Di chi è la Cappella Palatina? O meglio, di chi sono i suoi mosaici? La domanda, all’apparenza banale, è in realtà un interrogativo che da mesi tiene banco in Sicilia. Perché la risposta è tutt’altro che scontata. La chiesa, vero e proprio gioiello di arte e cultura di epoca normanna, incastonata nella cornice di Palazzo Reale da poco proclamato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è finita infatti al centro di una querelle a mezzo stampa fra la Fondazione Federico II, che la gestisce per conto del Parlamento siciliano, il Fondo edifici di culto dello Stato e la Curia arcivescovile di Palermo.
Molti non sanno, infatti, che dopo l’Unità d’Italia la monarchia sabauda provvide a sequestrare e requisire tutta una serie di immobili e chiese in giro per la Penisola. Beni rimasti nella disponibilità dello Stato, anche dopo il passaggio alla Repubblica, ma dati in uso alla Chiesa cattolica: a Palermo, tanto per fare qualche esempio, sono gestiti dal Fec (e quindi dalla Prefettura) Casa Professa, San Giuseppe ai Teatini, San Domenico, San Francesco d’Assisi, la Gancia, la Martorana, il Monastero delle domenicane di via Incoronazione, Santa Ninfa e il Santissimo Salvatore.
Tutto chiaro? No, perché di chi sia la Cappella Palatina, dedicata a San Pietro e voluta da Re Ruggero a ridosso dell’anno Mille, non è ancora chiaro, malgrado siano passati 885 anni. Nel 2010 un decreto legislativo ha trasferito alla Sicilia alcuni beni, tra cui la Cappella, ma gli arredi sacri e i beni mobili sono rimasti al Fec, mentre la parrocchia si occupa della gestione del culto e l’Assemblea regionale siciliana (cioè il Parlamento dell’Isola), per mezzo della Fondazione Federico II, di turisti e visitatori con tanto di cospicui incassi.
Il punto però è un altro: di chi sono i mosaici? Si possono considerare beni amovibili oppure no? In caso negativo sono del Fec, in caso affermativo della Regione. Non si capisce quindi, a oggi, chi ne sia l’effettivo proprietario, così come riesce difficile far convivere matrimoni e liturgie con l’afflusso turistico, visto che i due momenti non possono coesistere contemporaneamente.

Un’immagine del Palazzo Reale di Palermo
Lo scorso agosto il ministero dell’Interno ha battuto un colpo, chiedendo in pratica una percentuale degli incassi, approfittando della scadenza della convenzione e quindi della possibilità di ridiscutere gli accordi. In pratica il Fec vorrebbe subentrare al Parlamento siciliano nella gestione della Cappella e dei suoi incassi o, quantomeno, ottenerne una parte. Palazzo Reale o dei Normanni – sede del Parlamento dell’Isola – ribatte di aver gestito sinora in solitaria il bene Unesco, comprese le manutenzioni ordinarie e straordinarie. Uno scontro che non deve stupire: la Cappella attira ogni anno quasi 400 mila visitatori e il riconoscimento Unesco farà aumentare gradualmente la cifra, così come gli incassi che oggi ammontano a 2 milioni di euro all’anno.
Inoltre risale al 2005 un accordo con la Curia che prevedeva di versare nelle ‘casse’ della Chiesa 120 mila euro l’anno, che però adesso la diocesi contesta considerando la cifra troppo bassa e sperando di toccare quota 300 mila. Insomma, una querelle a tutto tondo con lo Stato che ha in pratica accusato il Parlamento siciliano di usare il bene per risanare i buchi di bilancio, arrivando a minacciare di rendere l’ingresso gratuito. Il Parlamento siciliano ribatte di aver sempre sostenuto economicamente la gestione del gioiello normanno e che quindi le pretese di Stato e Curia sono pretestuose. Le trattative sono in corso e l’esito è ancora incerto, ma intanto tutto questo non fa una buona pubblicità a uno dei gioielli di Palermo.
La Cappella è una sorta di Cattedrale in miniatura a tre navate, creata dai maestri bizantini per celebrare il potere del regno normanno e che, al tempo, era al centro dell’intero edificio. L’ambone, il candelabro del cero pasquale, l’altare, il trono sono riccamente decorati con elementi dal forte sapore simbolico, teologico e politico che ogni anno affascinano e meravigliano turisti provenienti da ogni parte del mondo. Sapranno lo Stato, la Regione e la Curia trovare un accordo che faccia gli interessi del bene monumentale e quindi dei cittadini e più in generale dell’umanità (Unesco docet), prima ancora che servire per risanare qualche buco di bilancio?
* Stefano Mangano ha una grande passione: la Sicilia. Storia, monumenti, spiagge, angoli noti e sconosciuti. Temi sui quali ama misurarsi, provando a cogliere gli aspetti positivi di un'Isola che non presenta solo problemi irrisolti, ma anche opportunità da cogliere.