La chiamavano “Nuova York” i primi immigrati italiani che all’inizio del Novecento arrivavano ad Ellis Island. La continuano a chiamare così, quasi per gioco, gli artisti italiani che vivono in quella che resta ancora oggi la città delle opportunità. New York accoglie nelle sue braccia i suoi Nuovi Yorkers e lo fa con l’omonima mostra inaugurata domenica pomeriggio negli spazi della piattaforma collettiva di arte internazionale NooSphere Arts, al 251 di East Houston Street, dove rimarrà esposta fino a domenica 28 settembre.
Cinque artisti, nel cui sangue scorrono due lingue e due culture divise dall’oceano, hanno fatto del corpo umano il principale veicolo di espressione della loro arte. Un elemento, quello della corporalità, impossibile da eliminare anche nell’era del dominio di internet e della scomparsa della materialità. Uno dei cinque artisti, Massimiliano Balduzzi, ha esposto addirittura il suo corpo durante un’esibizione in cui ha mostrato al pubblico i suoi esercizi vocali. Lo ha fatto con una lingua da lui inventata, un insieme di segni, privi di significato.
“La mia esperienza mi sta indicando che il pubblico, pur non capendo cosa sto dicendo, 'sente' che sto dicendo qualche cosa. – dice l’artista – Oserei dire che per il pubblico può essere un’esperienza 'somatica'”.
Balduzzi cerca una presenza diversa e prova a mantenerla nella quotidianità. “Credo che in questo momento storico, mentre la scienza e la tecnologia offrono nuove ed importanti possibilità, ritornare al corpo sia fondamentale. La mia speranza è che possiamo continuare a navigare il mondo virtuale e della mente, ma stando ben seduti sulla sedia.”.
Il corpo è, tuttavia, anche una questione privata come per altri nuovi yorkers. È il caso di Barbara Fragogna che lavora su corpi deformi per esprimere allo stesso tempo compassione e repulsione. I suoi lavori berlinesi, ad esempio, sono legati al corpo e alla malformazione del parto. “La nascita di un essere vivente o di un’idea viene stravolta – ha spiegato Barbara – perché esprime una deviazione rispetto al main stream, traduce una critica alla società”.

Le fotografie di Gisella Sorrentino

La performance di Fabiana Yvonne Lugli, Sign of Sound in un’immagine di Gisella Sorrentino
Questa visceralità si esprime anche attraverso la decomposizione di materiali come detriti, foglie e polvere, presente nel ritratto di Barbara Fragogna realizzato da un’altra nuova yorker come Gisella Sorrentino. È lei ad unire con un filo rosso tutti gli artisti in esposizione, dedicando a ognuno di loro un’opera che li presenta al pubblico. Attraverso la tecnica della doppia esposizione Gisella fotografa Massimiliano Balduzzi in movimenti di danza compulsiva e nervosa, Vanessa Longo immersa nell’aspetto sognante che caratterizza i suoi lavori e Fabiana Yvonne Lugli Martinez (collaboratrice anche de La VOCE) nei vari momenti delle sue performance di improvvisazione e interazione tra le arti: un incontro tra movimento, pittura e musica che costituisce l’ingrediente centrale dell’arte di Fabiana. La performance di domenica, Sign of Sound, è un lavoro che affonda le proprie radici in uno studio teorico, sull’interazione tra le arti, già insegnato nelle accademie romane di danza e di belle arti.

Una delle opere di Vanessa Longo
Più introspettivi sono invece i lavori sul corpo femminile di Vanessa Longo, pittrice che vive tra Firenze e New York, due città molto presenti nei suoi dipinti. “Nelle opere realizzate a New York c’è un’esplosione di colori come il rosso e il giallo – spiega Vanessa – Esprimo la gioia e la positività che sprigiona la città. Non la rappresento la città, ma quello che la città mi fa vivere internamente”.
Lo spazio collettivo NooSphere Arts diventa, così, un punto di incontro tra culture e linguaggi diversi, ma anche tra le città proiettate nei lavori degli artisti italiani. “Alcune opere sono state realizzate a New York e altre in Italia – racconta la curatrice della mostra Sol Kjok – Le differenze si vedono facilmente: le opere newyorchesi sono più dinamiche, le altre più rilassate”.
L’Italia come New York non sono più solo luoghi da rappresentare, ma diventano spazi interiori in cui l’artista sviluppa la propria creatività.
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