Passeggiando per New York c'è tanto da scoprire. E se si segue il filo conduttore dell'architettura contemporanea, si scopre anche un po' di Italia. Uno degli architetti italiani che ha più lavorato a New York è Renzo Piano, cui l’Inserra Chair in Italian and Italian American Studies della Montclair State University (New Jersey) ha dedicato un walking tour tra alcuni degli edifici realizzati da Piano a Manhattan.
Il tour segue la conferenza The Humanistic Legacy in Renzo Piano’s Architecture: A Panel, organizzata lo scorso 26 settembre alla Montclair State University dalla dottoressa Teresa Fiore dell’Inserra Chair. A corollario di questa conferenza che aveva avuto come relatori Martin Miller, Kenneth Frampton e Giovanni Santamaria, sabato 5 ottobre si è svolta la passeggiata per la città alla scoperta delle opere di Renzo Piano.
Il gruppo di partecipanti era composto principalmente da rappresentanti della Montclaire University, del New York Institute of Technology, nonché dal console generale italiano, Natalia Quintavalle; a darci il benvenuto la dottoressa Teresa Fiore, e Kyle Johnson, dell’American Institute of Architects (AIA), che ha guidato il gruppo durante l’incontro.
La visita è iniziata all’esterno della Morgan Library. Il complesso della biblioteca e del museo è costituito da una serie di edifici di differenti stili architettonici, a partire dal palazzo costruito tra il 1906 e il 1922 da Charles Follen McKim, per ospitare la libreria del finanziere Pierpont Morgan. All’interno di questo contesto Renzo Piano inserisce il suo ampliamento in maniera delicata: è sempre e solo il vetro ad essere a contatto con gli edifici preesistenti. Per le altre parti usa l’acciaio ma lo colora come il marmo esistente. L'attenzione dell'architetto verso il passato è dimostrata anche dalla scelta di progettare un nuovo edificio che non supera in altezza quelli esistenti. Vedendo la pianta si capisce perfettamente come questo si estenda in tutte le direzioni tranne che verso l’alto. All’interno, l’edificio è un contenitore pieno di una bellissima luce diffusa in cui si può rintracciare una sorprendente cura nei dettagli: come ci spiega Giovanni Santamaria, facendo riferimento all’architettura di Mies, i pilastri hanno una sezione più stretta nei punti di congiunzione con il soffitto e con il pavimento. All’interno si percepisce la dimensione della piazza: su un grande ambiente centrale a doppia altezza si distribuiscono ambienti più piccoli e raccolti. A livello ipogeo, l’auditorium, curato in ogni dettaglio.
La passeggiata è poi proseguita, passando attraverso Bryant Park verso il New York Times Building sulla Eight Avenue. Entrando nella hall si ha come l’impressione di staccarsi materialmente dal caos della città ed entrare in una dimensione differente in cui l’atrio diventa uno spazio pubblico che accoglie uno splendido giardino con sei betulle, diviene una sorta di filtro tra l’esterno e l’interno dell’edificio. Le due strade che delimitano il lotto appaiono quindi collegate grazie alle molteplici trasparenze visive che attraversano l'isolato. Anche in questo caso molteplici sono i riferimenti a Mies, nell’utilizzo della struttura in acciaio e nel disegno dei pilastri e dei dettagli.
Ultima tappa della passeggiata il cantiere del Whitney Museum, sull’Highline. Ad attenderci, Kevin Shorn del Renzo Piano building workshop, che ci ha illustrato il progetto e spiegato come l’edificio sia costituito da una spina centrale in cemento che ospita tutti i macchinari e gli ascensori, e che connette la parte nord dell’edificio, dedicata agli uffici, e quella a sud che invece accoglierà le gallerie espositive. La connessione con l’Highline è solo visiva, perché i visitatori entreranno solo a livello della strada. L’idea è quella di un luogo strettamente connesso con la città ma al tempo stesso raccolto e separato da essa. Ancora una volta, Renzo Piano riesce a creare degli ambienti funzionali e vivibili, oltre che dal grande valore estetico. E le sue architetture non possono che arricchire il paesaggio urbano newyorchese.