Questo autunno il Museum of Fine Arts (MFA) di Boston parla spagnolo. Dal 12 ottobre al 19 gennaio 2015 la Ann and Graham Gund Gallery ha aperto infatti le sue porte a Francisco Goya (1746–1828) con la mostra Goya: Order and Disorder, a cura di Stephanie L. Stepanek e Frederick Ilchman.
Celebrata come la più grande retrospettiva americana su Goya degli ultimi 25 anni, la mostra raccoglie circa 170 opere dell’autore (tra dipinti, stampe, disegni, acqueforti e acquetinte) provenienti principalmente dall’importante collezione del MFA (dove sono conservate più di 1.300 stampe e disegni), ma anche da numerose istituzioni europee e statunitensi: il Prado, il Palazzo Reale di Madrid, il Metropolitan Museum, l’Art Institute di Chicago, la Frick Collection, il Louvre e gli Uffizi, solo per ricordarne alcuni.
Uno stretto rapporto lega Goya al MFA dal 1888, anno in cui fu acquistata una prima stampa de Los caprichos (ma già nel 1830 il Boston Athenaeum aveva comprato una prima edizione integrale), al 1951, quando Henry P. Rossiter decise di ingrandire la collezione con numerose prove a stampa dei Los Desastres de la Guerra (1810-1820). Tra le opere più celebri conservate al MFA è da ricordare un’acquatinta preparatoria de El Coloso (1818 circa, una delle sei stampe ricavate da un piatto che – stando alla testimonianza del figlio di Goya – andò presto perduto), arrivata al museo nel 1965, cui seguirono tra il 1973 e il 1974 più di 100 stampe e disegni (tra cui prime impressioni e abbozzi de Los caprichos). Tale apertura all’opera di Goya fu orchestrata da Eleanor A. Sayre, curatrice del MFA (dove lavorò dal 1945 al 1984), ammiratrice ed esperta in particolare dell’artista spagnolo che contribuì a far conoscere negli USA con le mostre The Changing Image: Prints by Francisco Goya (MFA, 1974) e Goya and the Spirit of the Enlightment (MFA, 1989).
Alla memoria di Sayre è dedicata anche quest’ultima rassegna che si propone di presentare al pubblico americano un’ampia retrospettiva sull’intera opera dello spagnolo. Se infatti non sono mancati negli ultimi anni focus su aspetti specifici (solo negli USA, basti ricordare Goya’s: Images of Women alla National Gallery of Art a Washington, D.C., nel 2002; Goya’s Last Works alla Frick Collection nel 2006), il MFA vuole offrire una panoramica quanto più estesa su tutta la produzione di Goya organizzando i materiali in ordine tematico piuttosto che cronologico. Una scelta azzardata che poteva tradursi in un incomprensibile susseguirsi di opere e che invece – benché non per tutte le otto sale (in ordine: Self Portrait; Life Studies; Play and Pray; In the Balance; Goya’s Portraiture; Other Worlds, Other States; Capturing History; Solo Goya) – sembra ben adattarsi al gruppo estremamente eterogeneo di materiali proposti. La maggioranza dei pezzi esposti è infatti ripresa dalla collezione di MFA per cui, senza troppe sorprese, stampe, litografie e disegni emergono come i grandi protagonisti della mostra. Nella sala intitolata Capturing History il piatto principale è costituito proprio dagli abbozzi de Los Desastres de la Guerra del periodo 1811-1812, un’incredibile testimonianza del lavoro preparatorio di Goya, il quale non pubblicò mai in vita la raccolta (le 82 stampe uscirono solo nel 1865).

La Duchessa di Alba in Nero (F. Goya, 1797).
Inutile dire che il Goya delle Mayas, del Saturno devorando a un hijo o del El tres de mayo de 1808 en Madrid rimane ben protetto al Prado che pur concede al MFA 21 opere. Tra queste interessante lo studio preparatorio per il ritratto de El infante Francisco de Paula (1800), realizzato in vista del celebre La familia de Carlos IV (anch’esso al Prado). Senza dubbio, la sezione più significativa della mostra è proprio quella relativa alla ritrattistica (Goya’s Portraiture), concentrata nella galleria centrale dello spazio espositivo. Benché presenti anche nelle altre sale, i ritratti qui esposti (per lo più dipinti) ben testimoniano la centralità che la ritrattistica ebbe per l’affermazione di Goya pittore, per la sua reputazione e successo. Egli infatti si presentò sempre come pintor, nonostante la sua arte avesse trovato altrettanta forza e potenza espressiva anche in altri mezzi (per gusto personale e per l’incredibile fortuna critica, non posso non ricordare ancora la serie di 80 incisioni ad acquaforte pubblicata nel 1799 col titolo Los caprichos; il più famoso, El sueño de la razón produce monstruos. Caprichos 43, trova addirittura una doppia rappresentanza nella mostra).
Al centro della galleria spiccano in particolare i due ritratti di José Alvarez de Toledo y Gonzaga (1795; Prado) e dalla moglie, nella versione nota come La Duchessa di Alba in nero (1797; Hispanic Society of America, New York).
A quest’ultimo ritratto si ispira anche il titolo della sala conclusiva, Solo Goya (dalla celebre scritta incisa nella sabbia ai piedi della Duchessa), che raccoglie alcuni tra i pezzi più rilevanti della mostra. Oltre alla ricordata acquaforte preparatoria de El Coloso, sono esposti infatti per la prima volta al MFA la pala di altare La última comunión de San José de Calasanz (1819) e il Goya atendido por el doctor Arrieta (1820). Come per altre sale però (in particolare quella intitolata In the Balance, dove l’ombrello tematico legato alla metafora dell’equilibrio non è inoltre particolarmente convincente), la commistione e l’eterogeneità dei materiali può alle volte confondere gli spettatori. Si tratta – vale ribadirlo – di una precisa scelta dei curatori volta a favorire giustapposizioni temporali e di mezzi espressivi tra le opere proposte tali da permettere una panoramica a largo spettro delle tecniche impiegate da Goya. In questo senso, interessante e ben organizzata è la sala intitolata Play and Pray, impreziosita dai tre pezzi costitutivi de El pelele (1791-1792): al primo schizzo (Armand Hammer Collection, LA) seguono il cartone e l’arazzo corrispondente in seta e lana (entrambi provenienti da Madrid).
La mostra Goya: Order and Disorder – esclusiva dell’MFA di Boston – conferma ulteriormente l’interesse del mondo artistico nei confronti del grande artista spagnolo, così come la popolarità raggiunta a livello di grande pubblico. In questi stessi mesi (21 settembre 2014 – 1 marzo 2015) il Meadows Museum di Dallas dedica infatti a Goya la retrospettiva Goya. A lifetime of graphic invention, e mancano ormai poche settimane all’attesa Goya in Madrid (28 novembre 2014 – 3 maggio 2015) che il Prado rivolgerà interamente ai suoi cartoni d’arazzo.