A 50 anni dalla grande alluvione di Firenze, l’istituto Italiano di Cultura di New York presenta la mostra fotografica dal titolo The Flood, Florence 1966, New York 2012 che oltre ad avere carattere commemorativo, si pone l’obiettivo di riflettere sul tema della resilienza delle città d’arte alle calamità naturali. Inaugurata il 28 ottobre, con la partecipazione di Dario Nardella, attuale sindaco di Firenze, sarà ospitata dall’Istituto fino al 22 novembre.
Un tema importante, quello dei disastri ambientali, che mai come oggi vede nel concetto di resilienza una nuova possibile risposta, un modo di essere, vivere e costruire le città. Una reazione che diventa necessaria se vogliamo confrontarci con un mondo che non cambia più né lentamente né ogni tanto, ma costantemente e sempre all’improvviso.
È stata la resilienza a salvare Firenze al tempo dell’alluvione, alimentata anche da uno straordinario supporto globale. “Le bellezze di Firenze appartengono al mondo” dice il giovane sindaco Nardella, durante la presentazione della mostra. Un importante momento storico da ricordare, per pianificare un futuro basato sulla prevenzione. E una risonanza mondiale che ci incoraggia a contare su un forte senso di comunità e aiuto reciproco. “Non vogliamo guerre ma vogliamo costruire ponti. Vogliamo dialogare attraverso la cultura e l’arte”, continua Nardella.
Firenze, New York, due città così diverse, ma con una forte tenacia comune. L’idea di farle incontrare arriva direttamente dal direttore dell’IIC, il fiorentino Giorgio van Straten, nonché involontario curatore di questa bella mostra. È a lui che è venuta la brillante intuizione di accostare le inedite foto a colori dell’artista americano Joe Blaustein sui giorni dell’alluvione del 1966, a quelle del fotografo italiano Massimo Berrutti che nel 2012 seguì il tragico evento dell’uragano Sandy, utilizzando il bianco e nero.
Un parallelismo fotografico, artistico, e anche morale, disposto su due piani fisicamente separati. Due lavori che si incontrano in più punti. Un chiasmo interessante che guida lo spettatore attraverso due storie intense, tanto drammatiche quanto umane, facendolo viaggiare nel tempo, nello spazio e tra culture diverse.
Ma ciò che più di tutto attira l’attenzione è la possibilità di vedere la catastrofe dell’alluvione fiorentina a colori. È semplicemente straordinario. Una memoria che ritorna ad essere presente, grazie alle immagini di Blaustein che, si legge sul catalogo della mostra, “con il suo obiettivo colse distruzione, allagamenti, disperazione, ma anche la forza di reagire”.
Sono ben 102 gli scatti che l’artista e professore americano, oggi novantatreenne, ha donato (solo recentemente) all’Archivio Storico del Comune di Firenze che dal 2012 ha iniziato a raccogliere documenti, foto di famiglia, scritti, nell’intento di ricostruire, accanto alla storia istituzionale della città, anche quella sociale. Il progetto si chiama Le nostre storie nella storia e sembra proprio essere una creazione positiva che oltre ad offrire l’opportunità ai cittadini di essere virtuosi, aiuta la Regione Toscana ad affrontare il rischio idraulico con maggiore decisione e consapevolezza.
Sappiamo che le foto di Blaustein , prima di essere esposte, hanno richiesto un macchinoso e lungo lavoro di restauro, ma a vederle oggi sembra sia valsa la pena. Anche le opere di Berrutti commuovono e portano chi guarda altrove. Ma Blaustein c’era in carne ed ossa alla presentazione, ed è stato forse questo dettaglio a fare la differenza. Ci ha raccontato tante storie, come fanno le sue foto d’altronde. In quei giorni, la città di Firenze sembrava bloccata. I suoi ricordi sono ancora vivi: l’acqua era dappertutto, il fango, le grida notturne di un uomo perso per strada. A tali immagini e parole è stato anche dedicato un libro intitolato The colors of the flood – Past, Present and Future through the unpublished color pictures by Joe Blaustein.