Inaugurata a Roma la mostra dell’esordiente Cinthia Pinotti, nella sala Giubileo del Vittoriano. Pinotti è magistrato alla Corte dei Conti e docente di diritto alla Lateranense, ma coltiva da sempre la sua intima vena artistica, anche se solo oggi apre il suo diario personale al grande pubblico. Donna moderna, madre, affermata professionista, usa l’arte come mezzo espressivo per completarsi rendendo solo apparente il contrasto tra la “razionalità” chiesta dalla sua carriera professionale e un’espressione pittorica che si manifesta istintiva e primordiale. In questo modo fa anche una operazione filosofica: mentre continua a riconoscere le differenze tra esseri umani che impongono i ruoli di giudicante e giudicato, afferma la primitiva uguaglianza dell’espressività artistica.

viola tricolor 120 x 30, olio su tela, 2008
Le opere di Cinthia Pinotti raccontano stati d’animo e passioni attraverso un’espressione pittorica definibile come astrattismo espressionista. Attingendo ad un bacino culturale ed emotivo tutto mediterraneo ed impiegando strumenti basilari della comunicazione visiva quali segno e colore, l’autrice trasferisce sulle tele rapide percezioni ed emozioni. I segni sono materici, tracciati con magistrale modulazione della velocità e della pressione; dalla distensione della velatura quasi trasparente si passa alla spessa spatolata ed alla stratificazione di materia cromatica, attraverso un lungo e attento lavoro di esecuzione. I colori usati ricordano la policromia dei nostri paesaggi interiori e naturali, attraverso un uso quasi scientifico degli accostamenti. Si ritrovano composizioni giocate sull’utilizzo dei colori primari e di quelli complementari al fine di accentuare i contrasti e modulare i pesi visivi delle inquadrature.
L’artista descrive a perfezione questo processo: “Quando inizio a dipingere si crea una fusione fra me e la tela, che altro non è se non lo specchio della mia anima. Infatti le tele raccolgono gli echi di mondi fantastici, e sono il frutto di momenti di gioia, armonia così come di dolori, sofferenze, interrogativi senza risposte: apparentemente sono senza un soggetto, di fatto ne raccolgono una molteplicità infinita”.
La voluta semplicità dell’esposizione al Vittoriano (niente cornici e illuminazione all’essenziale), amplifica il senso di partecipazione diretta alla quale invitano le opere, lasciando il visitatore libero nella percezione visiva ed emotiva. Il cuore architettonico di Roma è svuotato dai colpi della storia, e offre spazi espositivi nei quali si susseguono mostre di artisti più o meno affermati, che rivitalizzano gli ambienti con i messaggi della contemporaneità. Nello spazio storico dei Fori, accanto all’esposizione dell’insigne Mario Sironi (1885-1961) anch’essa ospitata dal Vittoriano, Cinthia Pinotti, timidamente ma con grande determinazione, chiama al suo mondo di colori e fantasie, sfaccettato in 28 opere, a significare la necessità di esprimersi e comunicare coralmente.
Guardando i quadri fissamente, si attiva un movimento al quale pare di appartenere e, tra le conseguenze, si smarrisce la visione bidimensionale. Come Alice nel Paese delle meraviglie, con animo giocoso e curioso, sembrerebbe di entrare tridimensionalmente in un viaggio alla ricerca di quanto altro possa essere scoperto all’interno delle tele e, quindi, dell’anima di chi le ha realizzate. Si genera l’intima complicità tra il visitatore e l’artista per il bisogno reciproco e innato di comunicare attraverso manifestazioni espressive primordiali, tentativo di sintonizzazione tra le frequenze vibranti dell’osservatore e quelle dell’impeto dell’artista. Emozioni che dicono la qualità di una pittura di sicuro avvenire.