John D. Rockefeller Jr. sognava di costruire, proprio all’interno del suo Rockefeller Center, niente meno che la Metropolitan Opera della città. Nonostante i tentativi, durante il corso della sua carriera vide questa possibilità svanire, ma non perdendosi d’animo, rilanciò una proposta ancora più stimolante che coinvolse la partecipazione di grosse personalità della scena americana degli anni ‘30. Strappò alla Paramount Samuel “Roxy” Rothafel, il più grande impresario teatrale in circolazione, e lo incaricò di immaginare qualcosa che fino a quel momento non esisteva; e con questo non intendeva semplicemente un nuovo edificio, bensì un inedito concetto di teatro: “la più completa struttura tecnica del mondo con un palco girevole, un sipario azionato elettronicamente, 75 tiri per le scenografie, un ciclorama di 36 metri, sistema di amplificazione, sartorie, dormitori per le ballerine, sale prove, un piccolo ospedale, e persino una cisterna e una fontana da poter disporre al centro del palco, il tutto di fronte ad una platea sconfinata di 6.000 posti”.
Tutto questo sorprese i selezionatissimi invitati all’inaugurazione del teatro il 27 dicembre 1932, quando il sipario si aprì per la prima volta al Radio City Music Hall. Il team di Associeted Architects, che aveva curato il progetto non solo del teatro ma di tutto il Rockefeller Center, faticò non poco per conciliare le visionarie richieste di Roxy con l’elegante stile Art Decò del loro progetto, l’impresario infatti pretese ed ottenne, con l’appoggio di Rockefeller, che persino l’architettura della sala principale “abbagliasse” il pubblico contribuendo a rendere questo luogo “la più grande avventura teatrale mai intrapresa al mondo”.
Ecco così che all’interno della rigida scatola muraria della sala si dilatano, a partire dal grande palcoscenico, centro del dinamismo spaziale, una serie di semicerchi concentrici in stucco che, grazie a un sipario realizzato con uno speciale tessuto riflettente, ad ogni intervallo o alla fine dello spettacolo, con il riaccendersi o lo spegnersi delle luci, ripropongono albe e tramonti artificiali. Desideroso di stupire i propri spettatori, Roxy si spinge fino al punto di provocare artificialmente lo stupore, non solo con l’architettura ma addirittura con la chimica, sperimentando l’introduzione di ozono nel sistema di ventilazione per indurre una sensazione di ilarità negli spettatori. Prontamente i suoi avvocati lo convinsero a desistere, mettendolo in guardia sui rischi che avrebbe corso. Non soltanto un teatro dunque, ma un’esperienza rivoluzionaria che tuttavia si dimostrò da subito così avveniristica da essere inadeguata agli spettacoli del tempo: le tecnologie, le caratteristiche e le aspettative create da questo edificio distraevano gli spettatori da quei semplici spettacoli, non ancora sufficientemente rivoluzionari e così, inevitabilmente, venne studiato un nuovo genere di show che potesse almeno competere con lo splendore della venue.
Per potersi preparare alla progettazione del Radio City Music Hall, gli Associeted Architects decisero nel 1931 di intraprendere un viaggio attraverso l’ Europa con lo scopo di visitare i più importanti teatri del mondo. Convinsero anche il poco entusiasta Roxy ad andare con loro; del resto lui aveva in mente di fare qualcosa di inedito, che in Europa non potevano nemmeno immaginare, eppure durante quel viaggio l’impresario si trovò ad ammirare un teatro che, per quanto molto diverso da ciò che lui aveva immaginato, rispecchiava la sua idea di singolarità.
A Roma a quell’epoca, infatti, se si intendeva ascoltare un concerto della famosa Accademia di Santa Cecilia, ci si recava in un edificio tutt’altro che avveniristico, anzi antico di duemila anni, un mausoleo costruito per l’imperatore Augusto morto nel 14 d.C., lo stesso mausoleo che oggi, in stato di semi-abbandono, occupa il centro dell’omonima piazza. Nessun marchingegno prodigioso, niente di rivoluzionario o di mastodontico, semplicemente una platea circolare con tribune e palchi in legno con un’acustica eccezionale, nel solco della tradizione italiana del teatro. La sua eccezionalità era quindi nel contenitore – con un concetto opposto a quello che si stava sviluppando per New York – e nella capacità innata dell’architettura della città eterna, di adattarsi all’antico, contaminandolo e generando qualcosa di inedito.
Mentre Roxy trasforma un luogo convenzionale in un’esperienza formidabile, a Roma un edificio eccezionale per importanza e storia viene sapientemente sfruttato per ottenere la più classica delle sale da concerti. Ma anche la storia del Teatro Augusteo è affascinante quanto, se non più, di quella della “Hall” di Manhattan. L’antico teatro infatti, dopo l’epoca classica, entrò dapprima in possesso della famiglia Soderini che vi costruì al suo interno una sorta di “giardino segreto” e poi, nel settecento, fu acquistato dal cardinale, di origine portoghese, Vincenzo Mani Correa (che nel dialetto romanesco divenne “Corea”) che la trasformò in una arena circolare provvista di gradinate, destinata a spettacoli equestri, giostre di animali e giochi pirotecnici, per una capacità complessiva di circa duemila spettatori. Questo genere di spettacoli divenne assai popolare al punto che nel 1826 si costruisce un “velario” su progetto di Valadier per proteggere gli spettatori dalle intemperie, sfortunatamente poco dopo la sua costruzione la copertura crollò causando la morte di una persona e la condanna ad un cospicuo risarcimento per il famoso architetto.
Si arriva così, dopo tante trasformazioni, al 1908 anno in cui si decide di adibire lo spazio a sala da concerti per ospitare le esibizioni della prestigiosa Accademia di Santa Cecilia, l’arena divenne quindi una platea, furono costruite delle nuove tribune, lo spazio venne chiuso con una copertura, stavolta permanente e definitiva, e così, il 16 febbraio di quell’anno veniva inaugurato il “nuovo” teatro Augusteo. Chi l’ha frequentata la ricorda come una sala da concerti dalle caratteristiche straordinarie, che nella sua proporzione vantava un’acustica impeccabile in un luogo unico al mondo. Purtroppo il teatro ebbe una vita breve: nemmeno trent’anni più tardi, nel 1937, il regime fascista con Mussolini, ordinò che fossero smantellate tutte le strutture costruite nel tempo e la demolizione delle abitazioni che nei secoli erano state erette a ridosso dei muri perimetrali così che potesse essere “isolato” l’antico mausoleo imperiale celebrando l’antica gloria di Roma: nel progetto dell’architetto Vittorio Ballio Morpurgo il monumento sarebbe stato visibile al centro di una nuova piazza e vicino ad esso sarebbe stata collocata, in una teca, l’Ara Pacis. Oggi il mausoleo di Augusto si trova in uno stato di semi-abbandono, dimenticato, al centro di una piazza che dovrebbe essere trasformata da un’ambizioso progetto il cui inizio viene, ormai da dieci anni, regolarmente rimandato.