Dopo giorni tristi e dolorosi di infuocate polemiche e di acrimoniosi scontri razzisti riguardo alla spianata che dovrebbe essere invece il simbolo dell’incontro e della fratellanza fra le tre religioni guida dell’Occidente, dopo la seconda inutile ed indecente risoluzione, un riconoscimento ed una esaltazione assoluta della bellezza. Mentre i bambini del Coro Arcobaleno del Teatro Massimo di Palermo hanno intonato il sempre emotivo Fratelli di Italia, il sindaco Leoluca Orlando, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, sceso per l’occasione nella sua città, ha scoperto alle 10 di venerdì 28 la targa commemorativa posta accanto all’ingresso principale del Palazzo Reale. Questo è meglio ricordato semplicemente come Palazzo dei Normanni, un tempo anche Aula imperiale del gigante (nel bene e nel male) Federico II di Hohenstaufen, Imperatore del Sacro Romano Impero, stupor mundi e mai morto nella fantasia collettiva, sulla cui tomba non mancano mai fiori freschi deposti dai suoi fan tedeschi. Matterella ha assistito agli interventi del Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Giovanni Ardizzone, del Presidente della Fondazione Patrimonio Unesco Sicilia, Giovanni Puglisi, dell’Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e del Presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta. È seguita nella sala del Viceré del Palazzo reale il convegno internazionale, “Giustificazione di eccezionale valore universale del sito Unesco”.

È stato l’avvio della inaugurazione dell’iscrizione all’albo dell’Unesco, il World Heritage List, del “Circuito arabo-normanno”, proclamato a Bonn nel 2015 «per il sincretismo culturale rappresentato dall’architettura arabo-normanna di Palermo e delle cattedrali di Cefalù e Monreale».
Esso si articola in nove monumenti, 1. Palazzo Reale/Cappella Palatina, 2. Chiesa di San Giovanni degli Eremiti
3. Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio (Chiesa della Martorana), 4. Chiesa di San Cataldo, 5. Cattedrale di Palermo, 6. Palazzo della Zisa, 7. Ponte dell’Ammiraglio, 8. Complesso Monumentale di Cefalù: Cattedrale e Chiostro, 9. Complesso Monumentale di Monreale.
Il titolo, 51° sito Unesco italiano, assembla, come se fosse possibile, in un solo colpo d’occhio e in una stringata definizione, le sublimi e diverse ricchezze di arte, i tesori di splendore e di cultura di tre eclettiche e cosmopolitiche città, Palermo, Monreale e Cefalù. Esse sono simbolo dell’eredità araba realizzata da sovrani che, venuti dalle brume del Nord, ma illuminati e amanti del bello di qualsivoglia razza ed estrazione, – su tutti il genio esemplare di Ruggero II -, le resero sintesi e scrigni di bellezza insuperata. Il Palazzo normanno è il simbolo della stratificazione creativa e munifica di tanti residenti, di re, imperatori, più semplici viceré o governatori, inviati da tanti, numerosi sovrani lontani.
Chi ha la pazienza, segua il secolare processo di insediamenti del territorio che a partire dai Punici e dai Sicelioti, e poi dai Romani e dai Bizantini che resero capitale Siracusa, dai Musulmani berberi di Qayrawān ai Normanni di Puglia e Calabria, e poi gli Svevi imperiali e gli Angioini di Napoli, gli Aragonesi e gli Asburgo di Spagna dopo l’ingombrante Carlo V, tra parentesi di Savoia e di Austriaci di Vienna, fino alla dinastia dei Borboni di Napoli che quasi per scherzo dopo la rivoluzione, Napoleone e il Congresso di Vienna si fecero chiamare re delle due Sicilie.

Ultimi i Savoia con le loro proprie Costituzioni e leggi e tasse e servizio militare ed esercito e Carabinieri. Una faticaccia storica, un va e vieni, un porto di mare, uno sbarco secolare di conquistatori, peggio, di proclamatisi liberatori, prima di raggiungere la Repubblica e la mal usata e sprecata Autonomia siciliana, concessa il 15 maggio 1946 da Umberto II, il re di pochi giorni. Sì, ci furono con il piede sul petto, come disse il poeta, ma ci portarono anche la loro cultura internazionale, ci abituarono alla diversità, all’acquisizione, all’accoglienza. New York, melting pot per definizione, crogiolo di popoli e simbolo di diversità vissuta nel suo DNA, può capire la nostra identità, il nostro essere cittadini del mondo, aperti al mondo.
La prima giornata del 28 ottobre è stata lunghissima e si è protratta fino a mezzanotte nella “Notte bianca dell’Unesco” con la chiusura assoluta del centro storico e la visita dei sette simboli del percorso. Dopo le glorie della Cappella Palatina e della Cattedrale, la strabiliante carrellata palermitana ci sovrasta con l’altro Cristo Pantocratore della Martorana, ma anche i suoi vicoli ci riportano nel viluppo dei secoli, come le stradette, patrimonio di vite e di arrivi da non perdere e da gustare.

Il sabato è la volta di Monreale. La sua Cattedrale è lo scrigno in grande del tesoro cesellato della Cappella Palatina di Palermo. Chi non sa cosa siano i mosaici con le minuscole tessere variopinte d’oro e di pietre preziose (preda criminale di turisti di souvenir) non sa di che cosa sto parlando. Ma uguale stupore o più grande, se fosse possibile, si può ricavare dal Chiostro in cui nel suo giro spettacolare di prospettive architettoniche ogni colonna è diversa dall’altra. Ai piedi dal belvedere accanto alla maestosità delle mura absidali la Conca d’oro, già così detta in epoca greca, prima che gli Arabi, geniali giardinieri, la rendessero un giardino di aranci, limoni, mandarini, prima che il cemento la mortificasse in un dormitorio di insoddisfatti e diseredati.
La stessa meraviglia architettonica e pittorica si scoprirà nella terza giornata dedicata a Cefalù, un itinerario che dal colle punico e greco scende nelle sue stradette antiche, nei suoi angoli, nei suoi cortili e si affaccia su un mare che incantò il conte Ruggero tanto da volere dormire lì per sempre.
Questo alto riconoscimento alla potenza e autorità artistica, reale e materiale, di questa provincia siciliana si somma agli altri sei già esistenti, Area archeologica di Agrigento, Villa del Casale di Piazza Armerina, Isole eolie, Città tardo barocche della Val di Noto, Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica, Monte Etna. Ad essi si aggiungono anche i riconoscimenti del cosiddetto Patrimonio immateriale, L’opera dei Pupi, il simbolo dell’arte recitativa popolare con la lunghissima e duratura tecnica del puparo e della recitazione dei canti popolari su Pipino e i reali di Francia, e La vite dello Zibibbo di Pantelleria, un particolare antichissimo vitigno che porta nel mondo la dolcezza della sua uva passa e il profumo del suo vino da dessert.
Mi piace chiudere, invitando ad un tour sulla rete (Unesco Sicilia, sito dedicato; FB 51º sito Italiano Unesco “itinerario arabo normanno” Palermo e provincia) e riportando le parole di Marisa Grazia Belisario, direttore del Coordinamento e relazioni internazionali dell’Ufficio Unesco al Mibact che ha dichiarato alla stampa: “La Sicilia è il simbolo della diversità, nelle architetture così come nella cucina, nel paesaggio, nelle bellezze naturalistiche, penso all’Etna, alle Eolie. La molteplicità dei suoi aspetti è particolarmente efficace per valorizzare un luogo straordinario”. Ha anche puntualizzato che è essenziale la partecipazione del territorio, “Fondamentale: la partecipazione diretta aumenta la conoscenza, la consapevolezza del valore, la responsabilità. Se le persone si riconoscono nel loro patrimonio, saranno più motivate a valorizzarlo e rispettarlo”.
Questo concetto ha espresso in forma più autorevole ed accorata, forte ed efficace, emblematicamente nella sala intestata a Piersanti Mattarella, l’arcivescovo metropolita Corrado Lorefice: “Sento l’esigenza di ricordare a tutti la vocazione di pace, di incontro, di unità al dialogo di Palermo. Sento il bisogno di ricordare la sua indole di ponte tra grandi culture: araba, ebraica, cristiana, in un tempo storico così complesso e difficile. Nella contaminazione con altri il popolo non esce indebolito bensì arricchito e integrato. Chi alza muri e chiude all’altro non mostra solo mancanza di sensibilità umana ma pure una notevole dose di insipienza e ignoranza. Nella contaminazione Gesù ha mostrato il vero volto di Dio”. Perciò l’Europa “è chiamata a esprimere un nuovo umanesimo: serve coraggio, occorre sana e umana utopia”.
Frattanto proprio in questi giorni a 101 anni, in incognito, va strabiliandosi fra queste meraviglie, se pure su una sedia a rotelle, un grande celeberrimo americano, David Rockefeller, quello dei tre miliardi di dollari, secondo Forbes, e si estasia, come un comune mortale, davanti alla fontana della vergogna di Piazza Pretoria e nella dolcezza dell’alba sul mare dalla sua finestra di Villa Igiea.