A Palermo, in queste ore, si assiste all’impazzimento nella gestione della cosa pubblica. La stessa Grecia, rispetto a quello che succede nella città della ex Conca d’oro ormai ‘inghiottita’ dal cemento, sembra un Paese ordinato. Ieri, per esempio, forse nella giornata più calda dell’anno, migliaia di automobilisti sono rimasti intrappolati nel traffico cittadino per ore. Imprecazioni, grida, bestemmie. Sarà successo qualcosa di grave? Un incidente? E’ franata una strada? Una sparatoria? Nulla di tutto questo. Il Comune, da qualche giorno, invece di raccogliere l’immondizia che giace lungo le strade (nelle periferie, ma anche nelle strade del centro), invece di riparare le stesse strade cittadine che sono piene di buche, ha ‘battezzato’ il circuito arabo-normanno. Dalle parti della Cattedrale, San Giovanni degli Eremiti eccetera eccetera, hanno rivoluzionato il traffico automobilistico… Vi risparmiamo i particolari.
A Luglio, con le scuole chiuse e con gli uffici pubblici dimezzati per il personale in ferie, la nuova trovata propagandistica di un’amministrazione comunale poco lucida non avrebbe dovuto fare troppi danni. Invece ieri, chissà perché, agli automobilisti di Luglio – che a Palermo non sono mai tanti – se ne sono aggiunti altri. Poi, magari, qualche Tir in più. Insomma ieri, lungo le vie ‘rivoluzionate’ per via del percorso arabo-normanno, è scoppiato un gran casino. Che, si badi, è solo, come dire?, l’antipasto di quello che succederà a Settembre, alla riapertura delle scuole, quando il traffico automobilistico del capoluogo siciliano si moltiplicherà per dieci (sempre che le scuole riaprano, perché i docenti, inviperiti dalla riforma Renzi, potrebbero avviare una stagione di lotte: e sarebbe ora!).

La Cattedrale di Palermo
Detto questo, è interessante parlare degli aspetti mistico-etno-antropologici di questo percorso arabo normanno proposto dagli attacca-bollini dell’Unesco. La Cattedrale di Cefalù, il Duomo di Monreale e i monumenti arabo normanni di Palermo esistono da mille anni o giù di lì. A un certo punto gli amministratori di Palermo, Cefalù e Monreale scoprono che, in oltre mille anni, questi monumenti sono stati poco valorizzati. Chissà perché. E chi gli fa notare la mancata valorizzazione? Il professore Gianni Puglisi, allievo prediletto di un filosofo zigzagante della Palermo anni ’60 e ’70 del secolo passato: il professore Armando Plebe, lo studioso passato alla storia per aver scritto due libri che ‘duellano’ tra loro: “Quello che ha detto veramente Carlo Marx” e “Quello che non ha capito Carlo Marx”. Alla scuola di Plebe il professore Puglisi ha aggiunto la tessera del Partito socialista italiano, una brillante carriera nelle Logge massoniche, una presenza nelle fondazioni bancarie (dove non mancano i ‘grembiuli’ e i ‘compassi’), il titolo di ‘capo’ dell’Unesco in Italia e le presidenze di un altro centinaio di enti, società, università, teatri, fondazioni, storie patrie e chi più ne ha più ne metta.
Il sodalizio tra Puglisi, le sue cento poltrone e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è uno dei misteri panormiti degli ultimi tre anni. Puglisi era assessore comunale alla Cultura nell’amministrazione di centrodestra di Diego Cammarata. E questo ci stava, considerato che mezza dirigenza dell’ex Psi si è consegnata mani e piedi a Berlusconi (oggi il socialismo registra un’ulteriore evoluzione: lo scendilettismo nei confronti delle banche e della finanza ladra della ‘presunta’ Unione Europea, con George Schulz che guida la ‘carovana’). Nell’autunno del 2011 Cammarata è letteralmente scappato dal Comune di Palermo lasciandolo pieno di debiti. E lasciando Puglisi presidente del Teatro Biondo Stabile di Palermo. Orlando, appena arrivato, ha confermato Puglisi al Teatro Biondo. Dove Puglisi, se proprio la dobbiamo raccontare tutta, si trova in una posizione particolare. Il Biondo, almeno sulla carta, è un’associazione della quale fanno parte la Regione siciliana, il Comune di Palermo, la Provincia di Palermo (oggi commissariata) e la fondazione ‘Andrea e Margherita Biondo’, che sono stati i filantropi che hanno consentito la nascita del Teatro Stabile della città. Chi è il presidente della fondazione ‘Andrea e Margherita Biondo’? Il professore Puglisi. Eh già, perché tale fondazione è una delle cento poltrone del professore-massone. Insomma, al Teatro Biondo, in virtù di questo gioco di poltrone, Puglisi è uno e trino…

Interno del duomo di Monreale con il mosaico di oro zecchino
Turisti davanti alla Cattedrale di Cefalù
Il percorso arabo normanno di Palermo, Monreale e Cefalù è farina del professore Puglisi. Che potrebbe essere anche cosa interessante se presentato in modo diverso (e se gestito – almeno a Palermo – in modo diverso). La cosa che lascia perplessi in questa storia è la presentazione. C’è stata, soprattutto da parte degli amministratori del Comune di Palermo, una confessione in pubblico. Della serie: noi non siamo in grado di gestire i nostri monumenti arabo normanni, meglio che intervenga l’Unesco. Di fatto, il sindaco Orlando e tutti quelli che gli vanno dietro hanno dimostrato di essere, nella migliore delle ipotesi, un po’ provinciali. Invece di sentirsi protagonisti di una città dalla storia millenaria – e soprattutto di trattare bene la stessa città – calpestano Palermo lasciandola sporca, con le strade dissestate, con servizi pubblici penosi. A questo si aggiunge il taglio di migliaia di alberi (in alcuni casi di alberi storici) per fare posto, nell’ordine: a tre cervellotiche linee di Tram; a un passante ferroviario che attraverserà la città da nord a sud; alla finta chiusura di un anello ferroviario (che in realtà sarà una mezza luna ferroviaria a una corsia con i treni-tram che faranno avanti e indietro); e a una metropolitana ‘leggera’ (con appalti ‘pesanti’, però). Opere pubbliche imponenti, realizzate in città, in molti casi nelle vie centrali. Il tutto lasciando le strade – che già erano pessime – piene di buche. Basta percorrere la centralissima via Nortarbartolo: una strada sventrata dalla linea di Tram realizzata nel centro della carreggiata, con barriere di ferro che impediscono ai cittadini (soprattutto a chi abita da queste parti) di passare da una parte all’altra della stessa carreggiata. Prigionieri, o da questa parte, o dall’altra parte della strada. Una follia. Hanno lasciato solo due vie laterali ad unica corsia per le automobili. Due stradine strette che, da oltre un anno, sono piene di buche. Inutile rivolgersi a chi sta realizzando i lavori, o magari al Comune per farle asfaltare. A questi signori di asfaltare ciò che è rimasto di via Nortarbartolo non gliene può fregare di meno. Chi scrive ha anche fatto presente lo sfascio di questa via al capogruppo nel consiglio comunale di Palermo del Movimento 139 (il gruppo che fa capo al sindaco Orlando), Aurelio Scavone. Questo avveniva circa due mesi addietro. “Farò presente la situazione”, ci ha detto. Risultato: le due vie laterali di via Nortarbartolo sono ancora un letto di dolore. Strafottenza e menefreghismo. Sentimenti tipici di una città alla frutta qual è oggi Palermo.

Palermo, Piazza politeama senza alberi
Del resto, di questi appalti ferroviari che stanno massacrando la città sono importanti solo i soldi, i picciuli, come si usa dire in Sicilia. Una volta spariti questi picciuli, tra capitolati d’appalto in caduta libera, alberi abbattuti e strade dissestate, cosa succederà di queste opere pubbliche faraoniche lo sa solo nostro Signore Iddio. L’ultima novità di questa follia ferroviaria-appaltizia di Palermo è la casa cantoniera realizzate in Piazza Politeama. Sì, nel cuore della città, dove hanno abbattuto otto ficus di oltre sessant’anni, hanno messo su uno squallido magazzino in pre-fabbricato con porte e finestre sbarrate da grate: ormai con la fame che c’è in giro a Palermo (l’Unione Europea dell’Euro, sotto questo profilo, ha ‘migliorato’ molto la situazione…), temono che, con il favore delle tenebre, spariscano macchinari ed attrezzi (temono ca si ‘i futtinu, per dirla sempre alla palermitana; tradotto: temono che se li rubino). Magari per essere rivenduti nei mercatini della ‘roba’ rubata che si snodano nelle strade che costeggiano, neanche a dirlo, il percorso arabo normanno chiuso al traffico. A tale proposito riportiamo un post scritto su facebook dal bravo collega Ignazio Marchese: “I turisti che visiteranno il percorso arabo normanno potranno fare una capatina nello splendido e impeccabile mercatino del rubato (il giro a due passi è compreso nel prezzo): magari trovano qualcosa che gli era stato portato via durante il tour storico, artistico, culturale…”.
A Palermo dove il traffico automobilistico è già problematico, visti gli appalti-affari ferroviari che stanno sventrando mezza città, è arrivato con il favore dell’estate il percorso arabo normanno. Caos su caos. Ma poi, perché proprio il percorso arabo normanno? Nulla da dire sulla dominazione araba in Sicilia. E’ stata una delle migliori: di gran lunga migliore dell’ultima dominazione, l’attuale, cioè quella italiana. Almeno gli arabi non derubavano la Sicilia come invece stanno facendo i governi nazionali nel nome dell’Euro e della demenziale austerità imposta dalla solita Germania. Agli arabi la Sicilia deve gli agrumi, tecniche irrigue ancora oggi utilizzate, aromi, spezie e tante altre cose che, a Palermo, sono ancora presenti.
Ma la Sicilia di dominazioni ne ha avute tante. E che cosa rappresentano l’ha scritto in modo mirabile Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo: “Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il la; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è colpa nostra. Ma siamo stanchi e svuotati lo stesso”.
Il “siamo colonia” ci riporta al percorso arabo normanno (con l’optional del mercatino del rubato), che non è solo una mera manifestazione di provincialismo sotto-culturale, ma è anche desiderio inconscio di nuovi padroni, di nuovi dominatori. In fondo, liberare dalla libertà centinaia di automobilisti sotto il sole di Luglio, ‘incrastandoli’ al caldo e alla sofferenza è un modo quasi mistico, per gli amministratori cittadini, di coinvolgere la popolazione nelle manifestazioni di nobile servilismo, ieri verso le “magnifiche civiltà eterogenee” arrivate da fuori, oggi inginocchiandosi al cospetto dei baroni dell’Unesco. L’importante è che ci sia qualcuno a cui consegnare il futuro. A cui delegare. Insomma, l’Unesco che piomba a Palermo per una mezza ‘transunstanziazione’ meta-culturale val bene il ‘bordello’ automobilistico!
Del resto, l’Unesco, in Sicilia, ha dato 'grandi' risultati. Ha messo il ‘bollino’ nella Valle dei Templi di Agrigento. Patrimonio dell’umanità di qua, patrimonio dell’umanità di là. Grandi chiacchiere ‘a’ tipo’ Palermo di questi giorni. Salvo a tacere e a sparire quando è stato deciso di realizzare il più grande rigassificatore a Porto Empedocle, cioè a meno di un chilometro dalla stessa Valle dei Templi di Agrigento. A questo punto liste e programmi dell’Unesco sono scomparse e scomparsi. Tutti muti come pesci. Inutile scrivere alla sede parigina dell’Unesco. Silenzio. Gli affari prima di tutto. E ci fermiamo qui per carità di patria.