Intitolata Painting in Italy 1910s-1950s: Futurism, Abstraction, Concrete Art, la mostra alla Sperone Westwater Gallery di New York oltrepassa la cesura storica convenzionale del 1945, accentuando così le continuità delle tendenze astratte durante la prima metà del XX secolo, e mette in luce l’eclettismo di trentadue artisti e 119 opere riuniti sotto l’etichetta “arte astratta”.
L’introduzione dell’imponente catalogo a colori di 388 pagine chiarisce le intenzioni del gallerista Gian Enzo Sperone affiancato per l’occasione da Maria Antonella Pellizzari (Docente al Departement of Art and Art History dell’Hunter College e al The Graduate Center, New York). Sulla scia della mostra Inventing Abstraction, 1910-1925 organizzata dal Museum of Modern Art (MoMA) di New York (dicembre 2012-aprile 2013), la mostra vuole portare l’attenzione sulla dimensione internazionale dell’arte astratta italiana. Si tratta, in particolare, di porre l’accento sulle tre principali sperimentazioni dell’astrattismo in Italia: il Futurismo, dalle prime ricerche di Giacomo Balla degli anni 1912-1913 all’Aeropittura degli anni 1930; il gruppo degli artisti riuniti intorno alla galleria milanese Il Milione; l’Arte concreta degli anni 1945-1950. I tre saggi di Maria Antonella Pellizzari mettono a fuoco il contesto storico e ideologico di questi momenti e permettono di ricostruirne il tessuto internazionale.
(Courtesy Sperone Westwater Gallery)
L’obiettivo è stato sicuramente raggiunto. Nella sala principale l’allestimento a parete piena, che ricorda i Salons parigini, rende omaggio a quattro emblematici protagonisti dell’astrazione italiana: Atanasio Soldati (1896-1953), Mario Radice (1895-1987), Manlio Rho (1901-1957) e Luigi Veronesi (1908-1998). Una cinquantina di opere di alta qualità che vanno dagli anni Trenta agli anni Cinquanta la cui astrazione geometrica rinvia al clima internazionale europeo. Davanti a queste tele il pensiero va immediatamente a Mondrian, a Theo Van Doesburg, agli artisti del Bauhaus ecc. Nel puzzle formato dalle opere, i colori, in particolare, permettono di distinguere le pitture degli anni Trenta da quelle degli anni Cinquanta: dai toni chiari le prime, forti e vivaci, le seconde esprimendo l’energia e le speranze del periodo della ricostruzione.
Luigi Veronesi, a sinistra, e Atanasio Soldati, a destra (Courtesy Sperone Westwater Gallery)
Il saggio in catalogo di Antonella Pellizzari, intitolato Astrazione, ricostruisce l’ambiente artistico milanese degli anni Trenta, quando Soldati, Radice, Rho e Veronesi espongono presso la galleria Il Milione. Fondata nel 1930 dai tre fratelli Ghiringhelli (Gino, Giuseppe e Livio), Il Milione divenne, secondo le parole di Pellizzari, il “centro catalizzatore di artisti, architetti, designers e poeti […], un centro culturale fornito di biblioteca, una sala conferenze e un Bollettino che pubblicava recensioni di libri e di mostre, nazionali e internazionali”. L’efficienza di tale organizzazione riflette le aspirazioni programmatiche del gruppo che pubblica nel 1933 il Manifesto dell’Astrattismo Italiano e che riconosce come principale riferimento teorico il libro di Carlo Belli Kn (1935), che Kandinsky definisce “il Vangelo dell’arte chiamata astratta”. In Kn Carlo Belli promuove l’arte astratta come l’espressione dello “sviluppo di una civiltà nuova orientata sull’asse mediterraneo”. Le delicate astrazioni geometriche degli anni Trenta ritrovano allora il loro significato politico come un’arte che si propone di rigenerare l’antica “civiltà” mediterranea. È sull’ambiguità di questa idea di mediterraneità che l’arte astratta incontra il favore del regime fascista in un periodo in cui Mussolini rinforza la retorica del Mare nostrum in vista della guerra di Etiopia.
Alla fine degli anni Trenta, con la svolta totalitaria e razziale, il fascismo finirà per ostracizzare l’arte astratta definita dal critico Roberto Farinacci “malattia esterofilia”. In risposta, alcuni artisti, come Atanasio Soldati e Luigi Veronesi, fanno dell’arte astratta un’arma di dissenso contro il fascismo e il loro impegno si radicalizza in azione prendendo parte alla Resistenza.
Giacomo Balla (Courtesy Sperone Westwater Gallery)
Lasciando alle spalle l’astrattismo milanese, la seconda sala della Sperone Westwater Gallery, dedicata al futurismo, presenta alcuni studi di Giacomo Balla e un interessante gruppo di opere di Enrico Prampolini, Tato, Fillia (pseudonimo di Luigi Colombo) e Sante Monachesi, artisti legati all’Aeropittura futurista degli anni Trenta. Le sperimentazioni di Balla degli anni 1912/13 sulla luce (Compenetrazioni iridescenti) sono affiancate al disegno Linea di velocità dell’aereo di Caproni (1915) che ricorda il precoce legame che unisce l’astrazione futurista all’aviazione. Le rappresentazioni biomorfe e polimateriche di Enrico Prampolini, la prospettiva aerea di Tato, i paesaggi di Fillia, di Nicolaj Diulgheroff, di Ezio D’Errico e ancora gli incredibili Alluminii a luce mobile (1937) di Sante Monachesi rinviano ai precetti del Manifesto dell’Aeropittura (1929), che esaltano le visioni aeree come un mezzo per raggiungere “una nuova spiritualità plastica extra-terrestre”.
Panoramica della Balconata (Courtesy Sperone Westwater Gallery)
Il secondo piano della mostra presenta l’arte italiana astratta del secondo dopoguerra. Pur mostrando legami formali evidenti con l’astrazione degli anni Trenta, queste opere non ne condividono più la volontà di fondare un nuovo mondo (precetto comune a tutte le avanguardie storiche). Si parla ora di ricostruzione e non più di rigenerazione. Le molteplici tendenze astratte, riunite sul balcone della Galleria, sono testimoniannze del contesto storico del dopoguerra profondamente trasformato dai totalitarismi, dalla seconda guerra mondiale e in Italia dalla guerra civile. Diversi sono gli artisti che vedono ora nell’arte astratta l’unico linguaggio capace di fare tabula rasa del passato e nello stesso tempo, di generare una nuova era dai valori universali opponendosi radicalmente al dogmatismo dell’allora potentissimo Partito Comunista Italiano (PCI) che tenta di imporre la severa estetica del realismo socialista di stampo sovietico. Al secondo piano l’effervescenza e la complessità dell’arte astratta italiana durante gli anni Cinquanta sono messe in evidenza con grande efficacia riunendo insieme lo Spazialismo fondato da Lucio Fontana (1947-1958), il M.A.C, Movimento Arte Concreta (1948-1958) che riunisce a Milano Atanasio Soldati, Bruno Munari, il pittore e critico Gillo Dorlfes e l’architetto-grafico Gianni Monnet, e altre numerose esperienze individuali che ruotano intorno a questi due nuclei (Enrico Bordoni, Roberto Crippa, Gianfranco Fasce, Albino Galvano, Augusto Garau, Alberto Magnelli, Mario Nigro, Adriano Parisot, Filippo Scroppo, Ettore Sottsass, Giulio Turcato).
Corrado Cagli (Courtesy Sperone Westwater Gallery)
Chiudono la mostra tre inattese opere di Corrado Cagli (1910-1976). Rendere omaggio a questo pittore è altamente simbolico. Membro durante gli anni Trenta della Scuola Romana, nel 1938, in seguito alla pubblicazione delle leggi razziali, Cagli, di confessione ebrea, è costretto all’esilio prima a Parigi poi negli USA. Nel 1945 egli partecipa allo sbarco di Normandia a fianco degli Alleati e alla liberazione del campo di concentramento di Buchenwald. Le scure figure umane astratte e l’evocazione dei miti in questi sculture di carta dipinte ad olio, sembrano un invito a ricordare quanto fragile sia l’umanità e quanto l’arte astratta sia intrisa di storia.
La mostra Painting in Italy 1910s-1950s: Futurism, Abstraction, Concrete Art sarà visitabile fino al 23 gennaio 2016.
*Lucia Piccioni è una dei Fall Fellow 2015 del CIMA.
Questo articolo viene pubblicato anche sul blog del CIMA.