Entrando nell’appartamento di Andres Serrano a New York, ho dovuto riprendere fiato. Tra me e me mi sono chiesta: “Come mi sono ritrovata in una chiesa medievale in Europa?”. Tutt’intorno mi circondava il legno scuro di mobili pre-XXVII secolo, italiani, spagnoli, tedeschi, francesi, inglesi e fiamminghi. Mi sono seduta su una panca italiana d’epoca e ho ammirato la collezione di specchi antichi, dipinti sacri e sculture che incombevano su di me. Stavo per intervistare un artista contemporaneo per cui è stato usato l’appellativo di “anticristo”, il cui lavoro è stato accusato di blasfemia e sacrilegio, e il suo appartamento era pieno di cimeli religiosi: ironico, no?
All’età di 8 anni Serrano e la sua famiglia si trasferirono a Williamsburg, Brooklyn. “Era un quartiere italiano. Ho cominciato ad andare a catechismo per prepararmi alla prima comunione e poi alla cresima. Ho ricevuto un’educazione cattolica e sono cristiano da sempre”, spiega. E allora come si è guadagnato quella reputazione? Per rispondere conviene dare uno sguardo al suo lavoro.
Serrano ha studiato pittura e scultura alla Brooklyn Museum Art School. “Finita la scuola mi sono reso conto che non ero davvero portato per la pittura o la scultura”, mi ha detto. Al tempo viveva con una ragazza che aveva una macchina fotografica e si accorse presto che la fotografia gli era più congeniale. “Da sempre mi considero un artista che ha scelto di utilizzare una fotocamera al posto di un pennello. Non mi piace essere definito fotografo. No, sono un artista che usa il mezzo fotografico nella sua pratica artistica”, ha spiegato .
Cominciò dlettandosi con la street photography, ma nel corso degli ultimi 25 anni si è (involontariamente) guadagnato una reputazione internazionale come uno degli artisti contemporanei più controversi. Il fatto di essere cresciuto in una giungla di cemento senza fronzoli, ha certamente influenzato l’opera di Serrano. “Sento di essere il prodotto di New York City. Ti rende un certo tipo di persona, ti dà un certo tipo di atteggiamento. Come newyorchese faccio opere abbastanza semplici da leggere, dirette. E queste sono le caratteristiche della stessa New York … andare dritto al punto”. Attraverso i suoi ritratti Serrano si pone come testimone esterno degli eventi che si svolgono intorno a lui. Nonostante l’intenzione sia di tenere il suo lavoro su un livello di complessiva semplicità, gran parte della sua opera è finita nel mirino dell’opinione pubblica, e spesso la gente attribuisce al suo lavoro un senso che non era nelle intenzioni.
Nel 1987 ha creato Piss Christ, una fotografia in rosso e giallo di un crocifisso di plastica sommerso nelle urine dell’artista. Il lavoro ha debuttato alla Stux Gallery di New York, per poi andare in tour come parte della mostra Awards in the Visual Arts 7, per cui l’artista ha ricevuto una borsa di studio di 15.000 dollari. Ne sono seguite polemiche.
Venticinque anni dopo quell’opera non ha smesso di suscitare controversie. Nel 1997, nel corso di una retrospettiva alla National Gallery of Victoria di Melbourne in Australia, la fotografia è stata rimossa dal muro e presa a calci. Nel 2011, in Francia, è stata permanentemente danneggiata da fondamentalisti cattolici che l’hanno presa a martellate. E nel 2012 un gruppo di cristiani newyorchesi ha organizzato una protesta contro l’immagine davanti alla galleria Edward Tyler Nahem, dove era esposta.

La foto è stata accolta con indignazione e disgusto, ma non è mai stato nelle intenzioni di Serrano suscitare polemiche, insiste l’artista: “Spesso il mio lavoro viene volutamente frainteso o abusato, in particolare dalla destra conservatrice e dai religiosi. Chi se la prende con le mie opere ha in genere un’agenda politica. Per loro è più comodo ignorare le ragioni dietro il mio lavoro e fare delle mie opere un campo di battaglia politico”.
Le accese reazioni suscitate dal suo Piss Christ non hanno scoraggiato Serrano. Al contrario, i suoi successivi progetti continuano a rappresentare i soggetti più sconcertanti e provocatori: “Vedo il mio lavoro come uno specchio. Magari nel mio lavoro non mi si vede, ma vedrai di sicuro te stesso, la reazione dipende da te”.
Nei primi anni ’90, nella sua inquietante serie dal titolo The Morgue, Serrano ha fotografato dei cadaveri, spingendo lo spettatore a riflettere sul rapporto con la morte. Sui volti di quei corpi senza vita ha messo un panno, così da mantenerne l’anonimato. Le immagini non sono facili da guardare, eppure c’è un’innegabile eleganza nella loro immobilità.

Poi è venuto un progetto in cui ha fotografato i membri del Ku Klux Klan, la famigerata organizzazione segreta composta da bianchi americani protestanti del Sud che perpetuano violenze a danno di persone di colore, ebrei, immigrati, gay e lesbiche e altre minoranze. “[Dopo The Nomads] Volevo fare dei ritratti diversi. E ho pensato come sarebbe stato se i soggetti avessero indossato una maschera. Mi è subito venuto in mente il Klan”. I ritratti dei Klansmen mascherati fanno venire la pelle d’oca. I soggetti sono seduti e ostentano un senso di sicurezza. In una delle immagini, un Klansman fissa gli occhi sullo spettatore con sicurezza, in un’altra si volta minacciosamente verso di noi. Le maschere bianche che coprono i volti dei soggetti si illuminano sullo sfondo nero e si potrebbe pensare che Serrano stia glorificando queste persone.
“Che si tratti di morti o del Ku Klux Klan, qualunque cosa fotografi cerco di renderla bella. Le polemiche arrivano quando ho a che fare con cose che non vengono normalmente considerate belle, ma per me il mio ruolo di artista consiste nel rendere le cose belle, non importa cosa siano”, mi ha spiegato Andres Serrano.
Più di recente l’artista si è concentrato sugli homeless che vivono per le strade di New York. Quando il sindaco Bloomberg ha concluso il suo mandato, Serrano dice di aver cominciato a notare un aumento significativo del numero di senzatetto che si vedono quotidianamente per le strade della città. Ha così iniziato un progetto in cui offriva 20 dollari per i cartelli che i senzatetto utilizzano per chiedere l’elemosina ai passanti. Ogni cartello raccontava una storia diversa. C’erano scritte come “Obama non accetta il cambiamento, ma io sì!”, o “mi serve un miracolo”, e “dare è facile, chiedere è difficile”. Alcuni erano ironici, altri molto seri e tristi; dietro ad alcuni c’erano veterani di guerra, donne incinte affamate e alla disperata ricerca di denaro.
“Ho comprato oltre cento cartelli – ha raccontato – Andavo a piedi tutti i giorni, non prendevo mai la metropolitana. A volte camminavo trenta, quaranta, cinquanta o cento isolati al giorno per cercare cartelli”. L’artista ha poi messo insieme i cartelli e creato un video dal titolo Signs of the Times. E si sente l’eco di Martin Luther King Jr.
Recentemente MoreArt lo ha incaricato di creare un’installazione che è stata esposta nella stazione della metropolitana di West 4th Street. Ha fotografato più di 100 persone senza fissa dimora che vivono per le strade di New York City. Ma prima di fotografarli, Serrano ha stabilito un rapporto con ogni singolo soggetto. Ha chiesto il permesso di fotografarli e li ha ricompensati per il loro tempo. “Mentre stavamo allestendo l’attrezzatura per cominciare a scattare, in più di un’occasione, qualche homeless arrivava e iniziava a girarci intorno, dicendo ‘Hey, hey! Questo non è un free ride, stiamo lavorando qui. Mi pagano, sto lavorando’”, ricorda Serrano. I nomi delle persone fotografate sono diventati i titoli dei ritratti, stampati in grande formato.

Il lavoro di Serrano spesso affronta temi provocatori come sesso, povertà, religione, violenza e morte, ma, nonostante i pregiudizi della gente, l’artista sostiene di avere diversi interessi meno controversi. Per esempio, la scorsa Pasqua ha realizzato un servizio per The New York Times Magazine sul coniglio d’Angora. “È stato un grande successo. Mi piacerebbe fotografare coniglietti e gattini, ma nessuno si aspetta questo da me. Per via di quello che sono e della mia reputazione, qualsiasi cosa faccia viene vista in modo sinistro, anche se non voleva esserlo”.
Serrano si sta ora preparando ad un viaggio in Europa e per quella che, ad oggi, sarà la mostra più grande del suo percorso artistico. Dal 18 marzo al 21 agosto 2016 le fotografie più simboliche di Serrano saranno esposte al Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique. Inclusi nella mostra sono i ritratti della sua nuova serie dal titolo Denizens of Brussels in cui fotografa gli homeless di Bruxelles.
Per il futuro Serrano spera di lavorare un giorno su un progetto commissionato dalla Chiesa . “Mi piacerebbe fare appello a Papa Francesco: voglio la sua benedizione. Sono stanco di gente che mi calunnia e che mi descrive con i più orribili appellativi, dandomi del bigotto ant-cristano quando questo è lontano dalla verità. Sono cristiano. Non mi piace essere attaccato com fossi il demonio o un anticristo quando non lo sono affatto. Dopo tutti questi anni, certa gente vuole ancora credere che io sia il cattivo”.