Oggi parliamo di Christo, e di una parabola. Ma la religione non c’entra. Parliamo, per coloro a cui fosse sfuggito il grande clamore mediatico di questi giorni, di un artista di fama internazionale che decide di produrre a sue spese, come fa spesso finanziandosi con la vendita dei disegni e dei materiali di progetto, una maestosa installazione ambientale sul lago d’Iseo. Un sistema di passerelle giallo-arancio che permettono ai visitatori di passeggiare letteralmente sulla superficie del lago, a pelo d’acqua, godendo di una vista e di una prospettiva ambientale uniche e straordinarie.
Il successo è stato immediato e clamoroso. I media di tutto il mondo hanno dato ampio spazio alla notizia e soprattutto alle immagini, che parlano da sole. L’installazione è stata immediatamente inondata di visitatori provenienti non soltanto da tutta Italia ma anche da altri paesi europei, soprattutto dalla Germania, al punto da dover ricorrere ad annunci pubblici per dissuadere i turisti dal venire in questi primi giorni. Nella mattinata di domenica 19 giugno la prefettura ha dovuto addirittura fermare per due ore i treni diretti al lago per tentare di arginare la folla . I servizi ricettivi della zona registrano il tutto esaurito, e di questi tempi ed in questa stagione anche questo, per un’area bellissima ma non particolarmente attrattiva per i grandi flussi turistici, è un dato eccezionale.
Insomma, un vero trionfo, che porta l’arte contemporanea e l’arte ambientale sulla bocca e davanti agli occhi di tutti, fatto più unico che raro per l’opinione pubblica italiana. Ma a chi si deve tutto questo? Soprattutto, come già anticipato, alla caparbia determinazione di Christo, abituato a dover superare ostacoli di ogni genere per realizzare i suoi grandi progetti in luoghi dall’enorme valore simbolico, spesso sottoposti a stringenti vincoli di tutela culturale e naturale, riuscendo in genere a rispettarli scrupolosamente. Ma in Italia alle inevitabili complicazioni burocratiche si è aggiunta, malgrado il lungo e professionale lavoro di progettazione, preparazione e realizzazione, una denuncia dei sindacati ed una multa dell’Ispettorato del Lavoro e dell’ASL.
Alla luce del successo travolgente, superiore alle più ottimistiche aspettative, a fronte di un investimento personale dell’artista di circa 12 milioni di dollari, dei quali una parte molto significativa a beneficio diretto dell’economia locale, senza contare la straordinaria pubblicità globale offerta al lago d’Iseo come attrazione turistica, ora ogni polemica sarà naturalmente superata e anzi non è da escludere che altre amministrazioni locali italiane, abbagliate dall’ ‘effetto Christo’, vogliano ora avventurarsi sullo stesso terreno sperando di ricavarne gli stessi benefici. Se però le cose fossero andate meno bene (e poteva succedere, per mille motivi) cosa sarebbe accaduto? Facile prevederlo: ironia sull’artista, attacco alle amministrazioni locali, riesumazione delle denunce e delle polemiche sindacali, e polemiche in generale sull’arte contemporanea e sui finanziamenti pubblici che essa riceve – pochissimi in Italia, ma non sarebbe certo questo a scoraggiare i polemisti: per loro, anche un euro sarebbe troppo. E quando la prossima volta un’altra amministrazione locale proverà ad imitare il modello senza successo, queste stesse polemiche si riaccenderanno comunque, come se nulla fosse stato.
Perché ciò che crea il consenso oggi, e lo distruggerà domani se qualcosa andasse male, non è l’aver capito quanto ancora il nostro paese sappia parlare agli artisti e alla cultura di oggi, e quanto si potrebbe fare se davvero si lavorasse con attenzione, competenza ed intelligenza sul rapporto tra lo straordinario patrimonio culturale e ambientale del nostro paese e la creazione contemporanea. Tutto ciò che crea il consenso oggi sono i visitatori e l’attenzione dei media, e se ciò si deve ad un grande progetto d’arte di un maestro del contemporaneo che lascerà tracce importanti o ad una mostra costosa e improbabile che mette insieme opere a caso costringendo persino i professori di storia dell’arte a decidere di non portarvi i propri studenti , non fa alcuna differenza. E quindi, ciò che farebbe davvero la differenza per rilanciare il nostro paese come un nodo globale importante dell’economia della cultura e della conoscenza, ovvero un lavoro costante di sperimentazione ed innovazione attento e rigoroso, che dialoga con la straordinaria ricchezza del nostro patrimonio e ne facilita la conservazione, viene negato, paradossalmente, in nome di una logica economica tutta centrata sulla contabilità del singolo evento.
Non è un caso che un progetto come questo l’abbia pensato, voluto, finanziato e prodotto l’artista stesso, consapevole di correre rischi notevoli da ogni punto di vista. Quando si è capito che sarebbe stato un successo, tutti sono saliti sul carro del vincitore. Ma da questa parabola, in realtà, si rischia di imparare ben poco, se non addirittura le cose sbagliate. Tutti in Italia blaterano di Rinascimento, e chiunque faccia collocare una modesta scultura in una piazza si sente un po’ Lorenzo il Magnifico, senza rendersi conto degli enormi rischi politici che i grandi mecenati rinascimentali sapevano assumersi nelle loro strategie di committenza artistica, straordinariamente coraggiose, e straordinariamente innovative nel merito delle scelte.
L’Italia di oggi, dal punto di vista delle politiche culturali territoriali, esprime una cultura amministrativa men che mediocre, che insegue il consenso attraverso l’imitazione del già visto e della ‘formula magica’ rinnegando immediatamente qualunque istanza di sperimentazione alla prima difficoltà. Tutto questo è, semplicemente, l’antitesi dello spirito del Rinascimento. E mettersi ora ad imitare scioccamente la ‘ricetta Christo’, senza aver compreso da nessun punto di vista il senso dell’esperienza e trasformandola appunto in una ‘ricetta’, ne sarebbe la riprova più ovvia. Proviamo invece a trarre il giusto insegnamento da questa parabola, e soprattutto ci provi il governo locale della cultura in Italia. Allora sì che Christo avrebbe fatto il miracolo.