentato: “La partnership tra Venezia e New York è naturale, sono entrambe due città di grande fascino sia di giorno che di notte, ma è frutto anche di sforzi e di contaminazioni. Ad esempio i vetri di murano hanno ispirato le creazioni di Tiffany. Fortuny, poi, ha deciso di stabilire qui la sua principale sede espositiva dopo la Giudecca e i suoi tessuti continuano a decorare edifici pubblici e privati della nostra città. Questo è solo il primo passo di un cammino di incontro che da qui a febbraio arricchiremo di nuove tappe”.